Basilicata 2017

Giorno 32

Sono le 16, sono appena arrivato a Piano Gaudolino, vicino la fontana ci sono dei cavalli. Mi fermo per una pausa dopo la salita. Un po’ di cioccolato e delle arachidi. Riempio a metà la borraccia perché troverò acqua più avanti. Sono sudato e proprio ora comincia un venticello fresco, così infilo la felpa e riprendo. Il primo tratto è in discesa su una strada dissestata, ma un corridoio per proseguire fluido lo trovo.

A Piano Vacquaro trovo indicati alcuni sentieri, ma non il sentiero Italia. Nessun cartello nella direzione che devo prendere, devo attraversare la piana senza un percorso o aiuti per tenere la direzione giusta. Dalla parte opposta riprendono i segnavia. Scendono ancora, fino ad un quadrivio senza indicazioni. Uno sbiadito segnavia su una pietra per terra di cui resta solo il rosso mi conferma la direzione. Ora comincio un tratto piuttosto brutto, un bosco non curato e fitto con solo segnavia vecchi e nessun segno sul terreno ad evidenziare un percorso. Nella mappa satellitare c’è un tratteggio che mi viene in aiuto. Passato questo tratto tra alcune zone umide in cui fortunatamente non mi bagno comincia una salita fino alla Madonna del Pollino, il sentiero è più chiaro, ma non proprio curato ed infatti proprio alla fine li perdo. Arrivo in cima con la felpa sudata ma so che a breve ritorno a proseguire in piano ed aspetto che si asciughi. Sono stanco quando arrivo su. Sono state delle salite belle ripide quelle delle ultime due.

Fino al piano di Iannace seguo un ippovia, larga e pulita. Non ho problemi, ma alla Piana mancano i cartelli del sentiero e lungo il sentiero i segnavia.

Seguo in discesa fino ad Acqua Tremola dove comincia un sentiero segnato proprio dove devo andare io. Al primo bivio va nell’altra direzione.

Il sole sta tramontando e sono nel bosco. Gli ultimi uccellini stanno cantando ed un forte odore di erba cipollina mi circonda. Mi trovo a 1500m e sto pensando ad un riparo. Potrebbe fare piuttosto freddo questa notte. Continuo a camminare anche con la luce della luna e in delle radure incontro dei cavalli liberi che si allontanano al mio passaggio. Sono stanco e proseguo qualche km nella speranza di trovare un tetto, infine mi sistemo in un bosco di pini che mi proteggeranno dall’umidità.

Giorno 33

Non ho avuto freddo la notte. Forse oltre ad allungare le giornate si stanno pure scaldando.

Parto verso San Severino Lucano, una strada in discesa. Mi arrivano delle tracce sia dal CAI locale che da quello centrale, naturalmente sono discordanti. Niente mappe ufficiali quindi non so a quale affidarmi. Assurdo che per un parco nazionale come il Pollino, il più grande in italiano tra l’altro, non ci siano mappe. Uscito dal bosco alla mia sinistra vedo il monte Pollino con ancora qualche lingua di neve, di fronte a me il monte Alpi che dovrei riuscire ad affrontare nel pomeriggio. Una vista molto panoramica. La Basilicata sarà caratterizzata da meno bosco e molto più panorama. Fino alle 8 proseguo sul crinale, ma il sole ancora non riesce a scaldarmi per bene, dopodiché prendo una strada tortuosa che mi porta al paese.

Nemmeno vicino la stazione forestale ci sono indicazioni. Scendo su una strada di campagna, è ripida e l’umidità non si è ancora asciugata così mi bagno i piedi. Guardo qua e là se qualcuno inavvertitamente ha lasciato cadere qualche segnavia per sbaglio. Nemmeno l’ombra. Svolto verso nord su una strada secondaria asfaltata che mi porta fino al ponte sul fiume Peschiera.

Nei campi o vicino ai paesi tengo d’occhio gli alberi da frutto. Ciliegie, fichi, prugne e pesche non sono ancora pronte, ma presto riempiranno la mia pancia.

Non sono ancora le 9 ed io vorrei già mettere qualcosa in pancia. I biscotti li ho già finiti e per il pranzo devo aspettare altrimenti mi troverò nella stessa situazione più tardi. Anche gli arachidi finiti, 300g che mi sono durati da San Sosti fino a ieri sera.  Mi ricordo di avere 2 barattoli di fagioli. Non penso resisteranno tutti e due pieni fino al pranzo.

Dopo il ponte c’è il bosco di Magnano, vedo un segnavia sulla strada in prossimità di una deviazione. L’anno scorso l’avevo presa, ma le tracce del CAI locale e centrale mi portano un po’ più avanti. Curioso ci provo. Le seguo, ma nessun cartello, indicazione o altro. Il bosco è un bel posto dove stare proprio ora che il sole comincia a scaldare così tanto. Naturalmente scopro che le tracce non sono giuste. L’anno scorso, senza mappe e senza aiuti avevo preso la strada giusta.

Alle 10.30 ho il barattolo di fagioli in una mano ed il cucchiaio nell’altra, volevo togliere la felpa e non ho resistito una volta aperto lo zaino per riporla. L’ombra del bosco mi aiuta a proseguire fresco.

Nel paese di Preti decido di fermarmi a mangiare. Non ho più acqua e non c’è nemmeno una fontana. Non la trovo nemmeno più avanti nei paesini successivi. Mentre cerco di raggiungere Latronico cerco di capire se mi conviene aspettare l’apertura del supermercato stando fermo due ore e ripartire con il peso del cibo di due giorni o rischiare di arrivare fino a Castelsaraceno scarico, ma non trovare aperto. Se fanno orario continuato nessun problema, se non fosse così devo informarmi su Castelsaraceno. Se aspettassi potrei approfittare per scaricare le mappe della Basilicata che ancora non ho. Il cielo si sta coprendo di nuvole, in serata e domani mattina mettono pioggia. Questo rende la decisione più delicata.

Scendo verso il fiume ed incontro un cartello che va in una direzione diversa della traccia, va verso un tratturo che sembra nuovo. Non so se è la posizione corretta, potrebbero averlo girato senza accorgersene. 50m più avanti un altro cartello in salita. Quindi fino ad ora non ero sul sentiero. Proseguo seguendo la traccia per non ficcarmi in una strada molto battuta. Seguo la più battuta tra le varie deviazioni ed arrivo a Latronico assieme a due gocce di pioggia. Vado verso il supermercato, apre alle 17.15, tra due ore e mezza. C’è WiFi, intanto scarico le mappe mi infreddolisco stando fermo.

Sono seduto davanti al supermercato e vedo un tizio con delle chiavi che cerca di entrare ma sono le 15.30.

Chiedo delucidazioni sull’orario di apertura. Mi riconosce, ricorda il mio passaggio dell’anno scorso. Mi permette di fare la spesa con largo anticipo, così alle 16.10 sono fuori dal supermercato con lo zaino pronto. Mi fermo alla fontana i paese per l’acqua e per mangiarmi le due mega arance che mi sono preso. Pesano 900g in due.

Mi sciacquo dopo essermi sporcato e riprendo a camminare. Devo arrivare a 1800m. La strada è lunga. Nella parte alta del paese, una bandierina del Sentiero Italia, a seguire segnavia orizzontali. Le due tracce del CAI seguono lo stesso percorso ed accorcia rispetto a quanto ho fatto io l’anno scorso, perciò seguo. I segnavia finiscono e la strada diventa sentiero e ci sono anche spine ad intralciare. Arrivo fino alla strada che non avrei dovuto lasciare, e continuo senza problemi. La salita comincia ad essere tosta e mi levo la felpa.

Ogni tanto qualche goccia cade dal cielo. Per gran parte il sentiero è buono, dopo la sorgente Gavitone il sentiero è un bosco di rami, rocce e terriccio morbido. Ho grosse difficoltà a proseguire, non ho segnavia, ne riferimenti e degli omini mi portano fuori strada. Esco dal bosco e il sentiero da seguire è più chiaro, salgo fino alla forcella dove si alza il vento. Metto subito la felpa. Per un km resterò in cresta con questo vento allora decido anche per i pantaloni. Il tratto non è curato nonostante le difficoltà, ed il pericolo di farsi male in questo luogo c’è. Mi impegno molto per non farmi male e scegliere la via più comoda e meno pericolosa.

Ritornato nel bosco nel versante Nord il sentiero è facile, molto ripido, ma facile. Ben segnato e pulito. Ancora 4km fino a Castelsaraceno. Le nuvole sono sparite dal cielo, ma non mi fido di questo meteo e voglio trovarmi un riparo. È quasi tutto asfalto fino al paese a parte l’ultimo tratto che ritorna su una strada di campagna difficile. I miei pensieri vanno al tetto da trovare per la notte ed al problema dei bisogni della mattina, che ultimamente sono urgentissimi. Poco prima del paese mi fermo per risolvere il problema ed evitare che si presenti domani mattina.

Nel paese c’è una specie di lavabo ed una panchina sotto un tetto. Decido di fermarmi li. Inizialmente mi posiziono sulla panchina per dormire. Dopo l’ennesima volta che mi sveglio gonfio il materassino e mi stendo a terra. Anche qui mi sveglio diverse volte. Il vento si alza e fa cadere dei bidoni dell’immondizia, comincia a piovere ed il vento fa arrivare qualche piccola goccia suo mio viso, fa freddo e non riesco a continuare con il sonno.

Giorno 34

La notte peggiore di tutte. Mi sarò svegliato almeno 20 volte. Mi ritengo fortunato di non essere stato tanto vicino alle campane perché non le ho sentire e quindi non mi hanno svegliato.

Faccio in tempo a preparare lo zaino che devo andare al bagno. Faccio in fretta per uscire dal paese, vedo una stradina bianca che mi permette un po’ di protezione dalla vista. È urgentissimo. Mi tolgo i pantaloni e mi libero. Questo è un altro dei motivi per cui non mi piace fermarmi nei paesi per la notte.

La stradina è proprio la deviazione che dovevo prendere. Da qui non conosco la strada perché l’anno scorso avevo proseguito in una altra direzione. Mi stupisco della buona condizione in cui si trova, ma presto cambierò opinione. La strada diventa sentiero e diventa una giungla. Di prima mattina è proprio quello che ci vuole. Mi impegno più per restare calmo che per attraversare l’indecenza. Salto sulla strada, e poi cerco di dare un altra possibilità al sentiero. Un po’ meglio ma non va per niente bene. Ancora strada. Provo, torno indietro e poi mi dico di non fare il pappamolla.

Ci sono spine che si attaccano dappertutto, sullo zaino, sui vestiti e mi pungono anche. Non sono qui per perdere tempo per cercare di seguire un percorso che nemmeno so se è giusto e che nessuno si è preoccupato di tenere in ordine. Ritorno il più velocemente possibile sulla strada. Naturalmente c’è un’altra recinzione di filo spinato, nemmeno fossimo in guerra.

Sull’asfalto percorro tranquillo che quasi nemmeno mi accorgo di dover voltare. La strada è rotta ma sempre molto meglio dei rovi. Guadagno una cresta morbida, il vento soffia. Penso a quando sarò a 2000m sul monte Sirino tra qualche ora. Le nuvole ne coprono la cima, e si vede che si muovono molto velocemente. Seguo la traccia che poi si perde in un campo e ritorna su una strada bianca. Alle 10.30 già penso al cibo.

Passo la Tempa del Conte ed ora mi dirigo verso il monte. La salita è dolce. Il sentiero però devia verso un bosco. Ci stanno lavorando e non trovo la traccia poi vedo un piccolo passaggio basso tra spine di pero. Sono passati proprio di qui. Devo proseguire a 4 zampe. Sto accumulando un sacco di nervoso. Sento le spine impigliarsi sullo zaino. È un miracolo se non si rovina. Torno su una strada che poteva essere raggiunta comodamente e senza allungare direttamente da Tempa del Conte. Ora controllo le mappe e guardo che non ci siano più tratti di bosco e che sia tutto su strada o stradine. La mappa satellitare conferma che è tutto strada. Ad un bivio resto allibito. Controllo la mappa. Sulla foto satellitare la strada è bianca qui invece è tutta verde. Inizia con erba bassa ma presto arrivano ginestre e rovi ed altro. Non mi rallentano troppo, ma ho già dato per oggi. Ed il morale ne risente molto, anche se mi consolo che sono solamente 500m. Arrivo fino alla strada che ho percorso l’anno scorso e mi fermo per pranzare, al sole ed in un posto protetto dal vento. Che bello starsene qui a mangiare. Mangio anche metà cioccolato con del pane. Il vento quando arriva è debole e rinfrescante. Starei qui e basta.

Mi alzo deciso a riprendere, ma il resto del corpo non la pensa uguale. La lieve salitina la affronto con tanta calma, non so se è la digestione o solo la poca voglia, ma penso la seconda che influisce anche sulla prima. Sono partito sperando di trovare buone temperature, ma fintanto che lo stomaco è impegnato non posso sfruttare il calore dei miei muscoli che lavorano sodo, o mi fermo e mi vesto o resisto. Resisto perché deve cominciare una salita più ripida.

Al Rifugio Conserva passo dritto e vado verso gli impianti, salgo dalla pista per arrivare al Rifugio Laudemio. Prima di svoltare per il rifugio noto che gli alberi sono scossi in maniera molto forte dal vento, vesto la felpa ed anche i pantaloni. Quando ho svoltato il vento diventa forte e mi metto pure la giacca. Prendo ancora per la pista, ma il vento è assente e comincio ad avere molto caldo. Mi fermo diverse volte per evitare di sudare. Ogni folta di vento è una gioia.

Più salgo e più vento incontro. Nel ultimo tratto c’è pure una piccola lingua di neve.

Sono molto accaldato per la salita e quando arrivo sulla Forcella il vento mi rinfresca.

Prendo per la cima. Delle tracce che ho sulla mappa nessuna concorda nella direzione. Allora come i bravi scalatori prendo una direzione unica, dritto, diretto fino in cima. Sono in un un canale è c’è pochissimo vento e la pendenza che è oltre i 40 gradi mi ritorna a scaldare, mi fermo per delle piccole pause per non sudare, altrimenti in cima rischio di avere freddo.

Non arrivo direttamente in cima, si tratta di tre cime ravvicinate. Intanto il vento ora che sono caldo è davvero piacevole. Mi lascio sballottare. In cima mi faccio qualche foto. Mi diverte il vento forte. Il paesaggio si riesce a vedere per pochi istanti e solo verso est quando le nuvole se ne vanno.

Comincio a scendere perché le temperature si stanno abbassando. Un lungo sentiero prima su prati poi nel bosco ed infine su asfalto mi porta a Lagonegro, dove mi fermo in cerca di WiFi per delle mappe speditomi via mail. In paese c’è WiFi pubblico, ma ci si deve registrare. Gli uffici la domenica sono chiusi.

Cerco un altro luogo dove poter scaricare, mi indicano un bar, mi ci dirigo. Sono gentili e mi danno la password. Scarico le mappe, ma non posso vederne nemmeno una e non capisco perché.

Rispondo alla mail per avvisare che non riesco a visualizzare le mappe. La mail corrisponde ad un indirizzo Gmail. Lo scrivo in internet e trovo il numero del proprietario, lo chiamo e mi dice che mi manderà dei tracciati questa sera quando torna a casa. Nella attesa scarico altre mappe. Ormai è tardi e mi fermo a Lagonegro. Trovo un parcheggio multipiano ed un posto tranquillo. Ci sono pure i bagni così risolvo il problema dei bisogni la mattina. In caso li chiudessero, ho trovato un prato abbandonato.

Decido di farmi una pizza oltre la cena che ho con me. Fa freddino, probabilmente per la stanchezza, e qualcosa di caldo non guasta.

Torno al parcheggio e mi metto il più possibile nascosto. La notte qualcuno mi vede e parlotta di me.

Giorno 35

Ho passato abbastanza bene la notte senza essere disturbato. Vado al bagno e con calma mi preparo tanto ho a disposizione più di un ora prima dell’apertura del alimentari.

Quando sono pronto vado al sole per scaldarmi, mi metto vicino al supermercato.

Aprono qualche minuto di ritardo, ma io so già cosa prendere. Mi prendo un pacco di biscotti in più e due mele. Una mela subito ed dopo qualche biscotto. Riempio la borraccia ad una fontana in una piazza in paese e comincio ad andare verso il passo Fortino, che si trova al confine tra Basilicata e Campania. Sulla provinciale 19 al bivio con la statale 585 trovo 5 cartelli di divieto di accesso. Forse una frana o dei lavori bloccano la strada più avanti. Il tracciato andrebbe da quella parte, ma per evitare problemi prendo la statale anche se meno indicata da percorrere a piedi. Intanto ho fatto sparire altri 400g di biscotti. La stanchezza si fa sentire dopo tanti giorni ed il fisico vuole cibo. Sono curioso di sapere quanto altro peso ho perso da Cagliari. Ormai più di 1100 chilometri fa. Tutto asfalto fino al Valico del Fortino, 8 chilometri facili questa mattina.

Alle 10.10 finisco l’esperienza in Basilicata, pochi chilometri, ma intensi.

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