Marche 2017

Giorno 53

Le campane hanno appena rintoccato le 11, sono arrivato ad Isola Fossara, mi dirigo subito all’ alimentari. Ci sono due signore davanti a me è ci impiegano un sacco di tempo a fare la spesa. Anche il signore dietro il bancone non è proprio dinamico.

Esco e comincio a mangiare solo alle 11.30. Pane, ceci, due pere ed una mela. Devo avere qualche problema con la temperatura. È una giornata di sole e fa caldo ed io messo all’ombra ho freddo. Quando riparto mi sento gonfio e parto con la solita calma. La felpa non riesco a toglierla. Salgo su un sentiero abbastanza buono fino ad una fonte, poi comincia ad essere difficile da trovare. Sale fino a guadagnare una cresta, scende da un lato, poi dall’altro. Sono nel bosco, ma è piuttosto ripido il fianco. Il telefono inoltre mi da problemi e non riesco a registrare dei video, comincia la registrazione poi va in tilt e non riesco a stoppare la registrazione. Riesco a scendere veloce, ma sono molto, molto attento a dove metto i piedi. Non voglio sbattere ancora su rocce o altro. Ogni tanto quando puliscono i sentieri, tagliano delle piante che crescono in mezzo al sentiero e lasciano le radici e 3-4cm del fusto che può essere anche quello una minaccia. Quando l’erba è alta alzo le gambe per arrivare con il passo da sopra. Incrocio un sentiero e ricompaiono i segnavia. Arrivo sulla strada e la percorro per un pezzetto, poi secondo la mappa che mi hanno passato dovrebbe esserci un sentiero che sale parallelo la strada sulla destra. Non vedo nulla. Torno indietro e vedo un vecchio segnavia, ma ho dovuto davvero prestare molta attenzione.

Inizia su un canaletto detritica, poi continua dimenticato tra le piante e più mi avvicino a Fonte Avellana è peggio lo trovo. Incrocio una strada a fianco ad un cimitero, dalla mappa dovrei salire dritto invece di seguirla e così faccio. Forse incontro di nuovo la stessa strada 30 metri più su, la seguo perché vedo un trivio più avanti con una strada che sale. Così potrò fare prima invece di lottare con le piante. Arrivo fino alla sella della Forchetta, dall’altra parte della strada asfaltata due cartelli ed una mappa. Un cartello è relativo al Sentiero Italia, la mappa generale del luogo. Ora comincio a salire sul Monte Catria, un sentiero abbastanza divertente perché sale velocemente ed a me piacciono questi sentieri. La felpa se ne va nello zaino nonostante sia nel bosco.

Comincio a sudare, e sento la prima volta odore di sudore da quando sono partito da L’Aquila. I passi sono costanti, non veloci, ma con un buon ritmo. Spingo sulle punte per salire, e quando la pendenza diminuisce approfitto per distendere il passo è sciogliere i muscoli. È un assaggio di quello che troverò sulle Alpi. Il sentiero è ben definito fino al Pluviometro, poi dovrebbe esserci un tratto dritto che va verso una strada. Ho seguito delle tracce di passaggio recente, erba pestata, ma mi hanno portato fuori rotta. Cerco di recuperare con un dritto su questi salti erbosi. Arrivo sulla strada proprio dove avrei dovuto essere. Mi giro, non c’è nessuna traccia verso il Pluviometro, nessun cartello e nessun segnavia. Seguo la strada bianca per 700m circa fino ad una traccia che scende verso un’altra strada che si può raggiungere in auto. Sentire i muscoli delle gambe che si toccano nella parte del inguine è una soddisfazione, significa li ho ben irrorati di sangue e che quindi hanno dovuto lavorare molto.

Continuo a scendere fino alla Fonte del Faggio dove c’è pure un bivacco. Volevo fermarmi per fare merenda ma è all’ombra e non mi va, perché prenderei freddo. Quel poco vento che c’è non mi piace, mi da la sensazione di freddo. Si, ho qualche problema con le temperature, mi sono abituato al caldo, a camminare sotto il sole anche nelle ore più calde e adesso appena cala di poco la temperatura, lo patisco.

Il sentiero continua in costa per un lungo tratto fino a svoltare e cominciare a scendere deciso verso Chiaserna, alcuni tratti sono sdrucciolevoli, altri con pietre. Sto attento a non battere sull’alluce, ma scendo veloce. Arrivato alla strada mi fermo per una pausa merenda. Cioccolato e pane. Controllo l’ora, e forse riesco ad arrivare a Cagli in tempo per fare la spesa. Devo però fare in fretta, così comincio a correre, ricordo c’era qualche problema con il sentiero, ma ci provo lo stesso. Ho 15 km da percorrere e 3 ore a disposizione. Potrei farcela.

Quasi subito lascio la strada. Prendo una strada parallela che mi porta in campagna. Proprietà private e qualche recinzione di filo spinato. Continuo ed il sentiero lo perdo e dopo un centinaio di metri lo ritrovo. Quando la strada è in piano corro per recuperare tempo. In salita utilizzo al meglio i bastoncini per andare il più velocemente possibile. Il sentiero entra in un’altra proprietà privata. Ci trovo due giovani in un prato mezzi nudi intenti ad amoreggiare, lui cerca di ricomporsi, io saluto e tiro dritto. Seguo quello che mi sembra il sentiero, entra in un bosco chiuso in cui c’è una lieve traccia a fianco una recinzione di filo spinato. La seguo e ci sono i segnavia. Ci si mettono anche gli alberi caduti a rallentarmi. Ad un tratto i segnavia finiscono e perdo il sentiero. Non so dove prosegue. La mappa mi dice di andare verso sinistra ma non c’è nulla e poi dovrei attraversare il filo spinato. Provo a seguire la traccia, ma si perde nel nulla. Torno indietro ed il segnavia è vicino a dove non so dove andare.

Dovrei essere giusto. Si. La mappa conferma. Prendo e scavalco la recinzione. Ora sono nella direzione giusta. C’è una traccia dove mi trovo, ma è vecchia, chiusa e ci si mettono anche le spine. Non ci sono più segnavia, ma sono nel posto giusto. L’ultima mappa che mi hanno passato e georeferenziata quindi vedo proprio la mia posizione sulla mappa. Sbuca in un campo incolto e presto ho le scarpe piene di spighe. Seguo il confine fino ad un altra recinzione, ecco un altro segnavia. Sembra quasi nuovo, ma non ne vedo altri. Attraverso un altro campo e c’è un altro segnavia. Arrivo su strada e c’è un cartello che indica la direzione del Sentiero Italia. Ho perso troppo tempo a trovare la via. Non c’è la farò ad arrivare a Cagli. Chiedo di un alimentari e c’è un minimarket a Cantiano. Faccio una spesa abbondante, tanto ho una tappa breve fino a Cagli, e anche se è domenica so di trovare aperto. Intanto i problemi che avevo ieri con il CAI non sono finiti. Da questa mattina alle 8 che cerco qualcuno disposto a ricaricarmi le batterie ed ora che sono le 18 dopo vari passaparola e passaggi di testimoni non ho ancora un riferimento a cui affidarmi. Non è il viaggio per cui sono partito. Avevo chiesto al CAI se era interessato alla mia impresa a patto che mi fornissero autonomia elettrica. Non ho chiesto cibo, ospitalità, doccia o altro. Ho chiesto solo autonomia elettrica. Mi sono preso dei pomodori da mangiare subito mentre continuo a camminare. Riprendo e secondo la mappa non sono sul sentiero, ma probabilmente le strade sono state modificate e la strada da percorrere non esiste più. Infatti trovo segnavia sulla strada che dovrebbe essere sbagliata. I segnavia ci sono e riprendo il vero sentiero, sale lentamente fino ad aggirare la montagna. Poco dopo l’indicazione verso una zona piena di piante del Sentiero Italia. Da sotto vedo una traccia. Mi ci infilo. Le piante sono dappertutto, le piante invadono il sentiero e ci sono pure spine. Mi metto gli occhiali per proteggere gli occhi da eventuali rami che volessero ferirmi. No! Ho perso di nuovo un altro paio di occhiali.

Lascio lo zaino dov’è, e risalgo per i 100m percorsi in discesa. Non li trovo. Scendo sconfortato a riprendere lo zaino e finire questa discesa. Verso la strada un po’ migliora e qualcuno deve essere passato recentemente perché alcune piante sono rotte in punti alti 1.20m e difficilmente potrebbe trattarsi di un cinghiale. Finalmente arrivo sulla strada. La percorro fino un sottopasso e poi verso l’inizio del Sentiero. Passa per una proprietà privata, chiedo al proprietario se posso passare visto che sta uscendo proprio in questo momento. Mi mette in guardia sul sentiero. Tre persone tempo fa erano passate per percorrerlo e sono tornate indietro dopo poco perché era completamente chiuso. Sto ancora aspettando una chiamata per capire come ricaricare. Ho autonomia ancora fino a domani e non so ancora cosa devo fare. Se tentassi il sentiero chiuso rischierei di non trovare un posto in piano per poter passare la notte, se invece non lo percorro rischio di passare la notte troppo vicino alla strada e le macchine mi disturberebbero.

Mi stanno passando per la testa tante cose.

Ora sono io in tilt.

Decido di prendere la strada, la vecchia Flaminia parallela alla nuova, e proseguire fino quando ancora non lo so. Vado verso Cagli. Intanto mi gusto dei biscotti. Fa freddo e metto la felpa. Sono vicino al fiume e la mattina ci sarà molta condensa, dovrò ripararmi sotto qualche albero.

Cammino, passo un ristorante, c’è troppa confusione, la strada principale finisce in una galleria, questa è l’occasione per trovare un posto dove evitare suoni durante la notte. La vecchia Flaminia è meno frequentata, e riesco a trovare un riparo sia per togliermi dalla strada che per proteggermi dell’umidità.

Giorno 54

Prima delle 5 sono sveglio. Per la testa cominciano a girare i pensieri di come fare per ricaricare le batterie. Il materassino su cui dormo ha qualcosa che non va. Sembra sgonfio. Mi alzo ed infatti lo è. Probabilmente si è bucato. Bella rogna da sistemare.

Chiaro in testa mi viene il pensiero che questo non è il sentiero che io voglio fare. Non voglio sperare che qualcuno mi dia una mano. Preferisco di gran lunga contare su di me ed arrangiarmi a modo mio.

Ora torno a casa.

Torno a casa mia, così posso capire cosa fare e come ripartire al meglio per questo viaggio. Più di tutto devo trovare un modo efficace per ricaricare le batterie.

Mi alzo e vado al bagno. Mi trovo una zecca addosso. Mi controllo e c’è ne sono almeno altre 10 tutte già attaccate. Quando ho fatto lo zaino, nonostante sia bello fresco, sono sereno. Tranquillo. Mi sono tolto un grande peso che mi rendeva una brutta persona. Mi costringe a ad avere a che fare con altre persone che spesso si dimostravano poco collaborative, non tutte, sia chiaro, e questo comporta degli scompensi al viaggio. Faccio del mio meglio un po’ in tutti i settori di questo viaggio e poi mi trovo a discutere sempre delle stesse cose quando ho a che fare con qualcuno che dovrebbe darmi una mano.

Con serenità prendo la strada per Cangi per cercare un mezzo di trasporto fino a casa. Sto canticchiando, ascolto musica perché ormai non mi interessa di preservare la corrente elettrica. Mi concedo questo momento di libertà. Sono da solo e potrei pure camminare in mezzo alla strada da quanto poco è trafficata.

A Cagli chiedo informazioni per una stazione dei bus o treni. La più vicina è Fano. 48km. Eh eh.. Non ci voglio mettere una giornata ad arrivare.

Mi rimetto sulla strada per Fano ed alzo il pollice quando passa una macchina. Niente. È dura in Italia fare l’autostop. Mi fermo all’inizio di una area di sosta così da poter dare modo a qualche buon anima di avere spazio per fermarsi senza creare problemi ad altri.

Mentre aspetto non so perché, ma mi controllo, e mi trovo altre 3-4 zecche. Una gentile signora si ferma e mi offre un passaggio fino ad Urbino dove prenderò un bus per Pescara. Due ore di attesa. Vado al bagno e trovo altre due zecche. Ma quante sono?! Ringrazio di avere un telefono con una buona fotocamera frontale così posso controllare anche zone meno accessibili.

Riesco a vedere all’ultimo un amico che studia ad Urbino, Michele. Gli avevo chiesto consigli per arrivare a casa visto che lui è Veneto. Legge il mio messaggio solo 10 minuti prima della partenza del bus. Salgo sul bus e questo comincia a sfrecciare nelle strade. Non sono abituato a questi sobbalzi… Come è facile macinare chilometri seduti comodi.

Ad una fermata salgono dei giovani un po’ troppo esuberanti. Hanno una cassa dalla quale esce musica a volume alto, stanno probabilmente andando al mare da come sono vestiti. Bevono birra e preparano qualche miscuglio da fumare. Qualche altro passeggero chiede di abbassare la musica, ma l’effetto dura poco. Scendono due fermate prima della mia ed il silenzio e la compostezza ritornano nel bus.

Scendo alla fermata della stazione. Mi metto al sole con la felpa perché all’ombra ho freddo. Seduto a terra perché non ci sono poltrone e scopro il pavimento caldo. Bello. Ah.. Che goduria. Altre due zecche. Tra tutti i graffi ed i segni rossi che ho sulle gambe non è facile distinguerle.

A casa devo farmi controllare molto bene.

In treno mi sistemo e comincio il pranzo con quanto restato da ieri sera. Più che sufficiente per una giornata come oggi. Sono sereno. Per qualche giorno non dovrò preoccuparmi di chilometri, batterie, rovi o pioggia.

Approfitto per ricaricare le batterie. Quando sono quasi a Bologna un controllore mi fa notare che sono in prima classe. Ops. Non me ne sono accorto. Scendo nel vano inferiore perché è lì che stanno i puzzolenti come me, ecco spiegato il motivo per il quale i treni puzzano un sacco. Per quelli come me.

A Bologna comincio a ritornare alla realtà del resto del mondo, sto uscendo dal mondo del Sentiero. Tre quarti d’ora e prendo il treno per Trieste.

Il treno finisce la corsa a Trieste, il sentiero finisce a Trieste. Il viaggio come l’ho condotto fino ad ora è finito. Da ora comincio un altro viaggio. Abbandono il supporto da parte di altri e cercherò la massima autonomia.

Giorno 55

Finalmente dopo 2 settimane abbondanti riesco a riprendere il sentiero. Ho avuto modo di riposare un sacco, forse anche troppo. Di mangiare, di lavarmi e fare qualche piccolo giretto in montagna.

Ci ho messo così tanto tempo perché la soluzione non era proprio immediata ed ora che sono in treno non sono molto convinto dell’unica cosa che sono riuscito a trovare. Un Powerbank che funziona con batterie stilo.

Salgo in treno e fa caldo. Non troppo, ma la temperatura è alta. Quando accendono il clima la ragazza di fronte a me ha le braccia pieno di brividi. Io che sono in canotta e pantaloncini sto bene. Ad una fermata un ragazzo sale e comincio a sentire odori non troppo gradevoli. Forse per una volta non sono io. Scende la ragazza è viene rimpiazzato da un ragazzo. Anche lui non profuma. Secondo me un pegno che devo pagare per essere stato io a far puzzare il vagone due settimane fa.

Il viaggio prosegue bene e riesco anche a chiudere gli occhi ed assaporare questi momenti che ho paura mi mancheranno. Devo fare tappa a Bologna. Uscire dal treno è come entrare in un forno. Fuori l’afa mi si presenta come un muro caldo. Ho probabilmente perso l’adattamento a queste temperature. Tutte queste impressioni mi sembrano nel limbo, nel senso che ci credo, ma allo stesso tempo mi sembrano cose campate per aria. Devo dire che è più dura ripartire ora che all’inizio del viaggio. Ho forse più preoccupazioni ora che sono quasi a metà che invece quando dovevo cominciare tutti questi km. Sono anche convinto che queste preoccupazioni siano anche piuttosto sciocche e che forse svaniranno non appena comincio a camminare. Però i chilometri sono ancora tanti e non ho trovato una vera e propria soluzione per la ricarica delle batterie. Ho comunque con me i Battery bank per sfruttare il più possibile le occasioni in cui potrò ricaricarli.

Alla stazione di Pesaro mi dirigo subito verso la biglietteria. Chiude alle 13.00 e sono le 13.50. Vado al bar a fianco e mi danno il biglietto di cui necessito. Mi spiegano che dovrò prende 3 bus diversi. Pesaro Fano, Fano Urbino e Urbino Cagli. Parte alle 14 quindi non devo aspettare molto. Mentre aspetto, in lontananza vedo un bus con la scritta Pesaro – Urbino, mi avvicino per essere più sicuro perché sembra ci sia scritto Avellino e mi sembra parecchio strano. Pesaro Urbino, chiedo per sicurezza se va ad Urbino e il conducente conferma. Risparmiato un cambio.

Questa volta il bus fa solo una fermata ed in circa 40 minuti sono ad Urbino. Ad Urbino non c’è un bus diretto e quindi sono obbligato a fare comunque i 2 cambi. Inizialmente mi hanno detto di prendere la linea 10, in realtà è la 25 che prendo. Per fortuna mi sono messo a chiedere a che ora sarebbe passato il bus proprio quando il 25 era arrivato. Così non ho perso coincidenze. A Calmazzo c’è lo scambio, altri due bus sono fermo per scambiare i passeggeri. Il conducente mi indica il bus da prendere. Salgo e una volta partito ho avuto un attimo di panico quando vedo l’indicazione Roma Fano. Poi vedo che andava a Roma lasciando alle spalle Fano.

Alle 16 esatte scendo dal bus e posso cominciare a camminare. Il caldo si fa subito sentire. Sento di sudare già dai primi passi. E se non ricordo male mi aspetta un bella salita. Come lascio il paese entro nel bosco e sono all’ombra, ma una macchia di sudore si forma sul petto. Nonostante questo ricordavo una salita più impegnativa, probabilmente perché l’anno scorso l’ho fatta a fine giornata. Salgo fino ad una sella ed incontro due ragazze. Una ha lo sguardo preoccupato. Sarà per la mia presenza? Quando sono vicino saluto tranquillamente e mi chiedono aiuto. Se riesco a dare qualche informazione riguardo il sentiero. Mi mostrano una IGM piuttosto usurata dove con un pennarello hanno evidenziato un percorso. Dovrebbero prendere un sentiero che è scende più o meno in questa zona. Tiro fuori il cellulare e controllo se sono nel punto un cui indicano. Si, sono nel punto giusto. Mi fanno vedere sulla mappa il sentiero, anche sul cellulare è indicato. Mi dicono che continuando il sentiero su cui siamo, continua a salire. Mi giro e mi pare di vederlo a 10m da noi. Dico che probabilmente è questo, sembra in buone condizioni. Purtroppo non conosco la zona è non posso aiutare più di così. Mi ringraziano.

Io prendo a salire ed è proprio da qui che il sentiero acquista pendenza. Ora sudo più di prima. Mentre salgo penso alle ragazze che non sembravano molto pratiche. Mi viene in mente che probabilmente il sentiero si collega con il sentiero Italia e che molto probabilmente si troveranno la strada sbarrata. Mi sento in colpa, ma avevano detto che in caso di difficoltà sarebbero risalite e tornate indietro per la stessa strada della andata. Io continuo senza problemi. Arrivo fino al Petrano dove l’erba alta nasconde il sentiero. Quest’anno con la luce lo individuo, cosa che l’anno scorso di notte non sono riuscito a fare. Scendo verso una vecchia costruzione che l’anno scorso mi ha fornito riparo per la notte e poi prendo una valle che scende decisa in direzione di Moria. In alcun tratti la pendenza mi mette alla prova. Comunque arrivo alla strada asfaltata dove dopo 500m dovrei continuare a scendere sul fondovalle. Imbocco il sentieroe le ottiche cominciano a pungere, poco dopo appaiono i rovi. Senza pensarci troppo ritorno sulla asfaltata e anche se allungo continuo li. Mi è bastato l’anno scorso il passaggio in questo tratto. Molte ginestre permettono di profumare l’aria è se non fosse per i grilli e gli uccelli ci sarebbe un silenzio surreale. Proprio mentre penso questo dei cani che non avevo visto dietro una recinzione cominciano ad abbaiare e mi fanno sobbalzare.

Sono già senza acqua dopo 3 ore di cammino ed ho pure sete. Chiedo a Moria se c’è una fontana, la risposta è negativa, ma ricordo che scendendo sempre restando sul sentiero che è comunque la strada principale, si incontra una fonte. Da qui dovrei proseguire nel bosco, ma non c’è la minima traccia di un passaggio. Perciò riprendo tranquillamente su asfalto. Guardo il paese Pian di Polea mentre scendo e vengo colpito da malinconia. Non so di preciso a cosa sia dovuta. Probabilmente complice è la nostalgia di casa. Mi sto rendendo conto di quanti sacrifici ho accettato di affrontare ancora una volta. Si perché quando stavo ritornando verso casa ho resettato il cervello e per le due settimane di “vacanza” ero appunto in vacanza e cercavo di non pensare al sentiero. Ora che sono qui che sto camminando, è come se avessi dovuto decidere, trovare la forza di ripartire. E le preoccupazioni sono proprio per questo. So comunque che i tratti meno curati finiranno a breve. I rovi non mi daranno più fastidio per un bel po’ di chilometri. Devo cominciare la GEA (Grande Escursione Appenninica) che si snoda tra Toscana ed Emilia. Circa 50 chilometri mi separano da questo scoglio mentale e per certi aspetti fisico.

Lungo la strada qualche ciliegio mostra i frutti, ma o sono difficili da raggiungere o sono già passati.

Scendo fino ad incontrare di nuovo i cartelli e poi prendo per un sentiero in costa ben tenuto e pulito da poco. Il sentiero mi porta a Pianello, un paesino che sfioro soltanto purtroppo. A vederlo dai margini sembra molto interessante viste le case di pietra.

Proseguo su strada fino a prendere il sentiero che sale a Cerreto, in paese non c’è anima viva. Solo due macchine parcheggiate vicino a delle case, ma con finestre e porte chiuse. Mi fermo ad una fontana per altra acqua e per sciacquare velocemente viso e braccia, sono completamente sudato ed appiccicoso.

Anche il paese lo attraverso velocemente e trovo subito l’imbocco, che questa volta è pulito e non presenta ortiche. Seguo il sentiero verso Pieia, sale e scende, più sale ancora e poi di nuovo scende. Comunque è facilmente percorribile. Ho deciso di passare la notte in paese e trovarmi un riparo perché potrebbe piovere stanotte visto che il meteo aveva messo pioggia nel pomeriggio, ma non è arrivata. Sono le 21 e nel bosco c’è ancora sufficiente luce per proseguire, una cosa fantastica. Essendo vicino al solstizio è meglio approfittare delle giornate più lunghe.

Al paese vado subito alla fontana per riempire la borraccia e a sciacquarmi ancora. Dovrei fare la doccia in realtà, ma non è il caso prenderei troppo freddo non avendo nulla con cui asciugarmi.

Comunque individuo subito una cappelletta, è aperta, ha le porte spalancate. Posto per me c’è ne è così decido sarà il mio giaciglio per la notte. Le gambe sono stanche nonostante non abbia fatto molti km, ma 24 evidentemente sono abbastanza dopo una pausa così lunga.

Il pavimento è caldo ed anche dentro la temperatura non è bassa, ma meglio chiudere la porta per la notte per non essere visto ed evitare di essere disturbato.

Comincio a mangiare il pane e poi apro un barattolo di ceci. Dopo pochi bocconi non ho più fame. Una cosa abbastanza strana perché oggi ho mangiato solo 200g di biscotti secchi a pranzo mentre ero in treno. Non ho toccato altro. Solo bevuto.

Beh, domani arriverà l’appetito.

Facendo i conti per il prossimo punto di appoggio mi accorgo di avere qualche problema. Sembra che il prossimo alimentari che incontrerò sarà tra 85km, una giornata ed una mattinata circa.  Ed io sono coperto fino a domani sera, poi più nulla. Dovrò stare attento con il cibo oppure scendere a valle se non trovo nulla.

Mentre sto cenando un uomo di accorge di me e viene a curiosare. Mi chiede chi sono, e rispondo di essere un viandante. Mi saluta, fa gli auguri e se ne va.

Giorno 56

Mi sveglio diverse volte ed è già abbastanza chiaro fuori, ma sono certo sia molto presto. Decido di dormire ancora.

Quando il sole è sorto mi sveglio e mi alzo. Sono solo le 6.30. Resterei qui ancora un ora. Mi trovo anche una zecca addosso, abbastanza grande e visibile. Alle 6.45 si parte. Fuori dalla chiesetta è fresco e qualche brivido mi viene, sembra non abbia piovuto.

La salita comincia subito con una forte pendenza su zona detritica e sento di cominciare a sudare. Poi il sentiero sale più tranquillo. Più avanti ritorna ad essere insidioso, la salita mi fa sudare e grazie all’esperienza dell’anno scorso evito di sbagliare strada. Verso le 8.10 sono in cima al Nerone. Se il meteo fosse favorevole riuscirei a vedere i monti vicino casa, ma sulla distanza c’è una forte foschia. Il leggero vento che c’è qui mi rinfresca molto, non perché sia fresco, ma perché sono completamente sudato. Da qui verso Nord non vedo grandi monti, sembra tutto piuttosto basso di quota è ricordo di aver percorso grandi tratti di bosco fino a metà circa della GEA, dove poi la quota media si alza e si guadagna in bellezza e panorama. Ho già finito un litro di acqua ed ho sete. Scendendo guardo i monti avanti sul percorso è sono colto da malinconia e misto angoscia. Come me ne accorgo ne dimentico il motivo, ma la sensazione rimane.

Nel bosco trovo ancora Aglio Orsino, ma le foglie ed i fiori sono bruciati. La discesa è agevole e nel bosco ritrovo temperature gradevoli. Nonostante questo sento le gambe provate dalla giornata di ieri. Una volta a Pian di Trebbio riempio la borraccia ed azzardo a non fermarmi e fare la spesa. Dopo il paese ricomincia in salita e ricomincio anche a sudare abbondantemente. Il colore della pipi é giallo intenso, devo bere di più!

Le felci sono rigogliose e in alcuni punti superano il 1,80m di altezza. Comincio ad incontrare anche lamponi e more, ma stanno proprio ora cominciando a fiorire. Ad Acquapartita incontro il sentiero 00 (zerozero) che da ora grossomodo mi accompagnerà fino alla Liguria. Il primo tratto è misto strada e sentiero. Segue più o meno il crinale che fa da spartiacque tra il mare Adriatico ed il Tirreno. Non ci sono grosse salite e discese, ma nonostante questo fa molto caldo e sudo, sudo anche sulle braccia e le gambe. Il sudore tra le gambe le rende leggermente più rigide ed infatti comincio a sentire un leggero fastidio dove si toccano perché sta andando via il primo strato di pelle. Alle 10.30 ho già appetito ma voglio attendere mezzogiorno. Continuo a camminare ed il paesaggio è piuttosto monotono, non ci sono grossi cambiamenti nella visuale nonostante mi sposti anche di qualche chilometro. Inoltre sto cercando di risparmiare il più possibile la batteria del telefono per avere più autonomia nei prossimi giorni. A mezzogiorno mi fermo sotto un albero per pranzare. Comincio con il Nesquik per dare la possibilità agli zuccheri di arrivare subito alle gambe visto che le sento fiacche. Dopo pane e fagioli naturalmente. Non ho più molta acqua con me e a ricordi non ne troverò lungo il Sentiero per altri 40km, decisamente non bene con questo caldo. La pipi intanto è ritornata chiara.

Arrivato a Bocca Seriola ricordo di un rifugio dove l’anno scorso ho passato la notte, ma purtroppo una volta lì scopro essere chiuso. Ho finito l’acqua confidando di trovarlo aperto. Fortuna vuole che in uno stabile adiacente leggo la scritta “Open for Pilgrims”, aperto per il pellegrini ed un numero da chiamare. Provo ad aprire. Si, è aperto. Entro ed il locale è molto accogliente rispetto i miei standard di viaggio. Vado direttamente al bagno sperando di trovare acqua. Accendo la luce e quindi c’è corrente. Apro il rubinetto e subito sento l’acqua fluire. È pure fresca. Bevo abbondantemente e riempio.

Una volta ripartito mi viene in mente che avrei potuto approfittare per farmi una doccia, ma avrei lasciato tutto bagnato e poi avrei ricominciato a sudare da subito. Il sentiero continua tra saliscendi senza variare la quota è così riesco ad andare spedito.

Penso presuntuosamente che l’acqua potrà bastare fino a domani, scoprirò che non è così. Poco dopo comincia un temporale lontano da me, ma comunque qualche goccia arriva anche qui. Non mi corpo perché fa talmente caldo che non mi bagno. Inoltre la pioggerellina dura anche poco, tanto che per terra non si vede nemmeno traccia della pioggia. Il temporale però continua e dopo aver smesso riprende un po’ più seriamente fino a quando decido di indossare il giubbotto, solo quello perché con i pantaloni rischio di sudare. Apro tutte le zip per permettere la massima aerazione. Fa ancora caldo e dentro mi sento un po’ umido. Piano piano la temperatura cala e per fortuna non ci sono grossi dislivelli a farmi scaldare. Incontro un tratto di erba alta e e le gambe si rinfrescano piacevolmente.

Questo inoltre sarà come una doccia alle gambe così questa sera non le sentirò appiccicare. Purtroppo la zona ormai resa sensibile dallo strofinare delle cosce comincia a pizzicare, appena si asciuga passa. Un altro inconveniente riguarda le scarpe che sono zuppe dopo soli pochi metri, ma domani sarà un altra giornata calda, perciò risolverò facilmente. Alterno tratti con il cappuccio quando piove più forte a tratti in cui lo tolgo per il caldo. Il terreno caldo fa evaporare in fretta la pioggia e crea una situazione mistica, il bosco nella nebbia. Non resisto e prima di arrivare a Bocca Trabaria, la fine delle Marche finisco l’acqua a mia disposizione. Quando arrivo al valico vedo un camioncino parcheggiato, forse ha dell’acqua con se. Sono le 17.40 e così finisco anche questa regione.

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