Molise 2017

Giorno 42

Alle 14.20 entro in Molise.

Mi concedo uno spuntino per festeggiare. Ero convinto di avere con me ancora della cioccolata, ma l’ho finita ieri sera. Pane ed arachidi allora.

Il cielo ancora brontola e non smette di essere grigio. Faccio in fretta prima che ricominci a piovere. Riprendo e non c’è la minima traccia di segnavia. Invento il sentiero io cercando di seguire la mappa, non seguo la traccia perché l’anno scorso mi ha portato in una discesa troppo improbabile per essere Sentiero Italia.

Seguo le tracce dei pascoli e mi collego ad un altro sentiero che scende verso Campitello Matese. Nemmeno qui segnavia, solo qualche omino ogni tanto. A valle seguo la strada fino agli impianti, mi fermo per togliere le scarpe. Sono zuppe, così strizzo i calzini e le solette sperando di non trovare molta erba alta e riempirle ancora di acqua. Salgo verso la pista è c’è un segnavia, finalmente. La pista però subito si biforca, e dalla immagine satellitare si ricollegano subito dopo. Scelgo la direzione opposta alla traccia del CAI. E ci azzecco. Poi riprendo a seguire fino all’inizio del bosco. Quest’anno vedo i segnavia e li segno nel bosco. Comincia subito con rami grossi caduti sul sentiero. Non c’è una traccia unica e devo stare molto attento nel seguire i segnavia. Ci sono segnavia di diverso tipo, anche se tutti vanno nella stessa direzione. Sotto le pareti a strapiombo a Nord del monte Miletto c’è della neve. Yeah, anche in Molise trovo la neve!

Mi vengono ricordi dell’anno scorso, sia del passaggio in questo tratto, ma anche di quando ero in Lombardia nella zona subito dopo Como, le quote non erano molto alte e durante le giornate pioveva spesso o comunque era coperto. Piano piano mi sto avvicinando alla cresta. Tengo sotto controllo il cielo perché non vorrei cominciasse a tuonare proprio quando mi trovo li.

La cresta anche qui non è per niente facile ed immediata. Ho come l’impressione che ci siano i segnavia solo per il senso opposto alla mia percorrenza. In realtà non è così perché appena li passo noto che ci sono anche per il mio senso.

Un tratto non prorio alla portata di tutti. Intanto riprende a piovere. Le rocce sono scivolose ed ho paura di farmi male. Quando raggiungo il bosco, compaiono come per magia dei segnavia più recenti, dai colori brillanti. Non sempre sono così facili da individuare e mi aiuto con la traccia dell’anno scorso. Nelle radure invece è un terno al lotto prendere la direzione giusta.

A 1140 metri i segnavia spariscono di colpo.

Seguo la traccia lungo un tratturo, che probabilmente è recente ed è stato rovinato o hanno tolto i segnavia, comunque proseguendo incontro ancora un segnavia. Quello dopo è nascosto, penso ne manchi uno. Il tratto lo ricordavo più chiuso dalle piante, ora è facile e libero. Passo in fretta. Rosaspina e rovi sono in agguato proprio sul sentiero, alcuni li evito, altri li sposto con i bastoncini per non bucare la giacca o i pantaloni impermeabili. Qualche sasso qua e là che evito abbastanza facilmente ed arrivo alla strada asfaltata.

I segnavia spariscono di nuovo. L’anno scorso ho svoltato subito a sinistra su un altro tratturo, quest’anno provo a seguire la traccia. Vado avanti quel centinaio di metri verso la traccia e non vedo strada, tratturo o sentiero perciò ritorno a percorrere il tratturo dell’anno scorso, che non si discosta molto dalla traccia. Mentre lo percorro vedo un segnavia poco più in basso. Sembra molto recente. Scendo per vedere se c’è ne sono altri. Ne trovo tre vicini, ma finiscono in un prato e non ne vedo altri.

Non ho molta voglia di perdere tempo e poi, potrebbe trattarsi di un altro sentiero.

Nei pressi di una casetta incontro la traccia che arriva da un mare di rovi e vedo due segnavia su un palo, sono vecchi. Mi fanno sperare di essere sulla strada giusta.

Grazie alla mappa satellitare trovo una variante alla traccia che l’anno scorso mi ha portato nei guai.

Vedo un segnavia ad un bivio che mi indica la direzione in cui sto andando. Arrivato alla strada che volevo prendere, c’è una recinzione e di là comunque niente strada. Torno al segnavia perché era vicino ad un bivio. Provo a prendere l’altra strada, quella che non ho ancora percorso, e mi trovo di fronte un cancello, dovrebbe portare a delle case che ho visto lungo la strada. Ma poco prima vedo un segnavia che scende a destra. Ecco il sentiero! Abbastanza veloce mi porta fino a valle. Ma deve esserci una gran confusione di sentieri lassù perché il segnavia sotto il tratturo era nuovissimo, quei due sul palo vecchi e gli ultimi avevano una tonalità di rosso diverso. A fine sentiero, un cartello del Sentiero Italia. Almeno l’ultimo pezzo è giusto.

Sono le 18.30, vado subito all’alimentari. La porta è chiusa perché fuori non c’è bel tempo.

Prendo colazione e cena, in più due mele e due arance. Ho i piedi lessi ed ancora a mollo. Faccio due conti per vedere se faccio in tempo per la tappa successiva. 15 chilometri mi dice. Sono troppi, finirei al buio.

Il mio problema è passare la notte tranquillo e non sotto la pioggia. Sono un po’ in ritardo con la tabella di marcia, non so se riuscirò ad arrivare entro il 20 a L’Aquila. Mi scoccia fermarmi, ma forse mi scoccia di più passare la notte in bianco.

Salendo per arrivare al alimentari avevo individuato già un posto, ma provo a proseguire lungo il sentiero sperando di trovare qualcosa. Fermo la traccia in piazza e torno indietro nel posto dove ho la possibilità di ripararmi la notte. Una costruzione non ultimata.

Faccio bene a fermarmi perché mente ceno, continua a piovere.

Giorno 43

La notte non ha piovuto, ma almeno ho dormito tranquillo.

Alle 5 sono già in marcia. Le luci sono sufficienti per farmi procedere senza torcia. Appena fuori dal paese comincia il sentiero, ci sono pietre e l’erba è ancora bagnata. Il sentiero si immette in una strada di campagna dove l’erba è alta ed i piedi ritornano zuppi. I segnavia lasciano a desiderare. Sono insufficienti. Incrocio una strada bianca di collegamento per alcune case di pastori.

Trovo un cartello del Sentiero Italia per terra, proprio dove devo cambiare direzione, solo che quello che una volta era una strada, è chiusa tra peri e rovi, qui davvero non ci passo. Ne resto a fianco. L’erba è alta e cammino a passi alti perché potrebbero esserci rocce che mi potrebbero far cadere o slogare la caviglia. Non vado veloce. Qualche segnavia conferma che il sentiero passa proprio dove la vegetazione è più folta o dove ci sono ostacoli. Continua così fino al colle, poi incontro un altra strada di campagna. Spariscono i segnavia, mi affido alla traccia, la seguo e lei segue tracce di pascoli, ma scopro essere sbagliata perché è molto più bassa del sentiero, questo perché vedo un segnavia sopra di me su una roccia. Riprendo ed il procedere è incerto per via dei molti scavi nel terreno da parte dei pascoli. I segnavia spariscono ancora. La traccia sale su in colle, io seguo la strada. La strada prende un altra direzione e cerco di raggiungere la traccia e quando lo faccio trovo una vecchia stradina ormai sentiero e pure i segnavia. La prima volta che la traccia aveva ragione ed io torto. Probabilmente chi ha fatto questa traccia, l’ha fatta molto tempo fa quando era più visibile e distinta.

Nemmeno a dirlo e la traccia prende una direzione sbagliata. Vedo dei segnavia lontani su un palo. In realtà non sono sicuro siano segnavia. Mi avvicino ed è proprio così. Li seguo fino ad imboccare la strada. Mi accorgo che il telefono non si carica, mi fermo per controllare e cercare di capire il problema.

Stacco e riattacco il cavo alla batteria e riprende. Per fortuna. Senza il telefono è quasi come se fossi senza gambe. Il telefono mi serve come navigatore, mappa, tracciati, chiamate di sicurezza, per sentire i cari ed ultimo per gli aggiornamenti sui social. Approfitto per asciugare un po’ le scarpe. Mi pare che per un pezzetto resto su strada: spero si asciughino. È ancora presto, sono le 8 e il sole non ha ancora il potere di far evaporare la pioggia.

Ancora problemi nel ricaricare: non è un buon segno. Scendo per la Via Crucis che mi porta al santuario dell’Addolorata di Castelpetroso. Le stazioni sono fatte da capitelli con raffigurazioni dipinte, ma quello che colpisce, sono le statue a dimensione reale. Sono fatte davvero bene e piene di dettagli. Apprezzo anche la chiesa. Mi dirigo verso Pettoranello del Molise tramite tratturo, ed anche qui la traccia non è precisa. Il sentiero schiva Pettoranello per andare verso Pesche. Qui la traccia si infila in alcuni tratti completamente chiusi tra la vegetazione, li evito passando per la strada asfaltata. Per il tratto appena prima di Pesche mi hanno mandato una mappa, di cui potrei fidarmi perché sembra abbastanza vecchia. Purtroppo mancano i segnavia, ma si tratta di asfalto. Nella parte bassa del paese mi fermo in un panificio-biscottificio per comperare il pranzo. Non hanno molto altro dentro, ma i fagioli ci sono. La ragazza dietro il bancone è curiosa di sapere la mia storia, oltre a dei biscotti che mi sono preso per conto mio, me ne regala due al vino. Ora vorrei pure io sentire la sua storia: non capitano spesso occasioni del genere.

Esco senza fare domande, e comincio a salire verso il paese vecchio. Il paese che ho visitato più bello del Molise. Peccato sia disabitato. Mi fermo in una piazza per terra per mangiare, sono da poco passate le 11. Metto ad asciugare scarpe e calzini, qualcuno passa e saluto. Quando ho finito la pappa un ragazzo del paese che stava lavorando li vicino mi chiede cosa faccio e dove vado. Mi vuole pure regalare i suoi bastoncini, che lui non usa.

Il paese è davvero bello. Case in pietra, non una in linea con l’altra. Costruite su piani diversi e le stradine strette e tortuose. La maggior parte abbandonate o in vendita. In qualche finestra si vede qualche decorazione e qualche vestito messo ad asciugare. Tutto attorno solo il rumore dei miei bastoncini contro il pavimento in pietra. In cima al paese riprende il sentiero. Trovo una segnaletica diversa.

Bianco rosso ma con scritto STI. Dall’anno scorso so che significa Sentiero Trekking Italia.

La segnaletica sparisce al bivio facendomi pensare di aver sbagliato strada, ma la guida mi porta di qui. Sono troppo avanti, non torno indietro per recuperare. Arrivo al Rifugio Fonte Maiuri, niente segnaletica ancora. C’è una sola strada, quella da cui sono arrivato che continua a salire verso Est,  e non è la direzione che devo prendere. Dietro il rifugio ci sono i bagni ed a fianco ci passa una strada. Devo saltare giù perché si trova più in basso rispetto al piano dei bagni, ma nemmeno qui segnavia. Proseguo fino ad un bivio dove ricompare un segnavia, ecco da dove sarei dovuto sbucare.

Continuo a salire piano fino alla Cappella Santa Lucia, dove c’è molto vento, tanto da riuscire a sbilanciarmi. Scendo un po’ e dalla strada prendo un sentiero detritico. La scelta naturale sarebbe quella di scendere e seguirlo a fianco strada fino a valle, già l’anno scorso avevo commesso questo errore, quest’anno mi tengo più alto e trovo il sentiero. Purtroppo non c’è segnaletica sufficiente. Salgo fino ad una sella con qualche problema di rotta dove dovrei voltare per Pescolanciano, ma dato che la segnaletica mi fa scendere a Carovilli e so che il tratto è facilmente percorribile, sono un po’ stretto con i tempi per l’Aquila e soprattutto non c’è segnaletica che mi indichi la via per Pescolanciano, senza contare che non so in che condizioni si trovi il sentiero, quindi proseguo seguendo la segnaletica.

Comunque qualcuno del CAI mi ha avvisato, scusandosi tra l’altro per le condizioni che incontrerò tra Pescolanciano – Carovilli – San Pietro Avellana. Senza grossi ripensamenti proseguo seguendo la segnaletica STI perché quella CAI è assente. Mi porta in mezzo a dei campi, dove ci vuole buon occhio per individuare alcuni segnavia. Purtroppo finisco in una zona molto umida e bagno le scarpe, sulla strada trovo un percorso molto fangoso dove mi si forma un gran tacco sulle scarpe. Le scarpe sono pesanti con tutto il fango che hanno addosso, e dopo essermene liberato, arriva altro fango. Aspetto a toglierlo fino alla strada asfaltata. Mi siedo sulla strada, mi libero dal fango e dall’acqua dentro le scarpe.

Controllo la percorrenza e mi accorgo di essere troppo giusto con gli orari per l’alimentari di San Pietro Avellana. In leggera discesa comincio a correre perché a Carovilli ci arriverò prima dell’apertura. Riesco a trovare il sentiero che l’anno scorso ho mancato a favore della strada. Ora tutto asfalto fino al paese. Il sentiero passerebbe ad est del monte appena a Sud di Carovilli. Ci trovo solo rovi, erbacce e rosaspina a creare un muro come per nascondere il passaggio, se non avessi saputo grazie alla mappa, avrei detto di non aver visto nessun sentiero. Naturalmente la segnaletica non è presente.

A Carovilli arrivo verso le 14, l’alimentari è chiuso e riempio solo la borraccia nella fontana in piazza. Qualcuno sta andando a messa, probabilmente un funerale. Tutti con il giubbotto ed io in canotta. Dopo Carovilli posso seguire il Sentiero Italia di nuovo, un cartello sulla strada mi indica la via. Ci sono pure segnavia che mi fanno salire nel bosco. Vecchi ma ci sono. Raggiunta la quota mi immenso su una strada che a mezza costa attraversa tutto il monte con qualche balconata verso valle. Alla fine del traverso la strada scende a valle e seguo una pista su prato, evidente inizialmente, ma man mano sempre più nascosta. Altri cartelli ad indicare la via, ma sono in direzione sbagliata e qualcuno ha cercato di piegarli per indicare meglio la via. La traccia sparisce e proseguo più o meno verso dove devo andare.

Incontro il tratturo Celano-Foggia. Un volta era molto largo, ora quando va bene è poco più di una strada sterrata. Ricordo di aver avuto qualche problema in questo lungo tratto in falso piano. La vegetazione finiva sulla via. Inizialmente è facilmente percorribile, ma a parte il piano di calpestio è un terreno sconnesso e trovo anche qualche buca nascosta sotto l’erba.

Ieri ha piovuto ed il terreno è molto umido ed ancora ogni tanto mi si forma il tacco. Vedo alcune impronte di scoiattolo, cinghiale e forse capriolo. Vedo anche impronte di canide. Essendo vicino al parco della Majella mi piace pesare che siano di lupo. Anche delle frane ci si mettono nel complicare le cose. Il terreno non è in forte pendenza, ma è argilloso e cede facilmente. A metà del tratturo la vegetazione è più folta e qualche graffio non me lo toglie nessuno. Verso la fine trovo diverse pozze d’acqua e faccio di tutto per evitare di bagnarmi le scarpe, ho ancora i piedi umidi e vorrei asciugarli presto perché a lungo andare si rovinano internamente le scarpe. La pelle che era molto dura per i tanti km percorsi, si ammorbidisce e si stacca come piccole scaglie. Lo stesso per i calli. I calli forse non mi servono più ora con le scarpe nuove.

Ho l’impressione di essere in via di guarigione, ma lo scoprirò tra qualche giorno. Raggiungo il Bosco del Monte di Mezzo e mi dirigo verso la caserma, qui i sentieri sono curati, alla caserma mi dirigo dritto verso il tratturo ancora. Questa zona è più libera dalla vegetazione, restano comunque le pozze di acqua e fango. Raggiungo la strada asfaltata, l’attraverso e ritorno nel tratturo. Le condizioni peggiorano sempre più, bagno un po’ le scarpe ahimè.

Un altra volta su asfalto e mi prendo una pausa per asciugare le scarpe ed uno spuntino. Sono stato abbastanza veloce per permettermi di rallentare. Come riprendo finisco nell’acqua fino a metà stinco. Ore e ore a cercar di non bagnarsi, difficoltà per evitare buche e pozze ed ora alle 18.30 mi trovo di nuovo da capo. Ormai nelle pozze taglio dritto. So che tra un km comincerà l’asfalto fino al paese. Così è e mi fermo su un muretto per asciugare ancora le scarpe. Il fango è molto appiccicoso e non si leva facilmente. Si asciugherà e andrà via da solo. Al paese faccio la spesa con calma, l’alimentari è abbastanza grande ed è caldo dentro. Racconto la mia storia al negoziante e riprendo verso l’Abruzzo. Purtroppo ritorno sul tratturo evito il più possibile le pozze, ma non riesco ad evitare il fango. Ancora una volta impronte di lupo e capriolo. Ne vedo pure uno è lo sento abbaiare (il capriolo)

Non avrei mai detto che sarei riuscito a raggiungere l’Abruzzo proprio questa sera. Non sono nemmeno troppo stanco.

Una foto al cartello di confine, una al tramonto e proseguo per trovarmi un posto dove passare la notte.

 

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