Friuli Venezia Giulia 2017

Giorno 106

Eccomi finalmente. Centosei giorni, 5800km e 400000 metri di dislivello positivo ed altrettanto negativi per raggiungere il Friuli. L’ultima regione di questo sentiero.

Comincio a salire verso il Rifugio Calvi. Un primo tratto asfaltato è poi una strada bianca. Il piede mi tormenta per la presenza di sassi. Un gruppo di escursionisti scende e non sono l’unico con dolori fisici. Comunque vado molto meglio della signora con il ginocchio dolorante. Comincio ad avere fame, ma è ancora lunga prima della cena. Lascio la strada per proseguire su un sentiero è ripido e pieno di sassi ed ostacoli. Dal Rifugio fino alla forcella cambia decisamente il registro. La forcella è il confine di regione, così una volta valicato, sono finalmente ed ufficialmente in Friuli Venezia Giulia. Comincio la discesa mettendomi la felpa, purtroppo non è un bel sentiero fluido. Non voglio resistere al appetito, e così comincio a cenare in discesa. Proseguo meglio quando raggiungo una carrabile ed arrivo alla Casera Fleons di Sotto. Prendo acqua per la notte e continuo con un traverso fino alla Casera Sissanis di Sotto. Finalmente un piccolo bosco di Pino Nero dove posso proseguire sereno e non pensare a dove metto i piedi. Ultima salitina di 20m e sono alla casera. C’è una casa lì a fianco, ci sono delle persone. Per evitare problemi chiedo se posso passare la notte nella casera soprattutto perché c’è un cane legato davanti alla porta.

Mi mostrano l’interno che stanno utilizzando come deposito attrezzi anche se non è di loro proprietà. Spostano il cane così da permettermi di uscire domani mattina presto senza svegliarli o essere disturbato dal cane.

Il tipo che mi ha portato in questa visita guidata, mi dice che dovrebbero un po’ sistemare e che quest’anno sono il primo che si ferma. Mi fa sorridere la cosa… Sono il primo disperato che si ferma in questo posto.

Dentro c’è una buona temperatura, mi sistemo in una brandina con il materasso, finisco la cena e mi metto a dormire. Sveglia presto domani.

Giorno 107

Ho dormito in parte fiori dal sacco a pelo, c’è stata una temperatura gradevole durante la notte. Fuori è più caldo degli ultimi due giorni, ed è pure meno umido. Non metto la giacca. Alle 4 comincio a marciare per poter arrivare al sentiero Spinotti, un tratto attrezzato, alle prime luci così da evitare eventuali ingorghi o passaggi difficili per la presenza di altri escursionisti. Comincio a salire verso il lago Pera, un leggero venticello mi rinfresca ma non è sufficiente. Tengo comunque la felpa perché dopo il lago proseguirò in falso piano e mi raffredderò. Infatti è così. Passata la Creta di Bordaglia, mi avvicino al Passo Giramondo dove incontro un piccolo avvallamento dove c’è una sacca d’aria fredda. Appena finisce, cambiano di nuovo le temperature. Scendo vero il Wolayers Alm lungo un sentiero per nulla buono però offre ottimi scorci sul Coglians ed altri monti austriaci. Dalla Malga riprendo a salire fino al lago, seguo una carrareccia e poi ancora sentiero ed anche questo stretto e poco fluido. Non mi fermo al lago se non per un breve video. Lo percorro lungo la riva ovest fino al Passo Volaia dove ritorno in Italia. Vedo degli escursionisti da lontano, saranno una dozzina e molti di loro hanno il casco. Sicuramente stanno per salire lungo il sentiero Spinotti. Devo arrivare prima di loro per evitare ingorghi o rallentamenti. Scendo in fretta, li trovo fermi alla fontana dopo il rifugio, anche io recupero l’acqua e poi riparto. Superati. All’attacco trovo due ragazzi, ma si stanno mettendo imbrago e quant’altro. Io tolgo solo la felpa perché farà presto caldo e preparo i guanti per evitare abrasioni.

Salutato Federico e sul padre, preparo lo zaino in maniera da disturbare il meno possibile i ragazzi. Mi sistemo nel letto sotto e loro al primo piano. Il vento ha ricominciato a soffiare. Loro parlano a bassa voce ed il piano piano mi faccio cullare dal calore del sacco a pelo.

Verso le 23 sento muoversi la porta, ma sono in dormiveglia e credo di non aver visto realmente la luce sotto la fuga. Un minuto dopo è me ho la certezza. Vado ad aprire. Mi si para davanti un ragazzo giovane in pantaloncini corti e vestito casual. Mi dice che sono in 7. Chiedo anche a loro se hanno intenzione di fare festa o stare svegli fino a tardi. La risposta è molto strana. “Non lo so”. Dico subito che noi tre vogliamo dormire, se vogliono il riparo possono entrare ma devono fare silenzio, altrimenti c’è la spaziosa stalla dove mettersi. Il ragazzo è indeciso e sta aspettando gli altri. Io entro e torno a letto.

Giorno 108

Alle 3.30 vengo svegliato da un temporale, 4-5 minuti dopo alcuni ragazzi entrano per trovare riparo. Ci mettono un po’ a sistemarsi.

Prendo sonno, e proprio alle 4.15 quando dovrebbe suonare la sveglia di nuovo vengo svegliato da un altro temporale. Potrei restare qui anche oggi, ma arrivare fino a Camporosso domani, dove c’è il prossimo alimentari sarà molto difficile.

Mi rimetto a dormire. Alle 6 mi sveglio risposato, non piove più. Vado a vedere fuori com’è. È coperto ma sembra poter tenere. Mi preparo cercando di fare meno rumore possibile. I due arrampicatori si sono svegliati, e prima di uscire li saluto.

Comincio a scendere seguendo la strada, quando arrivo alla Casera Pramosio Bassa, comincia a piovere. Di sicuro il meteo ha sbagliato le previsioni, ma io ho sbagliato a partire? Metto i pantaloni impermeabili e tolgo la felpa perché comincerò a salire. Non piove molto e nemmeno a lungo. Quando ho passato la sella Cercevesa ha smesso.

Scendo per un tratto poi ricomincio a salire fino alla Sella di Creta Rossa. Il sentiero oggi è migliorato ed il piede sinistro sembra stare meglio,forse grazie alla pausa di ieri. Scendo fino ad arrivare al Rifugio Fabiani non ci sono indicazioni per dove proseguire, provo alcune tracce ma non mi sembrano corrette. Poi dal rifugio che purtroppo è chiuso quindi non posso chiedere informazioni, proseguo verso valle lungo il sentiero più marcato, manco un bivio perché non è segnato e quanto incontro una carrabile recupero. Da quest’altra parte c’è il cartello. Continuo a salire fino alla Casera Lodinut Alta e anche qui per proseguire mancano i segnavia. Provo a continuare nella direzione e da lontano vedo dei segnavia, mi ci dirigo e ritorno sul sentiero giusto. Non è bellissimo qui, il piano di calpestio è costantemente scosceso e scivolare mi porterebbe a rischiare facilmente di finire verso valle. Salgo fino ad una zona paludosa a nord della Cima Val di Puartis ed il sentiero di perde tra le tantissime zolle d’erba e le tracce di passaggio del bestiame.

Un po’ distante vedo dei segnavia e li raggiungo e continuo a seguirli ma sul terreno non c’è più nessun tipo di traccia, perdo di nuovo io sentiero quando valico la sella. Guardo a valle e spostati da me altri segnavia, sono su una cresta erbosa molto pendente sia da un lato che dall’alto. Scivolo senza farmi male, poi raggiungo più in fretta possibile i segnavia. Il cielo sta cominciando a brontolare, mi giro e vedo nuvole blu scuro verso sud. Subito dopo il percorso migliora, poi raggiungo una forestale e posso proseguire tranquillamente in discesa. Ricomincio a salire quando incontro una strada asfaltata che mi porta al passo del Cason di Lanza. Lungo il tragitto smette di piovere però i guanti si sono bagnati e dentro ormai sono umidi. Al Passo trovo una mappa che mi indica per in breve tratto il sentiero da prendere. Prendo una carrareccia che mi porta verso la Creta D’Aip nei pressi della quale c’è un bivacco. Dove vorrei passare il resto della giornata per evitare la pioggia. Presto la strada la devo lasciare per un sentiero che accorcia il tragitto, ma il tratto non si presenta molto bene. Riprendo la strada per un altro pezzo fino a quando devo riprendere un sentiero.

Sale ripido su sassi e sfasciumi in cui le piante bagnate invadono lo spazio a disposizione continuando a bagnare il giubbotto e pantaloni impermeabili. Salendo a gradoni mi scaldo facilmente ed una volta arrivato all’inizio di un traverso, mi fermo prima perché è ormai l’una ed ho fame e secondo per togliere la giacca perché sono sudato. Apro la felpa per areare ed asciugare il più possibile il sudore. Riprendo su calcare fino alla Sella D’Aip, il bivacco è lì che mi aspetta, ma sfido la sorte. Partire da qui domani mattina o meglio ancora questa notte è troppo impegnativo e rischioso. Quasi sicuramente non c’è la farei ad arrivare entro mezzogiorno a Camporosso così provo ad andare più avanti che posso. Il sentiero che scende non è il massimo, pietre granitiche e calcare invadono il sentiero, e qui mi accorgo che il piede sta ancora bene o comunque è in condizioni migliori rispetto a ieri. Sono in Austria da quando ho cominciato a scendere ed i cartelli sono diversi rispetto a quelli italiani, ricordano quelli svizzeri. Incontro una carrareccia e la seguo quasi sempre fino al Passo Pramollo.

C’è un ristorante chiuso dove c’è una buona tettoia dove potrei sistemarmi, ma è troppo vicina alla strada e poi è ancora presto. Il tempo di pensarlo e comincia a piovere. Rimettere i guanti bagnati non è che mi piaccia molto, per fortuna smette quasi subito. Dopo poco più di un km, nei pressi di un ristorantino aperto dove mi sarei fermato volentieri a gustare qualcosa di tipico, mi immetto di nuovo in un sentiero. 250m di salita che nemmeno mi accorgo di fare. A metà però mi devo fermare per rimettere la giacca perché ha ricominciato ancora a piovere. Dopo la sella comincio una lunga discesa abbastanza tranquilla, ci sono sassi a disturbare ma riesco ad evitarli con facilità, in più il terreno è reso morbido perché umido. Poi ancora una carrabile che si snoda nel bosco, purtroppo non vedo più molto del paesaggio perché le nuvole coprono tutto. Riprendo a salire e le gambe sembrano avere ancora molta energia, la salita è facile, il Sentiero è largo e la pendenza è poca, si sale circa 100m ogni km. Sta per riprendere a piovere quando comincio a scendere verso Egger Alm.

Ho una bella sensazione in questo tratto di sentiero, in questo bosco. Per una mia distrazione però sbaglio il sentiero, seguo sempre lo stesso invece di cambiare numero. Comincio ad avere freddo, ma ancora non metto la felpa, tanto sono quasi arrivato dove voglio fermarmi la notte. Le nuvole sono basse che sono praticamente nebbia e non riesco a vedere se c’è un riparo che potrebbe salvarmi la serata. A Egger Alm purtroppo sembra che non ci sia nemmeno un posticino per me. Sono le 18,quondi ho ancora tempo a disposizione per continuare ad andare avanti. Non vedo nulla del paesaggio fino a quando non ci arrivo a meno di 100m. Continuo sulla strada perché questa è la direzione che o cartelli mi hanno dato, ma non vedo segnavia. Già camminare su asfalto sembra non passi più, se poi si aggiunge il fatto che non si hanno punti di riferimento, la cosa è anche rafforzata. Percorro quasi 4,5km su una strada asfaltata ad una corsia e mezza con ogni tanto delle mucche sui prati a fianco senza rendermi conto di quanto realmente mi sto spostando. Nei pressi di Dellacher Alm un altro cartello mi indica la via. La imbocco ma vedo le prime case ed una sembra avere un bel terrazzo riparato dove potrei evitare di prendere la pioggia o l’umidità.

Si, mi fermo qui questa a notte. Preparato il cibo poi il letto e faccio cena guardando il poco paesaggio visibile. Il vento è forte, poi verso le 20 comincia a piovere, poi grandine, poi smette e le nuvole se ne vanno. Sembra tranquillo ma si sentono ancora i tuoni. Imposto la sveglia e mi dice che posso dormire 8 ore, che bello leggere questo numero.

Giorno 109

Mi sveglio diverse volte, piove sempre e c’è temporale. Sono preoccupato perché presto devo partire. Guardo l’ora ed è solo l’una. Ha tre ore per calmarsi il meteo.

Quando suona la sveglia ha smesso di smesso di piovere. Quando esco sopra il cielo è coperto, ma verso ovest si vede qualche stella. Vedo pure un aereo, quelli si che viaggiano veloci. Comincio ad avvicinarmi a Camporosso. Realizzo che questa è la prima notte all’estero di questo viaggio. Ho dormito più di qualche volta vicino al confine, restando però sempre in patria per la notte.

Le scarpe, i calzini e le suole naturalmente non si sono asciugate e mi tengono i piedi freschi. Seguo la strada ed incontro un cartello con molte scritte in austriaco, però l’immagine è l’unica scritta in italiano non lasciano dubbi. “Territorio di orsi”. Chissà che riesca a vederne uno. Più avanti mi accorgo di aver sbagliato strada perché incontro i segnavia che non vedevo ormai da un po’ e provengono da un altra direzione. Ad un tornante sono un dubbio se seguire la traccia che mi ero fatto a casa o seguire ancora il sentiero che è indicato anche come Via Alpina. Seguo la via Alpina ma probabilmente non è quello giusto. A 1700m lascio la Via Alpina e recupero la mia traccia seguendo una strada forestale che spero mi porti dove voglio. Mentre salivo, mi sono accorto che sul Montasio ha nevicato un po’! La strada su interrompe, ma dopo una trentina di metri che salgo nel biscotti trovo un sentiero e presto ritrovo un altra strada che mi porta al a Forcella di Fontana Fredda.

Comincio a scendere ma non sono mica sicuro di essere nel posto giusto. Non c’è un segnavia né cartello, nulla. Insomma sono tornato in Italia.  Mi dovrò trovare una mappa per scoprire se il percorso è corretto. Intanto sul Montasio è quasi sparita tutta la neve. Quasi alla fine della discesa incontro un cartello turistico che mi fa pensare di essere sulla giusta strada. All’incrocio delle valli, prendo verso il Rifugio Nordio Deffar. Arrivato al Rifugio con la speranza di trovare un mappa, scopro lo stanno completamente ristrutturando in più un cartello mi indica che sarei dovuto arrivare dalla direzione opposta. Salgo un centinaio di metri e ti incontro il sentiero di questa mattina. Lo avessi seguito avrei risparmiato dislivello e distanza.

Arrivo fino alla Sella Bistrizza è già I segnavia del SI non ci sono più. Seguo la traccia che mi ero preparato ed è giusta. Salgo alla Madonna della Neve e poi sella Pleccia, di nuovo in salita fino alla Malga Acomizza dove i cartelli mi indicano una direzione sbagliata, chiedo per sicurezza ad un contadino austriaco se sono giusto per Camporosso. Mi dice di sì e poi cerca di spiegarmi qualcosa ma non riusciamo a capirci molto bene. Comunque mi riconferma che per Camporosso devo proseguire in una direzione e non quella del cartello. Ci sono pascoli e il terreno è argilla so o fangoso finisco dentro ma rapido mi ci tolgo. Proseguo sulle zolle più alte che dovrebbero supportarmi, dopo un 200m un po’ così il sentiero diventa netto e preciso. Continuo fino ad incontrare una strada che comincia a scendere rapida fino al paese. Al paese mi aspettano Davide ed Ariana, ho bisogno di nuovi calzini e nel alimentari del paese non ne hanno. Andiamo verso Tarvisio dove c’è un supermercato, circa 1,5km da Camporosso. Intanto ci raggiunge anche Marco. Loro non hanno bisogno di fare la spesa e mi aspettano fuori. Faccio in fretta, poi ritorniamo verso Camporosso e come avevo detto loro faccio una pausa prima di riprendere. La pausa dura un po’ più del previsto, io intanto ho pranzato. Loro avranno deciso di farsi un tratto con me, la fortuna è dalla loro parte, per i prossimi 12km c’è pochissimo dislivello. Ora comincio a dirigermi verso sud, non mi sposto più verso est, ora la direzione è quella di Trieste. Io vado di buon passo e loro mi seguono, purtroppo c’è un piccolo torrente da passare e dobbiamo bagnarci i piedi perché non lo riusciamo a saltare. Marco ha gli scarponi alti ed è il più fortunato perché non li bagna per dentro.

Più avanti ci raggiunge un altro Davide e si mette a camminare con noi. È un tratto noioso di asfalto e per fortuna ho compagnia così posso distrarmi e far passare il tempo velocemente. Arrivati alla Malga Sassari, decidono di continuare ancora perché effettivamente il tratto percorso era prorio facile, nemmeno escursionistico ma turistico. Decidono di seguirmi ancora, attraversiamo il greto del fiume con qualche difficoltà perché il sentiero non è chiaro, ogni volta che piove il terreno viene cambiato. Vediamo un cartello con scritto Sella Nevea che dice che si arriverà a Sella Nevea in 3 ore e mezza. Ottimo, così posso fare un tempo ad arrivare al Bivacco Marussich come da programma. Una volta finito il greto incontriamo il vero inizio di sentiero e la prima cosa che balza all’occhio è che il tempo di percorrenza letto prima da un cartello lontano, non era riferito a Sella Nevea ma a Sella Naobis, il valico che devo superare. Perciò è più lunga di quanto previsto. Fanno qualche metro ancora con me lungo il sentiero però ora devo salutarli perché devo metterci del bel impegno per arrivare al Bivacco.

Già fatta la foto ricordo ci salutiamo ed io prendo la mia strada mentre loro tornano alle macchine. Non trovo uno dei migliori sentieri, ma non ho tempo per pensarci, devo fare in fretta.

Le nuvole coprono il gruppo del Montasio così io mi trovo in ombra, e posso salire senza sudare troppo. Un passo dietro l’altro, cerco a monte il punto migliore dove appoggiare il piede e quando l’ho trovato cerco subito il prossimo. Salgo bene perché dopo un ora, sono salito di 600m e man mano che mi avvicino alla Forcella la pendenza aumenta. A 150m dalla forcella il sentiero non è più molto chiaro, i segnavia pochi e la traccia non è evidente. Le recenti pioggie devono aver rovinato questo tratto che è franato ed io devo cercarmi una via. Sono molto sudato per la grinta messa fino ad ora. Vicino la forcella comincia ad esserci vento. Mi fermo per prendere fiato ma soprattutto coprirmi. Felpa, giacca e pantaloni e mentre mangio un po’ di fichi secchi cerco i segnavia sparsi ed una via per collegarli senza scivolare troppo. Il terreno spesso tende a cedere sotto i miei piedi come in tutti i ghiaioni. Infatti mi trovo in montagne calcaree Dolomitiche. La mia sicurezza sono i bastoncini, quelli una volta piantati vigorosamente nel terreno non cedono. La mia fortuna è che il piede sinistro non mi da più grandi problemi alla pianta. Più dritto per dritto che seguendo il sentiero raggiungo la Forcella Lavinal dell’Orso, dall’altra parte non c’è vento ed il sentiero è molto più semplice nonostante sia ancora ghiaione. La pendenza fa una grossa differenza. Scendo fino al bivio e poi seguo verso Sella Nevea, devo salire un altro po’ fino al Passo degli Scalini poi un lungo traverso che scende piano fino a quasi sopra Sella Nevea. Dopodiché tra il bosco ed alcune zone prative, arrivo alla località. Cerco acqua perché so che su non ne troverò, come mi ha detto Marco. Non trovo nulla, vabbè qualcosa inventerò.

Prendo il sentiero dalla zona degli impianti di risalita, 1 ora è 40 fino al Rifugio Gilberti. Incontro nel bosco una coppia con figlio che stanno scendendo e chiedo loro se hanno trovato acqua lungo il percorso, mi dicono di no e mi offrono la loro, tanto in 10 minuti saranno arrivati. Solo mezzo litro, ma meglio di niente. Salgo nel bosco facendo il più un fretta possibile ma i metri in salita sembrano non calare mai. A 1400mi fermo per uno spuntino. Devo riprendere, non voglio fermarmi troppo. A 1700, dopo essere uscito dal bosco mi trovo la palestra di arrampicata alla mia destra e nei pressi di una insenatura gocciola acqua dal soffitto, il punto diretto è troppo alto perciò metto la borraccia a terra sperando si riempia. Intanto ho approfittato per una bella sorsata. Ci impiega troppo tempo, ed in più con il poco vento che c’è l’acqua non cade mai nello stesso punto. Vorrà dire che dovrò resistere alla sete. Non molto dopo arrivo al Gilberti, il sole sta tramontando e comincia a colorare le montagne di colori caldi.

Io invece comincio a sentire le temperature abbassarsi. Faccio l’ultimo strappo fino alla Sella Bila Pec in canotta dopodiché sono costretto a rivestirmi. Una volta si vedo le nuvole colorate. Dal giallo all’arancio. Il calcare chiaro è come se fosse rosa ora.

Manca poco, solo 3 km in falso piano. Il terreno è un po’ accidentato e presenta sassi, perciò non riesco ad andare proprio spedito. Man mano che avanzo diventano sempre più rosse le nuvole e la luce cala. Fortuna vuole che in una insenatura ci sia un piccolo ruscello. Svuoto la borraccia dell’acqua che c’era dentro e la riempo con acqua nuova e fresca. Acqua presa a 2000m.

Ora più tranquillo mi dirigo al Bivacco. Non lo vedo fino all’ultimo. Sembra non ci sia nessuno, effettivamente d’ora in più dovrei usare la frontale per muovermi. Appena in tempo.  Entro e ci trovo due ragazzi. Sono venuti ad arrampicare. Mi scuso per il mio odore, ma serve a poco. Mangio e racconto la mia storia. È la prima notte che la passo con qualcuno lungo il sentiero, ed è anche l’ultima notte sopra i 2000m. Sceso dal Canin sarà tutto più basso di quota il percorso. Ci dilunghiamo in chiacchere anche se vorremmo andare a dormire. Poi finita la mia cena e don la pancia piena andiamo a dormire.

Le mie scarpe all’interno del bivacco odora o troppo perciò decido di metterle fuori sperando di non trovare umide domani mattina. Visto il vento che c’è potrei essere fortunato.

Giorno 110

La sveglia suona puntuale alle 6, loro si rimettono a dormire, io per evitare di disturbare mi giro e riprendo anche io a dormire. Non molto dopo si svegliano così comincio a prepararmi. Le scarpe odora o di meno e sono anche asciutte. Ci presentiamo perché ancora non ci eravamo detti i nomi e loro sono Valentina e Marco. Alle 7 sono in cammino, soffia un bel vento, e appena lasciato il bivacco ho una bella vista verso la pianura friulana. Comincio a salire un po’ così mi scaldo. Arrivato alla Forchia di Terra Rossa, ed il panorama di apre ad ovest, verso i monti che ho attraversato, riconosco diversi gruppi anche alcuni ai quali non sono passato vicino come l’Antelao.

Comincio a scendere e d’ora in poi non salirò più sopra i 2000m,comimcio a salutare le montagne.

Scendo lungo il sentiero ma mi sembra non finire più. Arrivo a Stolvizza a 500m sul livello del mare, sono praticamente in collina. Cerco l’alimentari, è piccolo ed è aperto solo la mattina. Una fortuna per me essere qui alle 10. Faccio la spesa fino a domani e spero do trovare un altro alimentari lungo il percorso. Ora riprendo a salire e devo oltrepassare i 1400m. Una bella salita impegnativa. Sino ritornato tra i faggi, il Sentiero è costituito da una strada con poca pendenza così all’ombra e senza particolari sforzi continuo la salita. A quota 1000 lascio la strada per prendere un sentiero che sale in costa. Mi porta fino in cresta e poi faccio un lungo traverso non in buonissime condizioni fino alla Casera Nische dove prendo un sentiero che scende verso il Passo Carnizza. Anche qui alcuni alberi sono stati divelti dal meteo degli ultimi giorni. Riprendo su una strada asfaltata che mi porta alla chiesetta di Sant’Anna poi una comoda brecciata fino alla Casera Nischiuarch. Ora lascio la comoda strada e torno un un sentiero di bosco di faggio. Arrivo al Passo di Tanamea senza grossi problemi. Un tratto in piano e poi cominciano i guai. Il sentiero è molto ripido, non molla un attimo. Tanto per capire, in 1,5km di sale di 700m. Non è un bel sentiero, è non mi viene nemmeno difficile pensare perché sia poco frequentato. Con una salita così scoraggi chiunque. Sassi e rami intralciano e rendono il sentiero poco evidente e facile da seguire ma non mancano i segnavia. Non faccio pause fino ai 1300 dove un piccolo pianoro mi offre dei lamponi e così rallento per raccoglierne alcuni. Salgo gli ultimi 100m tra varie piante che ormai tentano di impadronirsi del sentiero. Arrivo in cresta ed è tanto limpido che vedo tutta la pianura friulana, potei distinguere il mio paese e vedo per la prima volta Trieste. Tra qualche giorno sarò lì.

Mi siedo per uno spuntino a terra, il Sentiero di cresta lo hanno rasato, chissà che continui così fino alla fine. Ancora non è arrivata la voglia di andare avanti. C’è anche una leggera brezza che non è molto gradita. Riprendo ed il sentiero è decisamente migliore purtroppo dopo 500m lo devo lasciare perché questo scende ed io devo continuare sulla cresta. Pietre ed affioramenti calcarei coperti dall’erba alta mi costringono a rallentare molto io passo nonostante non ci sia dislivello. Anche avessi degli scarponi, la situazione non sarebbe migliore perché non vedo proprio dove metto i piedi, e ci sono anche delle zolle d’erba che rendono il piano di calpestio molto mosso. Fortemente rallentato salgo su Punta Lasciovizza e poi Punta Montemaggiore. Alla Forcella di Montemaggiore c’è un cartello che dice ci vogliono un un ora e quaranta fino al paese di Montemaggiore, ma sono solo 3 km. Penso subito che sarà impegnativo. Infatti oltre agli ostacoli di prima, ora ci si mette anche la pendenza, quindi rischio non solo di perdere l’equilibrio ma anche di scivolare. Assurdo che alle volte rischio di inciampare grazie all’erba. E tanto lunga e fitta che con un piede la pesto, e l’altro deve passare ma è resistente e rischio di farmi lo sgambetto. Per non parlare del rischio zecche.

Dopo molto arrivo a Montemaggiore. Il primo cartello con scritto SI del Friuli. Mi indica una vecchia strada di collegamento nel bosco. Ormai in disuso non è in buone condizioni. Ormai ho deciso dentro di me che il Friuli ha i sentiero più ostici di tutte le Alpi. La strada una volta pavimentata con le rocce, ora grazie all’erosione ed a chissà quali altri eventi è rotta. Sono in forma ed ormai ho una certa dimestichezza e l’occhio è veloce nel trovare il punto dove mettere i piedi ma questi percorsi continuano a non piacermi.

Raggiungo a valle le sorgenti del Natisone e dopo una lunga strada piena di sassi. Vorrei tanto capire quale vantaggio c’è a tenere una strada così. Ho pensato che fosse per evitare l’erosione, ma non credo migliori, anzi penso peggiori la situazione. Ora percorro la strada lungo il fiume a ridosso della Slovenia. Poi salgo verso Prossenicco. È buio, devo accendere la torcia. Arrivo al paese ma non voglio fermarmi qui e così continuo scendendo sempre su una brutta strada di sassi, appena trovo un punto dove stendermi mi fermo. Lo trovo ed un po’ riparato da alti faggi. Un gufo fa compagnia con i suoi versi. Come mi stendo le campane del paese suonano per un sacco di tempo. Mannaggia, dovevo mettermi più lontano, ogni ora suoneranno disturbandomi.

Giorno 111

Mi sveglio e sono proprio lì, sulla strada sulla quale devo proseguire. Il calzini è le solette umide. I passi sono irregolari e scattosi, come iniziare col piede sbagliato la giornata. Scendo fino al fiume, la risalita è leggermente più agevole poi arrivo ad un tratto asfaltato e gli occhi si illuminano. Poi vedo i segnavia verso un tratturo. Sale ripido e capisco già che nemmeno questo sarà un sentiero agevole. Si snoda nel bosco tra saliscendi. È una pista da MTB viste le traccie lasciate.

Raggiungo Montefosca, non c’è alimentari e nemmeno una fontana, ma chiedendo ad un locale, mi indica un rubinetto. A fianco c’è una mappa con indicato anche l’SI. Tutte le strade di sasso che ho fatto, indicate come sentiero Italia, non avrei dovuto farle perché il sentiero taglia nel bosco, quindi oltre alla rottura di tutti quei sassi ho pure allungato per nulla. Subito dopo il sentiero finisce in campi con erba alta piena di rugiada. Pochi passi e sono zuppo. Seguo la poco visibile traccia e finisco tra le ortiche in un vicolo cieco. Il sentiero è una decina di metri più a sinistra di dove mi trovo. Sembra di essere ritornato al sud con queste piante. Lo riconquista e continuo su sasso e pietre. Fino giù a Stolvizza. 3km di puro gusto. Prima di ricominciare a salire mi prendo una pausa, mi aspettano 1400m di salita. Freschetto, ma vista la salita mi spoglio. Comincia male, poi dopo essere salito 200m migliora, ma a farlo in discesa non credo direi le stesse cose. La salita è lunga ma il passo è buono prendo poche pause. Una un po’ più lunga quando sono a 100m. Non è ancora mezzogiorno ma io ho già voglia di mangiare così tiro fuori pane e quei pochi arachidi che mi restano. Li mangio subito ed il pane lo mangio in salita, ora c’è meno pendenza. Non finisco il pane perché si ricomincia a salire belli dritti. Salti erbosi e di roccia per raggiungere la cima del Matajur. In cima non sono solo, ci sono un altra decina di escursionisti. Cerco il carrello per proseguire, trovatolo mi trovo in un bel sentiero battuto e veloce. Scendo in fretta. Poi incontro un bivio, controllo la mappa e sono completamente fuori strada. Mi pareva quasi impossibile che il sentiero fosse così facile. Sono sempre troppo fiducioso. Prendo un sentiero che mi collega a quello sul quale sarei dovuto scendere. Mo chiedo chissà in che condizioni sarà se non lo visto ed ho preso quello bello. Una volta incrociato devo dire che la discesa non è male, proseguo senza grossi problemi. Arrivo a Cepletischis e nemmeno qui un alimentari. Dopo 1100m di dislivello negativi nemmeno questa soddisfazione. Proseguo sulla strada verso Polava che è più un borgo che un paese. Alcune case hanno le finestre aperte e sento stanno mangiando, infatti è l’ora del pranzo. Riprendo a salire verso la Bocchetta di Toppolò, ritornano i sentieri che non mi piacciono, in più alberi sradicati ogni tanto ostacolano il paesaggio. In discesa sembra meglio, almeno inizialmente poi quando il bosco si apre, il sentiero si stringe ed ortiche e rovi fanno comparsa. Vengo punto ma passa quasi subito. Passo Toppolò e riprendo a salire ancora. Ormai quasi tutto si svolge nel bosco, e sono all’ombra. È piacevole anche se il sole ormai non è quello di luglio. La salita è ripida, mi fanno male i polpacci e devo darmi del tempo per riposare. Prendo due, poi tre pause quasi in cima sperando di trovare qualche lampone, ma sulle piante non è rimasto attaccato nulla.

Raggiungo una strada asfaltata, e dovrei proseguire su questa perché sarebbe il sentiero ma anche qui hanno modificato il percorso. Ma qui mi trovo d’accordo perché anche se allungo ed aumento il dislivello, seguo un sentiero invece della strada.

Sono troppo cotto oggi, in 36km ho già fatto 4000m di salita e 3400m di discesa. ritorno sulla strada asfaltata, il vero Sentiero Italia anche perché così potrò vedere le trincee. Al posto tappa ci sono le indicazioni della Via Alpina, e percorrono proprio la strada. Il percorso comincia bene, in discesa e curato. A Clabuzzaro riprendo una strada. Poi ancora sentiero nel bosco. Vado spedito perché i sentieri sono in buone condizioni, intanto mia mamma mi sta raggiungendo per portarmi le batterie cariche ed anche del cibo. Poi purtroppo per un incidente in autostrada rimane bloccata, io proseguo senza sostegno. Se i sentieri fossero tutti come i km che sto percorrendo sarebbe stata una pacchia. Passo da bosco ad asfalto seguendo la mappa. Ora tocca all’ultima montagna del viaggio, il Monte Cum, 912m. Ci metto energia in salita, le gambe sono agili e veloci ed anche il sentiero permette un buon passo. Arrivo con il fiatone in cima. Un veloce video e quasi mi commuovo per il momento. Ora basta montagne, solo collina e pianura. Scendo agile e veloce, mi sono ricaricato. Seguo il sentiero sul crinale che è sempre abbastanza vicino la strada. Il sole comincia a tramontare, ed il cielo si tinge di giallo. Tutto quel giallo viene riflesso ed anche il paesaggio prende la colorazione. Mia mamma si è sbloccata dal traffico e sta salendo. Purtroppo ci incontreremo con il buio. Ho un ultimo tratto di asfalto in cui potremmo incontrarci, ma decidiamo di non spostare il punto di incontro. Ultimi 2,forse 3km. Metto la torcia perché ora è buio. Entro nel bosco ed è pieno di pietre. Proprio ora?! Sono motivato e così vado di buon passo in più non voglio far aspettare troppo mia mamma. Scendo 200m per poi risalirli tutti. Alle 20.40 arrivo a destinazione. Mia mamma mi vede e mi prende per un uomo della luna. La felpa giallo limone acceso e la torcia accesa nel buio fa di me una visione insolita. Prendo le batterie ed il cibo e dopo qualche breve chiacchera la lascio tornare a casa perché è tardi ed abbiamo in cagnolino che ha bisogno di attenzioni in questo periodo purtroppo.

Mangio qualcosa li dove mi trovo e poi cerco un posto per la notte. Trovo un bel riparo nonostante la notte sia limpida. Le stelle sono accese nel cielo.

Giorno 112

Anche questa notte un ghiro mi ha fatto un po’ compagnia. Prendo a camminare poco prima delle 5 per arrivare in tempo per fare la spesa. Come al solito. Prendo una brecciata in discesa fino ad una chiesetta poi diventa sentiero e non è nelle migliori condizioni. Sempre nel bosco incontro poi quella che sembra una strada, ma anche questa è piuttosto rovinata. Sarà la stanchezza, ma non riesco a proseguire molto agevolmente. Devo aumentare la potenza della torcia perché mi pare di non avere abbastanza campo visivo. Cominciano alcune zone prati e ed io incontro l’asfalto, di solito non lo sopportavo, ma oggi mi va bene. Ho sonno è sono stanco, e questo tipo di terreno potrebbe farmi riposare. Ritorno su una strada brecciata e poi ancora asfaltato, passo diversi borghi tra i vigneti del Collio. Il sole è timido ed a me sembra tornare il dolore alla pianta del piede. Inoltre si fa sentire anche un dolore all’anca sinistra causato da una scivolata avvenuta scendendo dal Canin.

È molto strano vedere le targhette della Via Alpina a fianco la strada ed a queste quote. Passo da vigneto in vigneto seguendo i segnavia anche nei tratti asfaltati. Seguo la traccia che mi ero fatto a casa, ma mi porta in un bosco dove non ci sono segnavia. Qualcosa non mi torna, comunque arrivo a Cormons, faccio una bella spesa abbondante, tanto mi mancano 110km all’incirca da fare nei prossimi 2 giorni e mezzo. Ho paura che il problema sarà più l’acqua che il cibo. Non è ancora mezzogiorno ma presto mi fermerò a mangiare. Trovo un posto che mi piace ed all’ombra solo a mezzogiorno. Mi fermo per una bella pausa. Mi sento tutto appiccicoso e non ho voglia di rimettere lo zaino. Ora il sole è caldo e non ci sono molti posti all’ombra. Quando posso cerco di trovare un po’ di refrigerio. Non manca molto alla doccia. Molto asfalto ed anche se sono in piano un po’ sudo. Raggiungo Gradisca d’Isonzo e sto quasi per passare oltre, entro un un Barco sbarrato perché stanno preparando un concerto. Chi sta lavorando non mi vede di buon occhio ma tanto sono solo di passaggio. Sto per uscire qando trovo una fontana, una bella sorpresa. Ho ancora acqua con me, ma non mi sarebbe bastata. Mi sciacquo le braccia ed il viso e bevo. Ora sto meglio. Il caldo è l’asfalto non sono cose alle quali sono molto abituato ormai. Riprendo e vado verso Poggio Terza Armata e comincio piano piano a salire. Oggi i km sono passati veloci. Ancora non rallento, potrei trovare problemi più avanti. I segnavia mi portano a San Martino del Carso, ma non dovrei passarci. Solo che le strade possibili da prendere sono troppe allora seguo i segnavia. Dopo il paese finiscono le strade asfaltate e ritorno tra bosco ed arbusti.

Il sentiero mi porta al lago di Doberdò ma poi prende verso sud, non sono sicuro sia il vero Sentiero Italia ma non voglio certo perdermi tra l’infinità di strade, stradine e passaggi perciò seguo fedelmente i segnavia. Ormai sono a ridosso della costa e comincio a sentire le auto sfrecciare lungo l’autostrada. Mancano meno di 80km, sia domani che dopodomani, l’ultimo giorno potrò permetremi delle distanze molto brevi. Oggi ancora vado avanti come al solito fino a quando c’è luce. Non penso avrò problemi a trovare un posto dove passare la notte nonostante non sarà riparato. Controllo il dislivello e mi sento una schiappa. Ho fatto quasi 60km e tra discesa e salita non supero i 4000m. Di solito a questo punto avevo valori intorno ai 10000m. Arrivo a Iamiano e non trovo nessuna fontana. Non voglio correre il rischio di restare senza così appena vedo una signora al balcone chiedo informazioni. Nel carso non c’è acqua. Giustamente. Chiedo se mi può riempire la borraccia. Mi fa entrare dal cancello di casa, bevo un po’ e riempio la borraccia. Ora il sole non scalda più e dovrei essere a posto fino domani. Da qui, comincio il sentiero 3 che mi porterà a 25km circa dalla fine. Mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa e entro di nuovo nel bosco. Sono a 40m sul livello del mare, non capitava dalla Calabria. Piano piano salgo fino a 100 e raggiungo Medeazza, qui c’è una fontana. Mi rinfresco le braccia, bevo e riempio, poi mi rinfresco ancora. Riprendo ed il sole è basso, illumina di giallo gli alberi. Un ultimo pianoro, e poi una salita Bell ripida, corta ma ripida. Ormai il sole è tramontato e le temperature stanno calando e riesco a non sudare. Ho deciso di salire anche queste ultime cime e passare la notte sotto i 200m. Così arrivato a fine discesa ho anche la fortuna di trovare un posto abbastanza ampio ed in piano dove potermi mettere. Mangio e nanna. In cielo ci sono solo stelle e si vede la Via Lattea.

Giorno 113

Mi sveglio la notte sudato, fa caldo a queste quote però senza sacco a pelo avrei freddo e sarei vittima delle zanzare. Lascio entrare un po’ di aria fresca 3 riprendo a dormire. Alle 6 finalmente mi sveglio. Faccio le cose con calma. Solo alle 7 passate prendo a camminare. Il sole non è molto alto, ed è fresco. Strade e sentieri si intrecciano tra roverelle ed arbusti.

Ogni tanto sento qualche animale scappare, probabilmente dei caprioli. I sentieri sono agevoli, ma comunque procedo a rilento. Verso le 9:30 comincia ad alzarsi la temperatura ed il primo caldo fa capolino. Fanno la comparsa anche i tafani e le mosche. Ogni tanto piante di rovo e Rosa Spina invadono il sentiero è percorrendo a testa bassa per prestare attenzione a dove metto i piedi vengo punto. Seguo i segnavia ma ho perso completamente l’orientamento. Uno degli aspetti negativi del bosco è proprio questo.

Arrivo a Col poco dopo mezzogiorno, c’è una fontana e decido di fermarmi qui per un po’ per idratanti e mangiare. Finito di mangiare mi stendo sulla panchina per dormire. Niente sveglia. Dormire come nelle ricette il sale ed il pepe, q.b., quanto basta. Verso le 14.30 riprendo a camminare, fa caldo al sole ma entro subito nel bosco. Ricomincia il labirinto di sentieri e strade. A Fernetti c’è pure un supermercato orario continuato, mannaggia, a saperlo prima avrei evitato di comprare tutto fino a domani. Attraversata la strada ancora bosco. Piano piano risalgo e guadagno quota fino ad una bella salitina per portarmi ad oltre 600m. A queste quote le temperature sono più alte e sento il sudore già dai primi passi. Verso il punti più alto molla e riprendo una temperatura più accettabile. Scendo fino a Grozzana dove non trovo una fontana, ed orami comincia ad essere tardo pomeriggio. Devo assicurarmi acqua per la notte. Risalgo ancora, ma più dolcemente sopra i 500m e poi un traverso mi porta a Pese, nemmeno qui acqua. Solo le 19.15 e non camminerò ancora molto ma incontrerò un altro paesino. In caso busserò a qualche porta. Il sentiero 3 è finito e prendo il 17 poi 1. Arrivato a Draga Sant’Elia la fontana! Ha un rubinetto che spruzza acqua tutt’attorno ma un po’ di refrigerio non fa male. Mi sciacquo le braccia per la notte. Ormai sono tutto appiccicoso, anche i bastoncini hanno l’impugnatura appiccicosa.

Mi avvisano che questa è una zona piena di zecche allora cammino fino a trovare un posto dove non c’è erba alta. Trovo una piazzola attrezzata con un tavolo ed una panchina. Dormirò sulla panchina. Domani potrei abbracciare più di qualche persona e passargli qualche zecca non sarebbe un bel regalo. Dormirò sul tavolo. Mi fermo anche se non è ancora buio. Non so se troverò altri posti idonei. Cena super oggi. Pane, alla base di tutto e più marmellata e cioccolato!

Giorno 114

Una bicicletta già alle 5 sta facendo un giro. La senti da lontano e poi vedo la luce della torcia. Io ancora mi giro una volta. Alle 6 circa mi alzo e comincio a prepararmi. Sono un po’ elettrizzato. Canticchio e netto le cose nello zaino. L’aria è molto fresca. I piedi gonfi e comincio in discesa. Percorro la Val Rosandra. I smetterò ritornano pieni di rocce, il terreno è molto roccioso e calcare. Sono arrivato ai 400m ora scendo in direzione Muggia. Arrivo giusto per il pranzo. Ho il cibo con me, ma visto che dovrò aspettare fino circa le 17 per partire, tanto vale prendersi qualcosa di caldo.

Cerco una spaghetteria, non la trovo. Sono arrivato al porto e due ragazzi cattolici mi fermano per portarmi il loro messaggio di amore. Cominciamo a discutere sulla religione ed ogni tanto li stuzzico con dei quesiti che possono metterli in crisi. Le risposte non arrivano, ma nemmeno io le so in realtà. Continuiamo ed un tipo dei un corriere di fretta, naturalmente, mi chiede se sono quello dei km. Simpaticamente confermo, mi fa i complimenti. Altri sentendo si incuriosiscono e chiedono una foto. Poi riprendo l’interessante chiacchierata, tanto che provo ad offrire loro il pranzo ma hanno già un impegno. Allora ci salutiamo. Io cerco un posto dove poter farmi preparare un bel piatto di aglio, olio e peperoncino. Entro e ci trovo un tipo che al porto mi aveva riconosciuto. Mi offre una birra e poi ordino una porzione doppia di spaghetti. Mi dicono che hanno le dosi abbondanti. “Sei sicuro?”. Sapete come è andata.

Mi siedo fuori per evitare di puzzare il locale. Poco dopo si siede una copia a fianco di me, un giornalista mi chiama e loro inevitabilmente ascoltano, così a fine chiamata chiacchiero anche con loro. Verso le 16 mi muovo verso la gelateria. Un bel gelatone con calma. I gusti banana e melone sono eccezionali.

Il gelato è una cosa che spesso durante i giorni di cammino desideravo. Altre persone mi riconoscono. È uscito un articolo sul giornale locale e parla proprio di me. Poco prima delle 17 mi rimetto in marcia perché non voglio rischiare di trovare inconvenienti lungo il percorso. Qualche sorriso quasi fossi matto si accende nel volto. Le 7 palline di gelato navigano nella pancia e mi dicono di andare piano. Meglio così perché sono in anticipo. Non salgo molto, ma come al solito sudo. Il sole però ormai non è più molto caldo e nonostante sia tutto asfalto quando ritorno in piano la temperatura è abbastanza gradevole. Riprendo a scendere verso il mare nella borgata di Fontanella. Seguo le indicazioni fino ad entrare nel bosco, ma la segnaletica sembra suggerire che il sentiero è stato cambiato. Tengo come riferimento quello vecchio e scendo verso il mare, il sentiero sembra non esistere più. Lungo la strada incontro i miei genitori per un saluto precoce. Due parole veloci e poi devo riprendere perché potrei arrivare in ritardo. Dopo un breve tratto lungo il mare ritorno ancora nel bosco, ormai sono gli ultimi 2km e non ho nemmeno molto dislivello. Comincio ad avere caldo perché ora sono al sole, gli alberi sono radi ed il sole delle 18 ora è caldo. Dopo un quarto d’ora raggiungo di nuovo la strada ed una volante della polizia mi scorta per gli ultimi metri.

Vedo la gente da lontano e comincio a sentire della musica. La banda di Muggia è venuta per rallegrare ulteriormente il mio arrivo.

Non distinguo ancora nessuno nel lungo rettilineo. Poi piano piano qualche volto già visto, poi qualche amico. Cerco tra la folla i miei genitori che non vedo, ma incontro il cippo di fine Sentiero Italia. Mi fermo al cippo per qualche istante, poi subito ad abbracciare i miei genitori. Prima la mamma poi il papà.

Ora posso dire che il mio viaggio è finito. Ho fatto quello che dovevo fare.

Dopo qualche domanda ed intervista da parte dei presenti e dei giornalisti, approfitto della vicinanza al mar per fare un tuffo e limitare il mio odore in mezzo a tutta questa gente.

Il mio viaggio è cominciato 114 giorni fa con i soli piedi a mollo per le basse temperature ed è finito al mare con un bel tuffo nelle acque del Adriatico. Quasi assurdo che un sentiero nato per attraversare tutto il paese attraverso le montagne abbia questi capi, ma non si tratta di stare in montagna o nel bosco. Si tratta di stare nella Natura.

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