Abruzzo 2017

Giorno 43

Inizio l’Abruzzo con qualche incertezza perché da qui non mi hanno fornito più mappe. Improvviso.

In realtà sia un locale che uno del CAI mi hanno dato una descrizione del percorso da fare. Tanto simile che sembra me l’abbia scritto la stessa persona perciò così proseguo. Tra l’altro è la via che ho seguito l’anno scorso perché non avevo trovato informazioni. Si tratta di una strada brecciata – tratturo semplice –  in leggera salita. Purtroppo anche qui ci trovo fango e pozze da saltare. Salgo fino ad una masseria dove un cane avvisa i padroni della mia presenza. Ne esce una anziana. La stessa che ho incontrato l’anno scorso con delle pesanti borse. L’anno scorso non mi aveva fatto una bella impressione vedere una signora così anziana da sola nel bosco, ma quest’anno mi sorride. Chiedo se abita qui da sola e mi risponde che c’è anche suo figlio, forse anche il marito. Mi indica la stessa da seguire, che finisce in un prato ed i miei piedi finisco a mollo. Decido che per oggi è abbastanza ed il primo posto in piano ed asciutto che trovo mi fermo. Ormai devo proseguire al buio nel bosco. Non riesco a veder molto lontano e mi accontento di un posto il leggera discesa.

Giorno 44

La sveglia anche oggi è alle 4.30. La posticipo di 10 minuti.

Non riprendo sonno e sento un animaletto avvicinarsi grazie al rumore delle foglie. Mi alzo, non lo vedo e lui scappa. Penso uno scoiattolo. Questo mi attiva. Mi alzo e suona la sveglia di nuovo. Mentre faccio lo zaino ritrovo il cioccolato perduto che volevo mangiare appena entrato in Molise, ne approfitto e ne mangio due quadratini. Alle 5 sono già con lo zaino in spalla ed i bastoncini che spingono sul terreno.

Il tratturo Celano-Foggia continua, e non nelle migliori condizioni. Anche qui fango e pozze d’acqua. Ci provo ad evitarle, ma non c’è la faccio. A Pietransieri trovo subito un sentiero del parco della Majella che mi porta verso nord. Ad inizio sentiero c’è una tabella con la mappa e vedo che non mi porta proprio a Rivisondoli. All’estrema sinistra c’è un pezzo di un altro sentiero che si avvicina di più a quanto devo percorrere io.
Parte vicino la chiesa. Lo trovo subito, non passo per il centro per l’acqua nonostante la abbia finita. Purtroppo ritorno sul tratturo e le condizioni sono anche forse peggiori. Per fortuna non è in forte salita perché il fango ora crea uno zoccolo più grande. Le scarpe sì appesantiscono molto. Il fango continua ad accumularsi ed a staccarsi quando è davvero troppo. Cerco di camminare sull’erba, ma poi devo ritornare nel fango. Un tratto da evitare in caso di pioggia recente. Lungo questo tratto trovo delle bandierine che forse stavano ad indicare il Sentiero Italia; sono diversi i colori. Verde-giallo-verde.

L’anno scorso mi pare mi avessero detto che nella Majella e nel parco della del Gran Sasso e dei Monti della Laga utilizzassero colori diversi. Nel Gran Sasso mi pare fossero rosso-giallo-rosso. Nel punto più alto incontro dei prati. Le scarpe con la rugiada di inzuppano, ma per lo meno si puliscono. Dura poco questa soddisfazione perché in discesa ritorno sul tratturo. Ancora fango ed a tratti pietre.
In sentiero è ben segnato e mi stupisco quando finisce per seguire un ruscello. Quindi in un tratto dove sarà sempre umido e quindi il sentiero sempre messo male. Esco dal bosco e di nuovo prati. Le scarpe di puliscono però quando inizia il pianoro purtroppo finisco ancora nell’acqua e fango. Cerco di pulire le scarpe, ma questa volta il fango è entrato dentro. Sono a corto di batterie e purtroppo e mi devo dirigere a Rivisondoli per la ricarica. Questo scombussola i piani e gli orari. Il paese è deserto. Dalla strada principale vedo l’alimentari, sembra chiuso, ma come mi avvicino, c’è il proprietario che sta aprendo proprio ora. Sono le 8.30. Chiedo se gentilmente mi permette di ricaricare le batterie. Acconsente.

Faccio la spesa e prendo due mele, due arance, una specie di marmellata di uva super buona, patatine,  pane e fagioli per il pranzo. Mentre aspetto approfitto per mangiare.

Il sole mi scalda e resto seduto su un tronco molto volentieri mentre sgranocchio questa merenda abbondante, quasi quasi mi lascio andare ad un riposino.

Un quarto d’ora mi concedo, solo che arriva un camion a rifornire l’alimentari e mi risveglia. Le batterie sono sufficientemente cariche per arrivare fino a Fara San Martino.

Ringrazio e riprendo in discesa verso la piana. Comincio a correre perché in fondo ho impiegato molto tempo per ricaricare. Circa 3 ore dopo ritorno nel punto in cui ho lasciato quello che credo sia il sentiero. Corro da Rivisondoli fino al Passo della Forchetta. Li c’è una leggera salita ed io sono stanco, mi sono fatto 5 chilometri di corsa con lo zaino in spalla. Le temperature non sono alte e mi hanno permesso di correre senza sudare, anche con un leggero vento contro che mi rinfrescava. Per scendere dal passo riprendo con la corsa per un chilometro fino ad imboccare la strada che mi porta all’Eremo Madonna dell’Altare. Qui incontro di nuovo segnaletica, ma non quella del Sentiero Italia, il sentiero comincia poco curato e poco chiaro, continua in quota raggiungendo una strada che presto ritorna un sentiero. Non è difficile da seguire fino ad un bosco, dove anche l’anno scorso ho trovato qualche complicazione, il sentiero è coperto da rami tagliati e lasciati li senza badare al passaggio di escursionisti. In più la traccia si perde, ma memore delle difficoltà trovo la via più facilmente.

Questo sentiero sbuca su una strada, dopo un tornate riprende in piano ed io corro per recuperare più tempo possibile. Mi fermo agli impianti di risalita sopra Palena per mangiare il pranzo. L’arietta fresca mi fa indossare la felpa. Finisco anche il cioccolato che ho con me. Riprendo a salire e cerco di mantenere un buon ritmo, questo mi fa sudare così a Coccio di Giove tolgo la felpa bagnata per farla asciugare.

Ora salgo dritto per dritto su una pista da sci, salgo proprio sulle punte, la pendenza è forte. Dura poco ma è intensa. Man mano che salgo la pendenza diminuisce fino a prendere il vero e proprio sentiero che sfila sul fianco est di questo gruppo. Il ritmo sale di nuovo quando ritorno in falso piano, l’aria fresca che sale da valle mi procura dei brividi così rimetto la felpa che non è proprio del tutto asciutta, ma è almeno calda. Un capriolo scappa su questa prateria in pendenza. I segnavia sono messi su pile di rocce come omini. Verso il Rifugio del Pastore li perdo, seguo una traccia su erba e mi accorgo quasi subito della mancanza di segnavia, provo a controllare se riesco a vederne da lontano, ma non è così. Il rifugio è visibile e decido di seguire la traccia che sembra proprio andare nella direzione giusta. Il rifugio presenta un piccolo bivacco. Sbircio dentro e ritorno subito a cercare il Sentiero. Sembra dietro il rifugio, individuo un cartello che sembra faccia salire verso l’alto. Senza problemi lo prendo, individuo un segnavia e lo raggiungo senza deviazioni, anche il secondo. Da qui inizia uno zig zag fino ad una forcella, dall’altra parte la discesa in una stretta valle detritica dove trovo un ambiente molto simile alle Dolomiti. Le pareti di calcare e dolomia si notano subito, sia per il colore ma anche per i caratteristici strapiombi. Scendo facilmente nonostante le rocce, non poggiano su un terreno duro, ma su altre rocce quindi si spostano al momento del passo.

Scendo un po’ verso valle fino alla continuazione del Sentiero verso un altro ghiaione e poi una forcella. Qui penso che l’ambiente è quello dei camosci e degli stambecchi. Infatti eccone apparire uno, si trova a 25 metri da me. Non è troppo spaventato, solo attento ai miei movimenti. Mi sto avvicinando a lui e così scappa un po’ poi in là. È velocissimo nel muoversi in questo ambiente tutt’altro che in piano. Qualcuno dice che io sia veloce, ma credo non abbia mai visto uno stambecco correre.

Un altro stambecco più lontano, messo in allerta dal primo, mi guarda mentre salgo a fatica. Raggiungo una sella e finalmente riesco a cominciare a scendere. Una discesa facile su prato, dove devo solo spostare il piede in avanti e la gravità fa tutto il resto. Scendo veloce tra vari zig zag, non ci sono ostacoli ed il sentiero è chiaro e segnato. Giungo al Rifugio Fonte Tarì dove appunto c’è una fonte, anche qui un bivacco, bevo un po’ d’acqua e continuo a scendere fino a Lama dei Peligni.

Mario mi aspetta giù per la ricarica delle batterie. Ci troviamo al centro informazioni del parco. Ci scambiamo due parole in fretta e riprendo a correre perché devo fare in tempo ad arrivare a Fara San Martino per fare la spesa.

Comincio ad accusare stanchezza, imbocco una strada 500m più avanti che mi porta a salire nel bosco, seguo la segnaletica del parco e ogni tanto vedo qualche vecchio segnavia del Sentiero Italia coperto dalla nuova segnaletica o non rinfrescato. Ad un bivio l’anno scorso mi sono fatto imbrogliare da un cartello ed ho preso un’altra strada, quest’anno vedo la segnaletica e la seguo. Un segnavia evidente, coperto dalla nuova segnaletica riporta la scritta E1 in rilievo. Capisco di essere giusto. Seguo e continuo fino a Fara, arrivo da un sentiero brutto e pericoloso, la pendenza è forte, sotto il terreno è duro e ricoperto da sassi e rocce che non permettono aderenza, mi prendo il tempo necessario per scendere in sicurezza.

Finito il tratto vado diretto al supermercato, è ancora aperto. Faccio velocemente la spesa ed alla cassa mi riconoscono. L’anno scorso ero passato di qui ed il cassiere si ricordava di me. Anche un cliente era capitato lo stesso giorno ed oggi è qui. A Fara abita Mario, vado a casa sua e mi fa vedere delle mappe, non c’è indicato il Sentiero Italia, ma i sentieri che sono segnati sono tutti pezzi del Sentiero Italia. Capisco di non aver preso la direzione giusta in alcuni tratti, ma ormai è andata.

Fotografo la mappa per il percorso successivo. Mario è stato avvisato ieri del servizio che mi avrebbe dovuto prestare, quindi non sa molto del mio viaggio e mi fermo a spiegare cosa sto facendo, anche la moglie e la figlia sono incuriosite. Purtroppo devo andare di fretta perché sono un ritardo per la tappa all’Aquila. Riprendo da Fara e ormai il sole è ormai tramontato.

Entro per qualche km nel bosco, ed è troppo buio e ricordo un pezzo non proprio facile più avanti, così mi fermo in un tratto quasi in piano, proprio lì, sul sentiero. Finalmente mi riposo, sono a 15 km da dove avrei voluto fermarmi, ma ho comunque percorso 60 chilometri, che non è male.

Giorno 45

La sveglia suona, sono stanco, mi concedo ancora 10 minuti.

Mangio i biscotti in marcia. Faccio molta fatica a prendere il via. Anzi, proprio non ci riesco. Sono diretto a Pennapiedimonte. Il tratto ostico che ricordavo era in condizioni leggermente migliori, ma farlo di notte non era il caso. Scendo sull’asfalto e quasi subito riprendo sul sentiero per il paese. È stretto e l’erba invade la via. Più in alto ortiche. Nel paese continuano i segnavia poi in una piazza li perdo. Salgo per arrivare fino alla parte alta del paese dove riprende il Sentiero. Avviso Mario del mio arrivo tra due ore verso le 9.15 a Bocca di Valle, risponde con un messaggio subito, dicendomi che è già partito. Purtroppo gli avevo detto ieri sarei arrivato per le 8.

Cerco di chiamarlo per dirgli di trovarci a Pennapiedimonte così gli accorcio la strada e non deve perdere molto tempo ad aspettarmi però non risponde. Probabilmente sta guidando.

Salgo in fretta per non farlo aspettare troppo. Il telefono perde rete, quando la riprende lo chiamo per dirgli di lasciarmi le batterie ad un alimentari o bar ed io passerò li a recuperare tutto. Posso rallentare così da non fiaccarmi subito.

In salita ci sono due fontanelle sulla cresta dove mi fermo per bere. Successivamente entro nel bosco e ne i pressi della Rocchetta comincio a scendere verso la cascata di San Giovanni, speravo di scendere veloce ma il Sentiero a volte presenta dei tratti leggermente tecnici ed a volte difficoltà riguardanti la non cura. Alla cascata volto verso il paese. Anche qui non riesco ad andare veloce per le condizioni del sentiero. E pensare che è un luogo turistico. La valle sembra non finire più ed all’arrivo a Bocca di Valle c’è Mario a aspettarmi. Non dice che non aveva niente da fare oggi, ma io mi sento in colpa per il ritardo ulteriore di 15 minuti. Andiamo a prendere un caffè e discutiamo sulla mia esperienza e sul tratto appena percorso. Ci salutiamo ed io riprendo a camminare. La strada è in leggera discesa ed io approfitto per correre.

Una strada entra in una valle ed è il sentiero che devo prendere. Un foglio plastificato avvisa della chiusura del sentiero a causa di una frana. Lo prendo comunque perché anche l’anno scorso c’era lo stesso foglio. Salgo e non incontro difficoltà. Nemmeno la frana. Solo scendendo dall’altra parte comincio a trovare qualcosa che mi rallenta. Diversi alberi sono caduti sul sentiero, alcuni anche difficili da passare perché pieni di fronde. Anche vicino alla strada ci sono rami che intralciano sul sentiero o alberi caduti a terra. Mi fermo sulla strada asfaltata per pranzare, l’asfalto è nuovo e mi siedo al caldo. Forse è passato di qui il giro d’Italia.

Quando riprendo il sentiero in un tratto che l’anno scorso non ero riuscito ad individuare e diventa molto ostico, gli alberi ad intralciare il passaggio sono tantissimi, sembra quasi facciano apposta a crescere verso il sentiero. Mi sta buttando giù di morale questo tratto, non è possibile ci sia così poca cura per un sentiero del parco. In un ora forse ho fatto 500m. Addirittura incontro due stranieri con uno zainetto che stanno percorrendo lo stretto sentiero. Concordano con me che questo non è un sentiero è una giungla. Speriamo che le condizioni migliorino presto. Mi dico che alla prima altra difficoltà me ne torno indietro e percorrerò la strada asfaltata, ma condizioni migliorano e riprendo un buon passo. Non ci sono segnavia, ma ho la mappa di Mario salvata sul telefono. Cerco di seguirla, però il sentiero non lo trovo. Torno indietro e vedo un lieve segno sul terreno di due conche che potrebbero essere stati fatti dal passaggio di un auto. La strada non è più utilizzata ed è coperta da piante. Continuo un po’ cercando di seguire fedelmente il sentiero e ad un certo punto è troppo: rovi ed ortiche mi stanno assillando.

Nella mappa c’è un sentiero che taglia fino ad un Eremo. Lo prendo e non è in buone condizioni nemmeno questo nonostante sia un sentiero del parco. Rami che ostacolano il passaggio e traccia poco evidente. Lo perdo e cerco di salire dritto per dritto. Lo ritrovo ed arrivo al Eremo, poi sulla strada principale che salgo percorrendo un tornate al secondo taglio nel bosco utilizzando un tratturo.  Tanto ormai non sono sul sentiero tanto vale che mi semplifichi le cose. Accorcio di molto. Il tratturo svolta quasi subito e non so dove vada quindi proseguo nel canale fino a passo Lanciano. Un tratto molto tratto semplice rispetto al sentiero che ho incontrato fino ad ora. A passo lanciano non c’è nulla. Tutto chiuso e nessuno sulla strada. Continuo verso nord.

Il sentiero inizia pulito poi comincia a presentare rocce. La vegetazione ancora non è alta e questo mi aiuta un sacco. L’anno scorso il sentiero non era quasi visibile. Seguo fino al colle della Civita per prendere la direzione di Decontra. Dopo 500m su asfalto si entra in un campo dove l’erba è più alta e non c’è nessuna traccia, solo omini qua e là ma comunque non sempre facilmente individuabili. A terra rovi e pietre. E pensare che qui una volta c’era una strada probabilmente curata e facilmente percorribile. Si arriva ad un villaggio nuragico del neolitico, ma ormai ne rimane molto poco. Sta di fatto che questo tratto non mi piace, troppo pericoloso per le caviglie.

Asfalto di nuovo, poi stradina bianca. Vado verso Decontra e prima passo per un altro Eremo. Il Gran Sasso e visibile appena per la foschia presente. Vedo grosse lingue di neve. Chiamo casa per far preparare gli sci in caso di innevamento ancora persistente.

Cerco di andare più avanti possibile perché domani sarà una giornata impegnativa, lo so già. Sul Monte Morrone il sentiero non è facile e nemmeno in buone condizioni.

A Decontra non c’è alimentari, però trovo la fontana.

Non ho molto con me e se non trovo nulla di aperto domani dovrò pranzare e fare colazione con arachidi e nesquik. Da Decontra scendo verso Caramanico Terme, un sentiero che scende sulla costa ed anche qui trovo pietre. Comunque internet prende, e mi dice che l’alimentari in paese è aperto, nonostante non sia sul sentiero mi permetto una deviazione di due km. Lascio lo zaino nascosto appena visibile dalla strada e comincio di corsa a salire verso Caramanico. Quando arrivo al alimentari lo trovo chiuso. È giovedì pomeriggio, gli orari scritti su un foglio non coincidono con quelli che ho trovato in internet. Stavo già gustando una buona mela. Sconfortato ritorno allo zaino. Almeno ci ho provato.

Riprendo lo zaino e il peso si fa sentire. Questi due km senza sono stati più piacevoli, ma quello che ho nello zaino mi è indispensabile. Trovo un luogo per dormire.

Giorno 46

La sveglia ancora suona. Sono le 4.30. Non ho voglia di alzarmi, ma devo farlo perché voglio arrivare in tempo a Campo Imperatore. Appena lascio la strada entro in una prateria con qualche macchia di bosco. Riesco a vedere un cervo lontano ancora con l’invernino.

Lo filmo nonostante la qualità scadente. Fatico a proseguire, la stanchezza o le poche ore di riposo o forse tutti e due non mi vogliono far proseguire come il mio solito. In piano proseguo normale, ma in salita faccio davvero fatica. Lo zaino oggi mi sembra pesantissimo.

I segnavia ci sono, ma non serve sulla via più ovvia o immediata, per fortuna sulla mappa ho il sentiero, così ad ogni errore correggo.

Finisco su una strada che taglia a mezza costa tutta la catena montuosa ed una grossa frana ha depositato degli alberi sul percorso, ma non si è fermata li: gli alberi scaricati continuano altri 400m più giù a valle. Li salto ed arrivo a Roccacaramanico. Riempio la borraccia perché per 20km non troverò acqua. Comincio la salita e non sento la solita esplosività dei giorni precedenti. Mi fermo diverse volte per prendere fiato e riposare. Finalmente raggiungo i 1700 metri e il sentiero non ha più una forte pendenza.. Ora posso andare ad un ritmo più mio.

Qui i segnavia del Sentiero Italia sono stati cancellati, lo si vede evidente sul muro di un bivacco. La scritta in rilievo S.I. cancellata con della pittura grigia. Continuo a salire verso il Morrone. Incontro delle lingue di neve. La neve è stabile e mi supporta anche se rispetto al terreno erboso ho meno aderenza. Fa freddo ora che non sono più un salita, è mi devo mettere pure la giacca ed i pantaloni. Arriva sul Morrone, altro panorama a 360°. Sono oltre i 2000m. Ora sono convinto che sia tutto in discesa, ma in realtà ricordo male. Si continua con diversi saliscendi su una cresta calcarea. Inizio a scendere e incontro dei cavalli liberi che scappano al mio avvicinarmi. I segnavia sono rari e sbiaditi. Seguo un po’ il mio istinto fino al bivacco Iaccio Grande. Mi fermo per una pausa, mi concedo anche una pennichella di un quarto d’ora.

Quando mi sveglio il percorso del sentiero cambia. Entra nel bosco e non c’è una via chiara da seguire. I segnavia ci sono, ma sono molto difficili da trovare ed allora prendo una direzione approssimativa e cerco di proseguire il più velocemente possibile in quella direzione. Incontro dei cartelli, anche delle scritte su un albero che riportano del Sentiero Italia. Le seguo. Il sentiero è abbandonato, penso ci siano più mucche che persone che passino di qui.

Esco dal bosco e per poco ho l’impressione migliori proseguendo sulla cresta. I prati finiscono e finisco su affidamenti calcarei dove devo stare molto attento a dove metto i piedi per non scivolare. La segnaletica sparisce e continuo a seguire una misera traccia su cresta. Un tratto tedioso, vado piano e non sempre sono sicuro di proseguire nella direzione giusta. Arrivo in un tratto più battuto perché sulla cima il diario riposta scritte abbastanza recenti, ed ogni circa 2 settimane, 2 3 o 4 persone hanno lasciato la loro firma. Il sentiero non migliora di molto, ancora tratti impegnativi, ma finalmente comincio a scendere su pesti verso Popoli. Non ho fatto molti km oggi ed ormai sono le 15. In questo prato completamente libero si va a passare vicino a degli alberi che naturalmente ostacolano il passaggio.

Mi fermo per fare pipì e noto una zecca, controllo meglio, si è una zecca. È già attaccata. Ne trovo un altra, una ancora. Insomma 6 zecche addosso.

Riprendo ed il caldo comincia a farsi sentire. Il sentiero attraversa un altra zona franata in cui hanno prontamente fatto una deviazione pulendo alla meglio un percorso. Strada di nuovo ed ancora sassi e pietre. Oggi non vuole proprio andare. Incontro l’asfalto dopo 2km e finalmente mi rilasso un po’. Dura poco perché mi fanno svoltare per un sentiero dove dei rovi mi si attaccano da subito. Sono tentato di tornare sulla strada per fortuna si apre e diventa una strada di campagna utilizzata per raggiungere alcune coltivazione in zona. Migliora ulteriormente, attraversa la strada asfaltata di prima e riprende dall’altra parte. Per un po’ bene poi ritorna il passaggio di un sentiero. Vero la fine peggiora ancora purtroppo. Come arrivo sulla strada principale la sensazione di caldo soffocante mi circonda. Stamattina ero con il giubbotto ed i pantaloni, qui caldo insistente.

Mi dirigo al supermercato per fare la spesa. Sono le 16, i cassieri mi dicono che posso fermarmi dentro a mangiare dietro ad una scrivania. Mi sono preso anche un gelato, ma dopo i primi bocconi decido di mangiarlo in marcia. Vado verso Bussi sul Tirino. Prendo la statale e ormai quando sono vicino a Bussi mi accorgo che forse il sentiero non passava di qua. Ormai troppo tardi per tornare indietro. Al paese faccio ancora la spesa per la notte e domani mattina. Mi prendo pure un succo.

Proseguo seguendo una passeggiata lungo il fiume Tirino che incontra di nuovo la strada asfaltata, ma di una secondaria. I segnavia anche qui sono cancellati. Cerco di seguirli, ma mi faccio imbrogliare da alcuni nastri da cantiere. Li seguo un po’ ma non mi portano dove voglio e così seguo un altra strada. Sta cominciando a fare buio e non ho acqua per la notte. Vicino alcune case chiedo se possono riempirmi la borraccia di acqua. Acconsentono e sotto una leggera pioggia riprendo. Le nuvole non mi piacciono, non promettono molta pioggia ma non voglio rischiare. Sono stanco, vorrei fermarmi, ma devo trovare un tetto.

Così continuo ancora 3 chilometri fino a raggiungere alcune case abbandonate scelgo quella che mi sembra migliore anche se non presenta un pavimento in piano. Sarà più che sufficiente. Fatico a prendere sonno ed alcuni messaggi mi tengono sveglio.

Giorno 47

Stanco, sono stanco quando suona la sveglia, ma quando arriverò a Campo Imperatore potrò riposare. Si parte al buio con la torcia in testa lungo un terazzo che non avevo percorso l’anno scorso perché la segnaletica è sbiadita.

Arrivo ad Ofena, tutto è ancora silenzioso. Proseguo senza intoppi e vedo un segnavia che mi conferma di essere sulla giusta strada. La strada diventa sentiero e continuo a seguire. È evidente ed a volte sdrucciolevole e pericoloso, ma riesco a seguire senza problemi. Cerco su internet informazioni sul sentiero di questo tratto e trovo solo piccoli pezzi che mi aiutano perché l’anno scorso non avevo visto queste mappe. Non ho grandi ricordi di questa zona e  non sono sicuro di percorrere il vero Sentiero Italia, ma ogni volta viene confermato. Quando incontro di nuovo la strada invece di salire subito a Castelvecchio Calviso scendo su una strada brecciata, più avanti incontro un altro segnavia vecchio. Ad un bivio vedo dove continuare ma la strada diventa sentiero e presto di chiude, non ho voglia di continuare così, torno indietro sulla strada e proseguo. Non passo per il paese con questa deviazione e riprendo subito nella direzione del sentiero. Devo arrivare a Santo Stefano di Sessanio. Una strada di campagna facile mi avvicina fino ad un bivio. Il sentiero non è evidente, comincio a trovare ginestre e rosaspina ad intralciare e vedo che sopra di me ci sono meno problemi, lascio il sentiero per un prato più agevole. Proseguo come meglio credo cercando di evitare più possibile piante diverse dell’erba. Secondo il GPS ritorno sul sentiero, ma io non ne ho l’impressione perché non vedo nulla sul campo che me lo faccia pensare.

Prendo un’altra strada brecciata, ma anche qui in alcuni punti piante di forse 5 anni ostacolano brevi tratti. Difficoltà proprio oggi che volevo rilassarmi. Continuo perché non sono proprio tante ed è comunque la via più semplice. A Santo Stefano di Sessanio riempio la borraccia e riprendo. Nei pressi di un laghetto un cagnolino viene in cerca di coccole, gli faccio due carezze e comincia a seguirmi, passo il lago  ed ancora mi segue. Penso che prima o poi tornerà indietro. Invece mi continua a seguire per oltre due chilometri e  penso che si sta allontanando troppo. Non è nemmeno un randagio perché ha una targhetta con il nome e ci sono due numeri di telefono. Chiamo il primo mi risponde una ragazza e chiedo se conosce Maja, il nome della cagnolotta. Le dico che mi sta seguendo da un po’ e che mi farò trovare sulla strada per riportarla. Così 5 minuti dopo la padrona mi raggiunge e consegno Maja. Ritorno al sentiero dove ho lasciato lo zaino. Mi prendo il pacco di biscotti che ho nello zaino e riparto. Salgo mangiando, questo sarà il mio pranzo.

Cominciano a formarsi nuvole grigie. Prendo anche quel poco di pane che mi è rimasto perché ho ancora appetito, comincia a piovere. Le nuvole sono troppo scure per andarsene senza lasciare traccia. Comincia a tuonare, mi vesto per essere impermeabile. I tuoni continuano e poco dopo comincia a grandinare. In pochi minuti ho già le mani bagnate, i guanti rovinati non tengono più l’acqua. Le temperature calano ed anche i pantaloni cedono all’improvviso e mi trovo anche le gambe bagnate. Per fortuna mi fermo tra una decina di km e ritornerò al caldo a rilassarmi. Dentro i guanti si accumula acqua che costantemente svuoto. I piedi sono fradici ma quelli mi preoccupano poco. Le gambe di infreddoliscono e mi sento fortunato a dover percorrere un tratto molto semplice su prati. Fosse successo nel tratto del Morrone di ieri, sarebbe stato molto più complicato.

La grandine va e viene, ma la pioggia resta. Smettono i lampi per fortuna. Sono in questo prato e sto cercando di andare il più velocemente possibile per evitare di raffreddarmi, ma il mal di pancia mi frena. Non capisco se è un blocco intestinale o solamente aria. Devo rallentare in alcuni momenti e poi passa grazie ad un po’ di aria che riesco a fare uscire. Mi fermo a fare pipì e mollando lo zaino mi sento subito meglio, decido di continuare con lo zaino slacciato nella parte della pancia anche se mi carica le spalle. Piano piano il dolore passa. La piana finisce e camicia una salita, fatico a cambiare ritmo però almeno non mi raffreddo. Verso i 1900m comincia a nevicare, ci deve essere qualche grado sopra lo zero perché non attacca. Salendo resiste di più.

Io sono infreddolito, il vento continua a soffiare, lo sento entrare nei pantaloni ed irrigidirmi le gambe. Scollino e vedo l’albergo di campo imperatore, so di essere arrivato, e non so se è perché mi rilasso, per la stanchezza o per il freddo, ma comincio a tremare. Sono a mollo da un ora. Sto sperando davvero che Francesco che deve passare a prendermi sia già li, voglio entrare in macchina e mettermi al caldo. Se non fosse che mi fermo all’Aquila stasera passerei una notte difficile così da bagnato.

Quando arrivo a Campo Imperatore c’è una macchina, ma non è quella di Francesco, guardo meglio dentro e ci sono due ragazzi. Nel parcheggio non ci sono altre macchine. Con questo tempo non mi stupisce. Chiamo Francesco ed arriverà tra 20 minuti.

Me ne sto al riparo dietro un muro a tremare. Non mi accorgo nemmeno ed il tempo passa veloce. Sto sognando il caldo della macchina. Arriva di corsa, io mi spoglio dei vestiti bagnati e mi metto in macchina dentro il sacco a pelo. Scendiamo verso L’Aquila e già mi sento rilassare. Ho sonno. Quando arriviamo in città andiamo direttamente nella casa prenotata. Prima di tutto mangio un po’ di super mega dolce ultra calorico che mamma mi ha preparato apposta! Scarichiamo i file, mi lavo e mi trovo addosso altre due zecche, incontro quelli del CAI locale che mi consegnano una mappa dove ci sono le indicazioni per il Sentiero Italia!

Non so sinceramente come prenderla comunque tra una cosa e l’altra io e Francesco nemmeno facciamo la spesa ed andiamo subito a cena. Alle 21.30 comincio a sentire i primi sintomi del sonno pesante ed in arretrato. Usciamo dalla pizzeria alle 23.30. Ho tanto sonno che mi fionderei a letto, invece andiamo a fare la spesa in un supermercato aperto 24h. Domani mattina posso cominciare a mangiare e recuperare il peso e le energie perse. Ho perso 7kg da quando sono partito. Rientriamo a mezzanotte e mezza.

Giorno di pausa.

Nonostante abbia dormito poco alle 7 sono sveglio e la pancia mi chiede del cibo e di andare al bagno. Sento le gocce di pioggia battere sulle finestre, mi sento fortunato ad essere al coperto. Mi alzo e comincio a sistemare lo zaino a stendere i vestiti messi a lavare. Mi peso ed ho recuperato 2kg. Appena la pancia si libera la riempio con altro cibo. Ho un sacco di cose da fare ed il tempo è poco ed in più devo ritagliarne un po’ per puro relax. Preparo tutti i backup del telefono per poterlo formattare. Controllo lo zaino e l’attrezzatura che porterò ancora con me. A pranzo pasta con fagioli, gnammy. Dopo pranzo io e Francesco rimaniamo a discutere a lungo del mio viaggio e di cosa sto facendo. Il tempo vola, lui vuole andare a fare un giro in centro ed io ho bisogno di uno strappo perché devo cambiare operatore. I piedi si sono gonfiati e le scarpe sembrano strette, devo mollare quasi del tutto il lacci per poter infilare i piedi. Francesco mi accompagna e poi anche io mi faccio un giro un centro. Forse non avrei dovuto. Quando ritorniamo nella casa ci sono i primi problemi. Non riesco a sincronizzare i dati del sentieri che mi servono. Senza di quelli non posso partire, non ricorderei dove andare per tutto il resto del sentiero. Mi impegno per sistemare, ma il tempo non è sufficiente, dobbiamo andare fuori a cena. Andiamo a cena con Antonietta, mi aveva incontrato l’anno scorso e quest’anno non voleva perdere l’occasione. Dovevamo tornare a casa tutti presto perché avevano da fare ed invece usciamo a mezzanotte dal locale.

Prima di dormire cerco almeno di scaricare le mappe che mi mancano. Domani mattina vedrò di risolvere il problema, altrimenti resterò un altro giorno fermo e dovrò cercarmi un passaggio.

Giorno 48

Anche oggi mi sveglio presto. Alle 7 ho il cellulare in mano e cerco di risolvere. Vorrei dormire, ma mi conviene partire oggi. Hanno messo pioggia per i prossimi 5 giorni. La testa è tutta concentrata e preoccupata nel recuperare i percorsi. Recupero il backup della applicazione, ma comunque non riesco a farla comunicare con la rete. Almeno ora posso proseguire e so dove andare. Le mappe non sono scaricate del tutto perché non sapendo bene dove passare e necessitando di dettaglio non sapevo quali aree dovevo scaricare. Ora lo so e seleziono ciò che mi interessa. Ci vuole tempo, ed allora approfitto per dormire un altro po’. Francesco si sveglia e mi sveglio pure io, decidiamo di partire dopo pranzo. Ormai sono le 10. Intanto io scrivo il diario dei giorni precedenti perché mi sono concentrato per arrivare in tempo e gli ultimi 3 giorni non ho scritto nulla. Mi alzo dal letto ed i polpacci sono come bloccati, davvero duri. Li sento tesi nella parte inferiore, forse mi daranno qualche noia oggi. Pranziamo con calma, anche oggi una ricetta semplice e veloce perché non avevamo programmato di fermarci, spaghetti e fagioli con sugo di pomodoro. Sistemiamo la casa in maniera da lasciare tutto pulito ed in ordine.

Alle 15 abbiamo caricato tutto in macchina, controllo di non aver lasciato nulla. Ho poche cose, ma sono indispensabili.

Sembra tutto, quindi partiamo. Dopo un ora di strada siamo a Campo Imperatore, il tempo di qualche foto e video e sono di nuovo sul sentiero. Salgo verso le rifugio Duca degli Abruzzi, qualche piccola lingua di neve e comincia a bagnarmi le scarpe. Oggi non me ne preoccupo anche perché so che aldilà del rifugio troverò molta più neve essendo il versante a Nord. Mentre salgo mi viene voglia di tornare indietro, non complicarmi la vita e ritornare in macchina per andare da qualche parte, non importa molto dove, solo restare in un ambiente meno impegnativo.

Quando Francesco se ne va, si porta via anche un po’ di malinconia e mi concentro sulla salita. C’è molta più neve dall’altra parte, ma sembra fattibile a prima vista. Percorro un tratto di cresta dopo aver lasciato il rifugio Duca degli Abruzzi fino ad una forcella dove comincio la Val Maone e a scendere sulla neve.

Le scarpe possono poco e così presto mi ritrovo i piedi bagnati. Essendo tardo pomeriggio la neve è molto bagnata ed affondo quei 5 cm, non molto, ma nei pendii più ripidi non mi permette aderenza perché sotto la neve è ancora compatta. Punto bene i piedi per non scivolare e comunque scendo veloce perché sto scivolando e non solo camminando. Scendo fino alle sorgenti del Rio Arno dove vedo pure due camosci.

Continuo la discesa fino a Prati di Tivo ed incontro diversi alberi spezzati sul sentiero. Sinceramente non capisco da dove siano arrivati. Mi fermo per strizzare le suole e calzini.

Continuo fino a Pietracamela, purtroppo non la attraversa il sentiero e quindi la salto, ma da quel poco che ho visto deve essere un bel paesino.

Sento i polpacci leggermente rigidi, chissà quando mi passerà. Una piccola salita e mi scaldo, poi incontro qualche difficoltà con la segnaletica, non è chiara ed io sbaglio seguendo un altro sentiero. Ritorno indietro e recupero seguendo un passaggio nascosto da un po’ di ginestre. Entro nel bosco e spesso mi devo fermare per individuare i segnavia, a volte nemmeno li vedo e provo a seguire quella che è la possibile direzione aiutato dalla mappa e dalle mie tracce dell’anno scorso. Scendo fino al fosso Venaquaro per poi prendere una strada forestale e ricominciare a salire. Ormai il sole è tramontato e nel bosco comincia ad essere buio, questa volta davvero perché sbaglio strada e capisco di aver bisogno della torcia. Anche con la torcia sbaglio due volte, ma voglio continuare fino ad un rifugio sperando ci sia il bivacco. Si trova in mezzo ad un prato e quando lo raggiungo non sono più protetto dal vento, al Rifugio cerco subito la presenza del bivacco, ci giro attorno in cerca della porta, l’unica porta è quella principale per la quale serve la chiave. Avevano messo pioggia nel tardo pomeriggio e non è arrivata potrebbe venire di notte, ma è troppo buio per continuare tranquillamente così mi stendo sul marciapiede sperando nella buona sorte.

Il telefono prende e mi arriva una mail che spiega quale potrebbe essere il problema con l’applicazione, risolvo. Ora vado a dormire tranquillo.

Giorno 49

Mi sveglio diverse volte durante la notte, alle 5.40 c’è già luce sufficiente per cominciare, sono indeciso. Finisco per restare nel sacco a pelo e riposare per quel che non sono riuscito a riposare a L’Aquila. Alle 7.30 mi sveglio ben riposato. Le suole ed i calzini si sono asciugati, non ci speravo, le scarpe sono solo umide.

Ho ancora qualche piccolo irrigidimento alle gambe e tra oggi e domani passerà. Comincio salendo verso il Colle Abetone, incontro anche qui qualche lingua di neve nelle zone meno esposte. Ho lasciato la zona “Dolomitica” per i monti della Laga. Non salgo in cima, ma ci giro attorno e poi comincio la discesa attraverso gli impianti di risalita fino a Prato Selva, i segnavia non sono molto visibili perché molti rami folti di foglie li coprono il più delle volte.

Sto finendo l’Abruzzo ed è ora di preoccuparsi di Lazio ed Umbria perché passerò proprio nei paesi più colpiti dal terremoto dove forse non potrò fare rifornimento, sono in contatto con dei locali per capire come fare.

Intanto che loro cercano di scoprire quale sia il miglior modo di agire io continuo a camminare, dopo 700m su asfalto prendo il Sentiero che mi porta a Nerito, lungo il quale incontro 4 operai dotati di motosega e martelli che sistemano le staccionate e puliscono io sentiero.

Il sentiero è in buone condizioni a parte qualche pozza d’acqua e le rocce vicino a dei ruscelli tremendamente scivolose. Mi sento bene e sono quasi ritornato nel viaggio.

A Nerito faccio la spesa per la giornata sperando di trovare rifornimento ad Amatrice, non riesco a contattare il riferimento locale. Lo zaino pesa un po’ di più, ma è comunque facile da trasportare perché durante la pausa ho deciso di alleggerire ulteriormente il carico. I segnavia sembrano nuovi ed il sentiero ripulito. Procedo tranquillamente fino a Tottea, non fa molto caldo nonostante siano le 11. Il paese lo passo veloce perché è ben segnato e non ho bisogno di fermarmi. Dopo Tottea ho la conferma che la segnaletica è nuova perché ci solo le indicazioni ad un bivio che l’anno scorso avevo preso seguendo la strada principale, invece i cartelli mi fanno andare nell’altra direzione. È ripulito e cammino senza intoppi. Comincio a stare attento al meteo perché delle nuvole, non molte, stanno diventando grigie e qualche goccia mi è arriva addosso. Entro nel bosco e mi permetto di sudare anche se poi se ne andrà il profumo che ancora ho addosso, ma prima o poi tornerò puzzolente ed appiccicoso. Le felci anche qui non sono ancora cresciute del tutto e non coprono la vista. Sul sentiero qualche ramo lo trovo e sfortunatamente uno si mette tra le gambe e perdo l’equilibrio. Sto cadendo come un pendolo al contrario. Gli occhi velocissimi si spostano sul terreno dove sto finendo. C’è una pietra liscia proprio di fronte a me, mollo il bastoncino ed allungo la mano.

Riesco a fermarmi, e così finisco solo per sporcarmi la mano.

Sto camminando tranquillo ancora nel bosco e di colpo un tuono rompe il silenzio. Dura almeno 8 secondi.  L’istinto è di guardare il cielo, ma sopra di me c’è il sole, leggermente velato, ma nessuna nuvola. Dietro di me, da dove è arrivato il tuono ci sono delle nuvole grigio chiaro. Bah, forse non farà nemmeno pioggia. In compenso nei pressi di un ruscello finisco su quello che credo sia un prato… In realtà si tratta di una zona molto umida nascosta da piante alte 20 cm nel quale bagno le scarpe che tanto attentamente cercavo di asciugare.

Nel silenzio sento soffiare, sono dei cinghiali, almeno 15 piccoli compresi, fanno un gran rumore con le foglie secche, non riesco a firmarli perché sono troppo lontani e coperti dagli alberi.

Ormai è l’una e mi fermo per mangiare prima che la pioggia arrivi. Sono sudato ed accuso dei brividi, il cielo continua a brontolare mentre infilo la felpa. Mangio in fretta, nemmeno tolgo le scarpe perché non si asciugherebbero comunque.

Poco dopo aver ripreso a camminare arriva la pioggia, due bei tuoni e comincia a piovere insistentemente. Scende anche qualche chicco di grandine. Comunque in mezz’ora smette, tutto resta bagnato e non posso asciugare le scarpe. Inoltre prima di Campotosto devo guadare 3 volte lo stesso fiume nel giro di 150 m così bagno definitivamente le scarpe. Poco male perché comunque non riuscirei ad asciugarle, ma è sicuramente un passaggio da sistemare.

Campotosto è un paese colpito dal terremoto, le prime case sembrano apposto, come mi dirigo verso la piazza e comincio a vedere le prime crepe suo muri e poi pure macerie una volta arrivato in piazza.

La strada è sbarrata ed i vigili del fuoco stanno lavorando per sistemare quanto possibile.

Cerco una via alternativa per riprendere il sentiero, torno un po’ indietro e riesco a percorrere la via che mi porta a salire tutto il paese. I segnavia ricominciano e sembra che il sole voglia avere la meglio sulle nuvole. Intanto sul sentiero ci trovo zone umide e mi rassegno nel volere i piedi asciutti. Ricomincia a tuonare, lontano dietro di me, il sole si copre e le temperature calano.

Scendendo verso le sorgenti del fiume Tronto il terreno è umido e fangoso, invece in salita è più asciutto e meglio conservato. Continuo senza problemi fino a Preta in leggera discesa, incontro l’asfalto e comincio a salire, all’inizio del paese incontro due persone, incuriosite mi fanno qualche domanda e mi offrono due mele. Entro appena nel paese e la strada è sbarrata, il sentiero però non lo è perché svolta subito a destra e sale verso i monti. Qiondi no ci sono segni di danneggiamento. Sono un po’ stanco e le gambe provano a rallentare. Le lascio fare un po’, tanto si riprenderanno.

Dal punto più alto, comincio un traverso in quota dove trovo sia alcuni accumuli di neve sia degli alberi che intralciano finiti sul sentiero grazie a delle frane o slavine. Con qualche difficoltà supero sia i nevai che gli alberi. Ora comincia la discesa verso Amatrice. Il sentiero non sempre è ben individuabile, però grazie all’esperienza dell’anno scorso vado più tranquillo. Al primo borgo incontro di nuovo macerie, il sentiero passa a fianco su una vecchia strada di collegamento. Il muro che la costeggia a tratti è crollato e devo superare le macerie instabili. Non è troppo difficile dopo tutti i sentieri mal tenuti incontrati fino ad ora. A Retrosi non riesco a passare fedelmente sul sentiero perché la strada è bloccata. Nel segnavia a fine paese, un gruppo di amici passati di qui mi hanno lasciato una sorpresa. Un bigliettino di auguri di buon viaggio. Che bel pensiero.

Finisco così l’Abruzzo e comincio il Lazio.

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