Liguria 2017

Giorno 63

Sono le 11 e sono appena entrato in Liguria a Foce Tre Confini, già da qualche km seguo l’AV (Altavia dei Monti Liguri). Il sentiero comincia poco curato, è in discesa e ci sono diverse rocce. Non un buon bigliettino da visita. Successivamente si alternano tratti buoni a tratti con rocce.

(Giorno troppo impegnativo per scrivere.)

Giorno 64

Mi sveglio e c’è luce a sufficienza per cominciare, ma c’è qualcosa di strano. Il cielo è coperto. È tutto molto umido. Comincio a preparare li zaino e le mucche viste ieri sera si avvicinano. Mi guardano mentre rispondo le mie cose. Parto con la felpa e i pantaloni, non fa caldo. Come esco dal bosco sono avvolto dalla nebbia. Tanta che sta piovendo. Il pino nero mi ha protetto abbastanza bene durante la notte. Salgo verso il Monte Aiona, si tratta di una salita facile, ma sono subito in affanno, forse non ho riposato molto. Il paesaggio è lunare e tutt’attorno solo nuvole. Non è facile in queste condizioni individuare il sentiero infatti hanno messo diversi paletti ad indicare la via. Ritornato nel bosco è più semplice. Sembra un sentiero ben battuto anche se più avanti qualche detrito sul sentiero lo trovo. Non molto dopo comincio ad accusare stanchezza e sonnolenza. Sto arrancando fino al Passo. Ho fame. Per questa sera devo trovare un buon posto dove passare la notte ed evitare tutta questa umidità.

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Saluto Niki e riprendo il passo, il sentiero è comodo e non presenta difficoltà. Sembra un sentiero battuto anche se più avanti ci sono detriti per terra. È quasi tutto bosco. Venti minuti dopo comincio ad accusare stanchezza, forte stanchezza. Sonno e stanchezza fisica. Si aggiunge anche la fame. Voglio arrivare al Passo della Scoffera per mangiare qualcosa 3 finalmente fermarmi per un po’. Quando arrivo al minimarket anche se piccolo ci trovo di tutto. Vorrei comprare un sacco di cose e fermarmi la notte qui, ma non sono nemmeno le 18. Mi prendo della frutta da mangiare subito sperando mi tiri su. Ho la spesa fino a domani mattina e lo zaino sembra una zavorra. Ho mangiato tre piccole banane assieme a delle fragole e non vanno d’accordo con la ripida salita che parte da subito dal passo. Mi prendo tempo per evitare di avere un blocco digestivo. I piedi cominciano a fare male. Le scarpe di stanno asciugando, ma i piedi completamente lessi sfregando contro le scarpe mi procurano dolore. Una volta in quota non ci sono grandi dislivelli, ma anche in piano vado lento rispetto al solito. Controllo la mappa e voglio arrivare al Colle di Certo per trovare un riparo dalla nebbia che questa notte potrebbe depositarsi. Avere il sacco a pelo umido è forse una delle condizioni peggiori. Ed in più per i prossimi giorni non hanno messo sole, quindi non riuscirei ad asciugarlo facilmente. Arrivo a circa metà strada e mi devo togliere le scarpe, vedo i piedi bianchi pieni di grinze. Provo con la doppia calza per evitare dolore, ma non funziona con il piede destro. Un chilometro e mi fermo ancora, provo a sistemare, ma non migliora di molto. Intanto ho approfittato per uno spuntino perché ho già fame. Lo zaino mi da fastidio, non riesco a trovare una posizione che comoda. Ho problemi di concentrazione, non riesco a ricordare i chilometri da fare. Qualche semplice operazione di sottrazione mi viene molto complicata da svolgere. Continuo, mi ostino perché questa notte voglio dormire bene, riposare davvero.

Nonostante il rumore dei miei passi su dei cocci un tasso non si accorge del mio passaggio, e così riesco a vedere per la prima volta un tasso con i miei occhi. Quando mancano 2 chilometri dal Colle non c’è la faccio più. Mi fermo nel bosco nonostante possa rischiare di dovermi svegliare e spostare il campo. Tolgo ancora lo zaino, stendo il materassino e tolgo le scarpe. Un sollievo sedersi e sapere che è finita almeno per un po’. Le scarpe puzzano moltissimo, hanno odore di putrefazione, un odore disgustoso. Rispondo a qualche mail in maniera sbrigativa e mangio. Qualche lucciola compare a farmi compagnia. Prima di andare a letto saranno moltissime.

Giorno 65

Mi sveglio più tardi del solito e ho addosso ancora del sonno. Nemmeno oggi un buon riposo. Aggiungo altre tre zecche alla lista. Comincio a camminare verso le 7.20, molto tardi. Il passo è decisamente diverso da ieri, molto più leggero e rapido. A Colle di Certo mi rendo conto che non avrei trovato molto facilmente un riparo. Passato il paese continuo su un crinale dove della segnaletica vecchia mi porta fuori strada, ma recupero. Da qui vedo Genova, sembra una città molto cupa grazie al meteo grigio. Un ape mi puange alla caviglia sinistra. Mi trovo una zecca sul braccio e mi viene in mente che ieri non ho avuto grandi problemi al piede sinistro e nemmeno al ginocchio destro. Spero sia tutto in fase di recupero. Oggi forse posso permettermi di andare un po’ più piano dopo aver fatto la spesa. Perché dal passo di Giovi per 100 km fino ad Altare non trovo alimentari. E domani è domenica e se arrivassi domani sera, dovrei comunque aspettare lunedì l’apertura, quindi tra oggi e domani in totale potrò fare anche “solo” 110k. Certo, magari leggendo questo sembrerà che io stia dicendo cavolate per pavoneggiarmi, ma in realtà con le medie solite, sembrano distanze che mi permettono di non forzare e poter gestire al meglio le forze. Cosa della quale ho proprio voglia in questi giorni.

La memoria intanto funziona meglio di ieri. Arrivo al Passo xxx e sono nel punto più basso della Alta Via. Ricomincio a salire su una strada che si stringe e poi ne incrocia un’altra molto comoda e sicuramente utilizzata da chi va in MTB. Di sole non se ne parla, le nuvole lo coprono completamente, nonostante questo sudo comunque perché c’è molta umidità. Arrivato a Vittoria seguo il sentiero che conosco e mi accorgo che gran parte dei segnavia sono cancellati. Probabilmente hanno cambiato percorso per l’AV. Scendo fino al Passo dei Giovi dove c’è un piccolissimo alimentari che praticamente svaligio per permettermi di avere cibo a sufficienza fino ad Altare. La negoziante è simpatica e si ricorda di me. Mi regala pure delle focacce per essere ritornato nonostante sappia che in zona non ci sono altri alimentari. Riempio la borraccia e riparto con la focaccia in bocca. Lo zaino è più pensante, ma sembra comunque più agevole di ieri sera. La strada carrabile è tranquilla, larga e con lieve pendenza, vado spedito.

Sembra si stia alzando il vento. La temperatura si abbassa con mio piacere. Verso il passo della Bocchetta incontro delle neviere e poi ho un attimo di sconforto, ma mi riprendo subito e riprendo a buon ritmo! Salendo di quota entro nelle nuvole. Gli alberi sono ormai bagnati e cominciano a lasciare cadere l’umidità a terra. Ormai non vedo nulla del paesaggio. Al Passo della Bocchetta entro in Piemonte e continuo per qualche chilometro. Sto seguendo il sentiero grazie alle indicazioni ma non vedo più lontano di 15m. Decido di indossare i pantaloni e la giacca perché mi sto bagnando con tutta questa umidità. A Nord del monte Taccone incontro un sentiero pieno di sassi, ma essendo un salita non sono un grosso problema, valico una sella ed in discesa invece i sassi mi rallentano. Vista l’umidità sono pure bagnati e scivolosi.

È passato mezzogiorno da un pezzo e non ho molta fame, ma voglio evitare cali di energia perciò mi mangio della frutta secca senza fermarmi. Entro nel bosco e piove tanta umidità accumulata, i piedi si inzuppano in un istante. Con questa umidità se non trovo un riparo per la notte sono fregato. Ricordo di un riparo 30chilometri più avanti, ma purtroppo è piccolo e difficilmente troverò posto per stendermi, l’altra possibilità è fermarsi prima in qualche altro posto, ma non mi pare c’è ne siano…

Perdo il senso dell’orientamento ed il senso del tempo. Volto verso Ovest, lo so perché lo dice il telefono è percorro dei prati, poi entro in un bosco dove ci sono molti castagni. In continua e lenta discesa mi porta fino al Passo del Turchino. Mi fermo per riposare un po’ e per strizzare i calzini e le solette. Presto si bagneranno ancora, ma intanto un po’ di tregua da questa insistente umidità. Il meteo dice che per altri tre giorni mi farà compagnia, più due giorni di un po’ di sole e poi di nuovo tutto coperto. Spero di essere ormai lontano per quella volta. Con tutta questa umidità i piedi cominciano a fare male.

Intanto ho deciso di passare la notte al Bivacco chiamato Riparo Cima del Pozzo quello dove non c’è molto posto, ma mentre salgo sento Claudio, il signore che già l’anno scorso mi ha dato una mano in Liguria perché gestisce un servizio h24 specifico sulla AV e mi dice che poco prima c’è un altro possibile bivacco. Potrebbe essere più spazioso ed inoltre è più vicino. Comincio la salita verso il passo del Faiallo tramite una carrabile come quella che in discesa mi ha portato al Passo del Turchino, sempre tra noci e castagni. C’è qualche breve tratto sulla strada asfaltata ed è molto pericoloso perché la visibilità è ridotta a 30 forse 20 m e le macchine mi vedono davvero all’ultimo. In una giornata così non sono molte le persone che si spostano e quindi incontro solo 2 macchine. Proseguo su sentiero ed il vento e tanto forte che infilo di nuovo la giacca che avevo tolto al Turchino.

Il vento non è freddo, ma rinfresca molto perché è forte. I piedi vogliono porre fine alla lessatura quando arrivo al Passo del Faiallo. C’è un rifugio e sembra stiano preparando la cena, in fondo sono le 20, e a me mancano circa 4 chilometri. Passo il rifugio ed arrivo a due casolari dove c’è una fontana dove contavo di fare rifornimento di acqua, ma non c’è flusso costante, solo gocce. Ne prendo mezzo bicchiere ed intanto riposo le gambe, bevo subito. Confido di non avere grande sete con questa umidità. Salgo fino alla morbida cresta che porta verso Sud, verso il mare, è piuttosto ripida. Il vento anche qui ogni tanto mi destabilizza. Un peccato non vedere il mare. Qui mi trovo molto vicino al mar Ligure, forse il punto più vicino di tutto il sentiero, una cosa come 5 chilometri. Seguo la traccia evidente sul sentiero fino all’indicazione del rifugio Argentea, la seguo perché è lì che c’è il bivacco.

Una volta individuato entro e scopro non essere molto grande, però più grande di Cima del Pozzo così decido di fermarmi. Sposto le panche per essere più comodo, stendo il materassino e via le scarpe. Mangio e controllo le mappe poi cerco una posizione per riposare che trovo con fatica.

Giorno 66

Sono le 8 quando decido di alzarmi. Mi sento decisamente più riposato rispetto ai giorni scorsi. Alle 8.30 esco e piove. Rientro per il cambio pantaloni. Recupero il sentiero. Arrivo al ricovero ed è davvero piccolo visto da fuori, chissà se sarei stato in grado di dormire bene. Rientro nel bosco in leggera salita, il sentiero non è pulito e su una roccia scivolo leggermente, ma nel farlo uno dei due bastoncini si incastra in una roccia e si rompe. Ora sono fregato, non andrò più tanto forte. Penso ad una soluzione, ma non credo di poterlo riparare. Intanto imbocco una strada brecciata e ci trovo una fontana che l’anno scorso non presentava acqua. Bevo e riprendo fino a Pra Rotondo per più salire in cima al Monte Beigua. Segue una discesa dove le nuvole si diradano e per qualche istante la visibilità aumenta fino oltre i 100m e riesco pure a vedere il cielo. Ma questo attimo di gioia e speranza dura poco, presto ritorna a coprirsi tutto. Il primo tratto non è bello ma poi entro in  un altro bosco di castagni e diventa più agevole proseguire. Dentro il giubbotto ed i pantaloni sto facendo la sauna. Dei piedi naturalmente non vale nemmeno la pena parlarne.

La discesa è davvero lunga ma non difficile, ed ho l’impressione che l’umidità sia meno forte nonostante sia tutto comunque velato. Giungo fino a colle del Giovo, è mezzogiorno e così appena trovo una panchina e mi fermo per mangiare. Strizzo i calzini sperando di non inzupparli più. Seguo la strada fino ad imboccare una secondaria e poi il sentiero che entra nel bosco ed i piedi sono già di nuovo bagnati. Pazienza, ci ho provato.

Salgo questi colli che ho di fronte ed un sole timido sbuca ogni tanto. Continuo fino ad una zona eolica per arrivare sulla strada asfaltata in località Meugge. Qui riprovo ad asciugare i calzini perché ora il sole e meno timido e l’erba non è così umida come lassù. Rientro nel bosco tramite una strada brecciata che mi porta su altri colli valicati i quali mi trovo a scendere fino ad una strada asfaltata che mi offre un bivio. O meglio, io so che il sentiero Italia segue la strada asfaltata ed è il percorso più corto, invece recentemente è stata modifica l’AV verso un percorso nel bosco più lungo, ma più in linea con quello che dovrebbe essere il SI. L’anno scorso per la fretta di arrivare a fare la spesa a Carcare ho scelto l’effettivo SI, quest’anno voglio provare l’altro percorso. Scende in un bosco in prevalenza di castagni ed il sole si fa vivo. Decido pure di cambiare calzini e di metterne di nuovi e puliti. Le scarpe però sono umide e faticando ad asciugarsi e quindi resta tutto un po’ umido.

Quando arrivo a valle vicino Ferrania il sole è diventato forte. La strada è dura, non è come camminare nel bosco e ben presto sento dolori alle gambe e mi sento stanco. Passato il paesino dove deve esserci qualche festa vista la presenza di auto mi fermo un attimo per far riposare i piedi. Sarà che so di essere quasi arrivato, ma la fatica si fa sentire. Piccole salite che sembrano molto più pendenti. Comunque, un po’ zoppicando per via della caviglia sinistra, arrivo alla strada che ho percorso l’anno scorso. Sono quasi le 19, mi fermo ancora e cerco una stanza così non dovrò  girare troppo il paese per un posto decente dove stare. Trovo solo stanze da condividere. Non vanno proprio d’accordo con gli odori che mi porto appresso. Io posso anche lavarmi, ma i vestiti e lo zaino continueranno ad avere un odore poco gradevole. Ad Altare chiedo se c’è un alimentari e mi rispondono “domenica non c’è ne sono”. Forse li portano via. Comunque rifacendo la domanda mi dicono essercene alcuni. Vado verso il centro e mi fermo a prendere dei falafel da un kebabbaro. Non bastano e mi prendo anche una pizza. Esco e sta piovigginando, perciò dopo aver riempito la borraccia ad una fontanella mi trovo un posto al coperto dove dormire. Lo trovo e c’è anche della corrente.

Giorno 67

Mi sveglio ed è ancora presto, sono le 6. Gli alimentari sicuramente non aprono a quest’ora è mi concedo un altra ora di sonno. Non riesco propriamente a riposare così alle 7 mi alzo e comincio a prepararmi.

Nei paraggi c’è una signora e non vorrei essere scoperto perciò faccio in fretta e mi muovo di qui. Scendo al paese e sono le 7.30 un alimentari sta aprendo, compro tutto ma mancano i biscotti per la colazione. Mi indirizzano ad un altro alimentari che è aperto dalle 7. Ora prendo la via verso il sentiero. Oggi giornata tutta in salita praticamente. Oggi c’è il sole, posso sperare di far asciugare bene i piedi, nonostante la notte all asciutto l’alluce destro mi pizzica. La caviglia sinistra è ancora gonfia per la puntura dell’ape.

Salgo su una strada che porta ad un altro impianto eolico, la pendenza non è molta e così non sento la mancanza dei bastoncini. In discesa invece il terreno si presenta scivoloso ed allora mi aiuto così da avere tre punti di appoggio invece di due. Quanti castagni di cui non ricordavo! L’anno scorso nel periodo di raccolta delle castagne ero in Lombardia e ne avevo raccolte alcune per i miei parenti che abitano vicino Como. Quest’anno forse potrò portare loro mirtilli e lamponi. 
A Colla del Termine l’anno scorso avevo seguito i cartelli, ma sono messi nella direzione della vecchia AV, ora prevede la salita invece di restare in quota sulla strada forestale. Così prendo il sentiero che 2km dopo comunque si congiunge alla forestale. Continuo fino a Colla Sab Giacomo, solo che me ne accorgo solo dopo un tratto sulla vecchia AV anche se in realtà qualche paletto e segnavia rimane. Nei pressi del Rifugio forestale Pian dei Corsi mi ricollego con l’AV, e anche da qui in poi c’è una modifica. Lascio la strada e seguo il sentiero fino alla Madonna della neve dove mi fermo per pranzare.

Quando riprendo devo entrare nel bosco fino ad arrivare a Melogno, un breve tratto di asfalto fino al forte dove ci sono segnavia ma alcuni sono cancellati. Poi riprendo su strade forestali e tra sali scendi tranquilli vado verso il Giogo di Giustenice. Nel bosco vedo alcune betulle, credo tra gli alberi più belli.
Mentre cammino guardo il foro che si è formato probabilmente ieri sulla scarpa destra ; chissà per quanto resisteranno ancora queste scarpe. 

Dal Giogo di Giustenice si sale verso il Monte Carmo, il sentiero inizia subito in salita e poi presenta anche detriti. In cima purtroppo non vedo molto per via delle nuvole che si sono addensate e quindi scendo. Anche in discesa per diversi tratti ci sono detriti, specialmente nelle zone fuori dal bosco. Si tratta comunque di un tratto non troppo lungo fino al Giogo di Toirano anche se in alcuni tratti è piuttosto pendente. Attraverso la strada e riprendo subito nel bosco, il primo tratto è impegnativo e subito comincio ad usare il bastoncino per darmi una mano, poco dopo sto pure sudando. Verso la fine della salita mi fa male anche il piede sinistro.

Verso metà strada trovo una fontana così posso riempire di nuovo visto che da questa mattina non ho voluto più riempire. La giornata prevalentemente di bosco mi ha aiutato a non avere caldo ed anche il sole indeciso. Sto cominciando a programmare dove mi fermerò questa notte. Una cosa determinante è che dopodomani sera mi devo trovare a Limonetto perché mi portano appositamente dei bastoncini nuovi. Quindi più km faccio meno in fretta dovrò proseguire i prossimi due giorni. Sembra ci siano due opzioni, una è percorrere altri 15km circa ed arrivare fino al Colle San Bernardo di Garessio dove sono sicuro di trovare un riparo anche in caso di pioggia ma arriverei con a disposizione ancora 2 ore di luce. L’altra continuare fino al Colle del Prione 10km più avanti ma dover affrontare una salita abbastanza impegnativa come anche non essere sicuro di essere riparato in caso di pioggia e forte umidità o addirittura vento. Continuano i km e continuo a farmi questa domanda. Il sentiero si presenta bene quindi la mente è piuttosto libera di pensare a cosa fare per la notte. Fermarsi al Colle San Bernardo di Garessio significa partire con il buio domani mattina per essere sicuro di arrivare a Nava prima che chiudano gli alimentari, invece andare al Colle del Prione significa arrivare tardi questa sera. Intanto arrivo al Colle dello Scravaion. Il sentiero è pressoché tutta carrabile, non è molto segnalato ma non ci sono comunque molte altre soluzioni. 

Il piede sinistro comincia a fare male e si materializza sempre più sicura la scelta di fermarsi prima. Inoltre il meteo non sembra decidersi se restare coperto od aprirsi. Mentre cammino mi accorgo di aver sbagliato strada perché alcuni segnavia sono cancellati. Infatti l’anno scorso non avevo proseguito sulla strada in cui mi trovo ma avevo visto dei segnavia abbastanza nascosti che entravano nel bosco. Zoppicando leggermente arrivo al Colle San Bernardo, c’è un ristorante abbandonato, è stato vandalizzato, le finestre sono tutte rotte e c’è corrente. Cerco una stanza più riparata possibile, e per fortuna una c’è. Mi sistemo e cerco di prendere sonno al più presto. Domani mattina la sveglia alle 4 per essere in marcia mezz’ora dopo. È un luogo molto ventilato e più di qualche volta le pale eliche fanno rumori per orientarsi meglio in direzione del vento. 

Giorno 68 

Sono le 4.11 quando mi sveglio. Fuori c’è vento e forse piove. Esco a controllare. Per fortuna il rumore veniva da dei sacchetti di plastica. È molto umido ma non piove. Alle 4.30 sono fuori ma il GPS non trova la mia posizione. Quando la trova mi metto in cammino. Torcia in fronte ed al buio comincio la mia giornata.

L’inizio non è troppo impegnativo, una strada brecciata che sale fino al Bocchino delle Meraviglie dove prendo una piccola deviazione verso la Fontana delle Meraviglie perché dono rimasto senza acqua. Riprendo la strada ed è più ripida fino ad incontrare i cartelli che mi fanno salire per il sentiero. Alcuni tratti sono impegnativi, ma il tratto più tosto è la cresta sud che porta alla cima. Non è particolarmente difficile ma io fatico a salire. Ci incontro una decina di camosci e due caprioli.  Infilo la felpa e poco dopo anche la giacca perché il vento è molto fresco. Alcune parti di me sono sudate e si raffreddano altre sono calde. Un contrasto strano. Arrivo in cima dopo diverse pause per asciugare un po’ il sudore. Sono immerso nelle nuvole. Comincio a scendere ma devo stare attento per i detriti, in alcuni punti scivolo per la forte pendenza. Giungo fino al posto dove stavo fantasticando di passare la notte. Non un ottimo riparo perché in caso di pioggia di traverso mi sarei molto probabilmente bagnato. Anche se ora non ci sono nuvole l’erba è bagnata ed avrei potuto far fare la stessa fine al sacco a pelo. Finita la cresta tolgo i vestiti, non c’è più molto vento e comincio a scaldarmi. Vedo i primi larici, che come le betulle mi piacciono un sacco. I primi del viaggio li avevo visti scendendo dal Monte Abetone ma erano pochi, ora sono molti di più. Ci sono anche le betulle. Non vedo l’ora di arrivare ma mi aspetta un altra salita sopra i 1700m dopo il colle Sab Bartolomeo d’Ormea. Salgo fino in cima e mi accorgo che la vera cima non è quella in cui mi trovo ma una che è rimasta nascosta. Avvisto altre due marmotte e poi sono in cima. Ora è discesa fino al Colle di Nava dove devo fare rifornimento. Sono le 9 e devo percorrere 15km,direi che sono proprio in orario. 

 

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