Lombardia 2017

Giorno 86

Scendo dal battello, comincio a muovere i primi passi in Lombardia, la regione dove l’anno scorso ho dovuto prendere una decisione importante e rinunciare al completamento del Sentiero Italia. Negli ultimi giorni ho pensato un po’ all’ultimo tratto che ho percorso l’anno scorso. Chissà quest’anno come andrà…

Sono sbarcato a Maccagno ed ora devo dirigermi sulla sponda del Lago Maggiore, undici chilometri di puro asfalto. Almeno quest’anno lo percorro a fine giornata così non dovrò patire troppo il caldo. Nei prossimi giorni non salirò molto di quota ed avrò dislivelli meno marcati, però probabilmente incontrerò di nuovo rovi, ortiche e quant’altro. Comincio di buon passo a dirigermi verso l’inizio del sentiero. I piedi fanno male perché sono rovinati dall’umidità. Incontro delle spiagge ed ancora penso a farmi un bagno, ma sono indeciso e così perdo l’occasione. In questo tratto non c’è dislivello praticamente. Lungo la strada vedo belle villette affacciate sul mare e molte di queste appartengo a stranieri, lo so per le targhe delle auto parcheggiate nella proprietà o per il nome scritto nella bocchetta delle poste.

Non è una bella strada da percorrere, le macchie sfrecciano ed in curva non sono sempre ben visibile.

Arrivo fino al confine con Zenna, oltre la Svizzera. Risalgo verso Pino e sento una goccia di pioggia, infatti verso il Piemonte le nuvole sembrano prorio quelle da pioggia. Arrivato al paese mi sciacquo in una fontana per poter dormire più tranquillo. Seguo le indicazioni per Bassano, un piccolo borgo che si trova a 540 metri. Voglio arrivare lì per passare la notte al coperto. La pioggia non è molta ma insiste così copro lo zaino. Quando inizio il sentiero, mi stupisco. Hanno rasato l’erba e quant’altro impicciava il passaggio, cosa che l’anno scorso non avevano fatto e le varie piante ostacolavano il passaggio. La pioggia mi mette un po’ di brio, l’anno scorso aveva cominciato a piovere proprio verso quest’ora ed era durata tutta la notte.

La mulattiera che seguo è fatta di rocce che ora si stanno bagnando diventando scivolose. La pioggia ha bagnato anche leggermente le gambe, ed ora tra le cosce mi da fastidio perché mi sono irritato grazie al sudore. Al paese trovo subito un lavatoio, acqua non potabile, ne bevo una bella sorsata e mi lavo il viso e le braccia che sono tornate umide per il sudore. Ora mi devo trovare il riparo. Il lavatoio potrebbe andare bene, ma io rumore dell’acqua oggi non mi va. Nella piazzetta, vedo un garage aperto. Due macchine parcheggiate, a meno che non escano la sera tardi, fino a domani mattina nessuno mi disturberà. Mangio e smette di piovere, addirittura vedo Giove nel cielo. Però ogni tanto qualche lampo rischiara il cielo.

Un errore abbastanza grande fermarsi qui. Il campanile vicinissimo, suona ogni mezz’ora. Dopo la pioggia c’è un po’ di movimento e poco prima delle 23 una coppia parcheggia vicino al mio riparo e rischio di essere visto perché una parte del sacco a pelo e illuminata da un lampione. Ma la coppia è impegnata a tornare a casa. Sento le campane delle 23 e finalmente prendo sonno.

Giorno 87

La pioggia si è asciugata, è ancora abbastanza buio ed io mi incammino. Alle 6 sto già sudando alla grande. Fa caldo, tanto che ho dormito con il busto fuori dal sacco a pelo. In località Monti di Bassano incontro di nuovo dei cinghiali, era molto tempo che non li vedevo. Il cielo appariva coperto appena partito, ma ora sembra promettere una bella giornata. Alle 7, in perfetto orario, raggiungo il posto dove ho passato la notte l’anno scorso. Un ripostiglio appena sufficiente per stendermi. Ora comincio a seguire la traccia del giorno successivo e leggere che mancano 51.5km al supermercato dove voglio fare la spesa non è una bella cosa da scoprire alle 7 di mattina. Sembrano davvero tanti anche se so che sono alla mia portata. L’anno scorso ho impiegato 12 ore e mezza per questo percorso. Essendo un ipermercato quello che intendo raggiungere dovrei avere tempo fino le 20.

Sono le 7.15, sto salendo dal Passo della Forcora per raggiungere il Passo di Fontana Rossa e sento un tuono. Guardo in direzione, ma non vedo nuvole grigie. Cinque minuti dopo un altro tuono, esco dal bosco e vedo una foschia bluastra nell’altro versante del lago, li sta piovendo. Sto percorrendo una cresta dove ci sono quasi soli betulle e felci, un luogo in cui tornare un autunno per qualche foto. Dal passo scendo su una strada brecciata per arrivare alle Baite di Montesarchio. Quanto belle sono! Una ventina di baite tutte tenute molto bene, naturalmente costruite in pietra. Non una uguale all’altra e non saprei quale scegliere. La strada mi porta fino a Cangili ed anche qui ci sono baite molto belle. Seguo ancora fino a Biegno e poi prendo un sentiero. Inizia subito ad essere insidioso perché è ripido e presenta una base di terriccio con sopra detriti ed ogni tanto perdo aderenza. Nei pressi del fiume c’è Piero, un borgo che mi da l’impressione di essere molto trascurato, lo attraverso e vado al ponte.

Attraversatolo devo affrontare una salita ripida verso Monteviasco. Mentre salgo mi pare di sentire profumo…profumo da donna. Il profumo se ne va. Mi stupirei a vedere una donna qui,non può essere, deve essere stato di qualche pianta. Il profumo si ripresenta. Poco dopo vedo una donna ed una ragazza, incredibile. Mi fanno qualche domanda per capire cosa stia facendo, rispondo così posso riposare un po’. Altri 5 minuti di salita e sono al paese. In una fontana con vasca immergo le braccia e sciacquo il viso, una bella rinfrescata. Anche questo passetto mi piace. Devo fare il giro completo della valle, circa 6km, per spostarmi in linea d’aria di soli 800m.

Dal ponte Piero si poteva tagliare, prendendo un sentiero più corto invece hanno voluto far fare questo giro al Sentiero Italia. Due terzi del percorso sono sentieri, e l’ultimo terzo è una strada forestale. Una volta completato il percorso non ho capito bene perché abbiano prediletto questo tracciato. Nei pressi di Viasco prendo il sentiero che sale ad Alpone, un sentiero poco praticato e non facile da seguire. Foglie e rami coprono la traccia ed i segnavia non sempre sono efficaci. Sto salendo sulle punte e dopo 20 minuti di salita ho bisogno di una pausa tanto è ripido, il polpaccio sinistro minaccia crampi. Il sole va e viene, non fa caldo, ma io in salita sudo sempre. Arrivato ad Alpone trovo un’altra bella fontana e mi rinfresco. L’acqua è quasi troppo fredda, sento tutto irrigidirsi. La pancia ormai brontola da qualche chilometro e presto mi fermo. Affronto l’ultimo tratto in salita e mi trovo un posto adatto a me. Quando ritorno in piano, il nervo sciatico mi fa qualche scherzetto. Mi informicola la testa e mi fa sentire ubriaco. È proprio il momento per una pausa. Prendo un bel po’ di Nesquik, si perché il fruttosio non è stato promosso, per far sì che gli zuccheri vengano assimilati da subito. Poi continuo con il pane. Riprendo a camminare ed è tutta un altra storia. Raggiungo Pradecolo tramite una strada forestale, lo raggiungo alle 12.40. Ci ho messo 20 minuti in meno dell’anno scorso per percorrere questo tratto. Non è molto ma è sempre un miglioramento. Un pezzetto di asfalto e poi un altra strada forestale, poi ancora un sentiero per Prato Bernardo. Ora fa caldo anche nel bosco.

Passo Alpe Fontana e poi comincio la discesa verso Dumeza, comincia subito insidiosa, con una buona pendenza ma con la presenza di rami, sassi, radici ad impedire un proseguire fluido. Come al solito, vicino alla strada aumentano i cocci. Stanno facendo dei lavori e quindi con mezzi pesanti sono passati ed hanno uniformato il terreno. Arrivo a Dumeza alle 14.10, altri 20 minuti recuperati. Un breve tratto in paese e prendo subito una strada secondaria che diventa sentiero di bosco. Nemmeno me ne accorgo e sono in Svizzera. Non ho visto cippi o quant’altro, ma attraversare la frontiera me lo fa capire. Ritorno nel bosco ed è un bene perché a queste quote fa caldo, almeno evito il sole diretto. Dopo questo tratto sono costretto a tornare su una strada asfaltata sotto il sole. Sto camminando in piano e sudo come fossi in salita. L’anno scorso ricordo che proprio in questo tratto avevo un sacco di caldo ai piedi per delle scarpe troppo calde. Un chilometro e di nuovo bosco, poi ancora asfalto e poi scendo verso il fiume Tresa dove comincio l’ultima lunga salita verso il Monte Tre Termini. Ho sete, ma non ci sono fontane per altri 5 chilometri. L’attacco del sentiero è in brutte condizioni. Ci sono alberi e rovi a bloccare il passaggio. Per salire di una decina di metri impiego 3-4 minuti per cercare di essere punto il meno possibile. Il sentiero incrocia un altro sentiero più battuto e lo segue, ora non ho difficoltà. Sembra una pista utilizzata da motociclisti e  MTB. Salgo fino ad incrociare una strada asfaltata che mi porta a Biviglione, lungo la strada trovo un po’ d’acqua che scende da un calanco sul fianco della montagna. Non sono solito bere da queste situazioni perché vicino alle strade c’è sempre qualcuno che butta rifiuti proprio in questi luoghi, ma a monte ci sono solo sentieri. Bevo avidamente anche se l’acqua non ha proprio un buon sapore. Riprendo la salita su un sentiero scivoloso e non ben definito, ma presto incontro un tratturo e le cose migliorano, dopo un altro ancora meglio e salgo agevolmente.

Ad un certo punto nel bosco incontro uno di quei cartelli “Percorso Vita”, così dal nulla. Immagino ci sia una strada qui vicino perché sarebbe scomodo fare il percorso che ho fatto io per raggiungere il tratto con gli esercizi. Questo era il punto 9, 100 metri più in la incontro il 4. Qualcosa non mi è chiaro. Ho fatto il percorso del sentiero che era il più comodo e non ho visto altre vie. Mi accorgo che i cartelli e le attrezzature sono state messe da poco perché la terra è ancora smossa. Dopo il 4 incontro il 5 e poi il 6. Seguo sempre la principale e non ci sono più cartelli. Mah.

Riprendo a salire con una buona pendenza ed arriva un po’ di venticello fresco, una goduria. Poco dopo, ad un bivio, mi fermo per prendere il pacco di biscotti dallo zaino e fare merenda. Continuo a seguire la segnaletica fino in cima al Monte più scendo fino al Colle della Nave. Al Colle c’è una mappa, come al solito controllo se c’è qualche informazione per me. Su questa mappa il sentiero Italia fa un giro diverso da quello trovato sulla mappa di Maccagno. Ed ho come l’impressione che quello percorso da me non sia quello corretto. Continuo sul versante Nord del Monte la Nave per raggiungere la chiesa di San Paolo. Ultima breve salita poi si fa la spesa! Poco prima della chiesa c’è acqua, mi rinfresco e bevo. Dalla chiesa il sentiero parte tutto rotto, sassi di tutti i tipi, poi incontra un tratturo più agevole, infine asfaltato.

Sono quasi arrivato. Seguo i segnavia, ma hanno sbarrato un passaggio con un cancello, e lo hanno saldato così da non poterlo più aprire. Controllo sulla mappa la strada più breve per recuperare e allungando poco meno di 100m lo riprendo. Arrivo fino alla strada principale che taglia il paese, lascio il sentiero per andare verso il supermercato. Se riesco a ripartire prima delle 19, posso continuare sul sentiero per arrivare fino ad un bivacco segnato sulla mappa scaricata da internet. Questa notte, dopo le 22 hanno messo pioggia, e nemmeno poca.

Per raggiungere il Bivacco però mi ci vorranno circa 3 ore, ed il problema maggiore è che non so nemmeno di che tipo sia. Potrebbe essere anche solo un riparo in cui non ci si riesce a stendere. Sulle mappe trovate sul campo quindi abbastanza affidabili, non c’è segnato nulla. Entrato nel supermercato, c’è davvero l’imbarazzo della scelta comprerei un sacco di cose, dalla frutta a prodotti più elaborati, e io sono goloso, e questo aumenta ancora di più la voglia di comprare un sacco di cose. Poi, mi ricordo che sto facendo un viaggio a piedi con lo zaino in spalla. Significa che he tutto quello che compro dovrò portarlo sulle spalle, senza dimenticare che i beni facilmente deperibili non sono una buona scelta se non vengono consumati immediatamente. Anche la frutta a volte è un azzardo perché nello zaino viene schiacciata e prende caldo. Vabbè, prendo il solito più una crema spalmabile giusto per deliziarmi un po’. Esco esattamente alle 19, perfetto. 500m di marciapiede e recupero il sentiero. Mi infilo nella viuzza e sento due tuoni in successione. Guardo il cielo, sta per piovere. La pioggia è in anticipo. Mi immetto nel bosco e continuano dei forti tuoni.

Penso veloce. Rischio di prendere 3 ore di pioggia fino al Bivacco e trovare qualcosa di nemmeno adatto. L’alternativa è tornare al supermercato, fare altra spesa da mangiare subito, ripararmi nel locale scale mobili come l’anno scorso, passare la notte al coperto ed al caldo e ricaricare le batterie. Mi scoccia davvero prendere la pioggia perciò copro lo zaino e mi metto la giacca perché ho l’impressione comincerà a piovere forte. I tuoni continuano e non credo siano solo di facciata. Ripercorrono la strada all’indietro fino al supermercato e la pioggia aumenta sempre. Quando entro aumenta ancora. Non compro molte cose perché ho paura di non finire tutto rischiando di portare peso un’utile sulle spalle.

Esco e spero il locale scale mobili sia aperto altrimenti sarei fregato.

Senza dare nell’occhio sgattaiolo fuori e vado nel retro.. C’è un nel po’ di immondizia qui dietro, non sono l’unico che ci viene. Arrivo alla porta, tiro.

Si apre, un sollievo. Mi metto al riparo ed anche comodo. Metto in carica le batterie ed il cellulare e comincio a mangiare. Un po’ di insalata per cominciare, poi il pane con la crema spalmabile. Presto mi viene sonno e mi lascio cullare dal caldo sacco a pelo.

Giorno 88

A mezzanotte mi sveglio ed ancora piove, metto in carica anche la torcia visto che il telefono è a posto. Sono contento di non aver proseguito, avrei rischiato di non trovare un riparo.

Esco fuori dal riparo con la felpa aspettandomi temperature basse, ma non è proprio così. Ritorno a preparare lo zaino.

Dopo il primo tratto sul marciapiede a fianco la principale preso una via anonima che mi porta al sentiero. Il sentiero è tutto rotto, ma mi permette di non bagnare i piedi vista l’assenza di erba. Non è segnalato bene e l’anno scorso avevo sbagliato due volte, quest’anno ho lo stesso istinto, ma grazie alle tracce mi correggo. Il cielo è coperto da nuvole e sotto il bosco piove ancora. Ogni tanto la vista si apre verso valle e vedo i paesi ed il Lago di Lugano. Il sole sta sorgendo, ma alcune cime sono coperte dalle nuvole.

Alle 7 raggiungo un bivio nei pressi del monte Marzio e vedo una ragazza, ferma in mezzo alla strada. Senza zaino, ha solo un sacchetto in mano, una cosa strana. Avvicinandosi mi accorgo che i capelli non sono biondi, ma grigi. Si gira e mi saluta. Mi chiede subito se parlo in inglese. Rispondo affermativamente, mi dice che ci sono dei cinghiali ed è lì che li sta guardando. Due chiacchiere veloci e mi chiede di non andare in contro a loro per non disturbarli visto che anche lei è ferma proprio per lasciarli in pace. Dall’accento deve essere sicuramente del Nord America. Fortuna vuole che il sentiero passi su un tratto parallelo al luogo in cui ci sono i cinghiali.

Riparto e ci penso. Ho incontrato una signora, ben distinta, vestita sportiva, sui 65-70 in montagna, in un sentiero probabilmente poco battuto, alla mattina alle 7, quindi deve essere partita con il buio questa mattina, ed è ferma in mezzo ad una strada. A 50 metri da lei dei cinghiali stanno procacciandosi del cibo. Ci sono i piccoli. E la donna, non solo non è impaurita, ma è lì ferma per rispetto degli animali, ed in più si sta godendo veramente questo incontro e questo momento.

Questi sono degli incontri degni di memoria.

Dopo la cima, raggiungo un “Belvedere” chiamato Monte Rosa perché proprio da questo punto si vede molto bene il Monte Rosa. Uno squarcio tra gli alberi permette la vista sul nostro secondo 4000. Oggi è velato, ma i ghiacciai spiccano e lo rendono immediatamente riconoscibile.

In cielo intanto sono sparite le nuvole. Continuo nel bosco e alcune piante mi bagnano le gambe, brrr. Arrivo a Marzio, attraverso la strada e riprendo a salire. Anche qui purtroppo la strada è tutta rotta, ma almeno non bagno i piedi. La segnaletica comincia ad essere scadente. Passo da tratti buoni a tratti meno buoni. Le mappe non riportano l’intreccio di strade del sentiero che sono presenti sul luogo e quindi non sono molto efficaci. Faccio molto affidamento alla traccia dell’anno scorso, e su un tratto ho qualche dubbio. Scendo fino a Quasso al Monte ed anche qui qualche dubbio mi viene, prediligo una stradina che passa per le viuzze del paese invece della principale, ma tutti i dubbi vengono chiariti quando trovo una mappa della zona. Indicati ci sono io Sentiero Italia, l’E1 e pure il SC, che sta per Sentiero Confinale. , ovvero il sentiero che sto seguendo ormai da ieri che segue quella che era la Linea Cadorna, molto importante per i primi del novecento e la Prima Guerra Mondiale. Lascio la strada e vedo le prime fortificazioni, trincee e bunker. Poco dopo sono a Porto Ceresio, diretto all’ipermercato. Stessa storia di ieri, tantissima scelta e tanti compromessi. Ne esco però con una bibita fresca, ma non mi da grande soddisfazione. Mi muovo verso Sud e ritorno suo sentiero Confinale. Salgo nel bosco, è molto buio, così mi risparmio la calura del sole. Dopo la Località Ca del Monte la segnaletica è scarsa, perciò tento la fortuna, l’anno scorso avevo sbagliato senza accorgermene. Sbaglio prendendo un sentiero parallelo a quello reale e finisco in Svizzera per 200m, I cippi segnano la data 1922.

Altro incrocio e non so bene dove andare. Tento ancora la fortuna. Dopo un po’ vedo qualche albero sporco di bianco e rosso e mi conforto. Comincio a salire su una vecchia strada militare ormai tutta rovinata, la pendenza non è marcata e mi permette di fare lunghe distanze con poco sforzo. Poi a 80 metri dalla cima la strada diventa un sentiero più ripido. Ricomincio a sudare ed a sfruttare le gambe. Sulla cresta ci sono molte postazioni di guerra. Anche qui si sviluppava la linea Cadorna. Oltre le trincee e qualche bunker, nei pressi del monte Orsara, c’è pure una galleria. Si vedono le postazioni dove tenevano i cannoni ed uno è ancora qui.

Uscito dalla galleria il caldo e l’afa si fanno sentire. Mi fermo per un boccone e scendo verso Viggú, inizialmente il sentiero non è messo bene poi migliora notevolmente. Al paese trovo indicazioni che l’anno scorso non avevo visto e mi fanno percorrere un tratto molto diverso da quello che conoscevo. Devono aver modificato il tracciato. Un primo tratto di asfalto, poi sterrato. A Baraggia ritorno su asfalto ed i segnavia non sono molto evidenti, sbaglio strada e cerco di recuperare. Ritorno indietro e vedo uno sbiaditissimo segnavia, dargli una rinfrescata sarebbe cosa dovuta. Comunque ritorno su una sterrata passando vicino a delle case di campagna fino ad incontrare ancora asfaltato. Nella mappa trovata a Viggú, il tratto successivo è tratteggiato, presto scoprirò essere un finto sentiero. Si percorre il lato di un campo coltivato per raggiungere una sterrata. 600 metri di sterrato e ancora asfalto, ma qui mancano i segnavia e mi ricollego al percorso fatto l’anno scorso. Seguo la strada per circa 3km che alla fine ritorna una strada di campagna che mi porta fino a Ligurno dove vedo di nuovo i segnavia. A Ligurno c’è un bel lavatoio dove posso prendere acqua e dare una rinfrescata alle braccia. Sotto il sole sudo parecchio. Prendo la mulattiera che scende diretta verso il Rio dei Gioghi. L’anno scorso non è stato facile trovarla al buio. Arrivato alla strada la percorro per 500 metri ed entro nel bosco dove un cartello mi indica il Sentiero Italia. Salgo al Santuario sopra Roccolo, l’anno scorso non avevo trovato il corretto sentiero da seguire perché i cartelli per la mia direzione sono stati portati via. Con molta attenzione quest’anno lo trovo.

Da qui fino a Cernobbio sono 30 chilometri e l’anno scorso avevo impiegato 6 ore per percorrerli. Il mio problema è l’alimentari. Domani è domenica e non sono certo sia aperto. Dopo Cernobbio il prossimo che incontro è a San Fedele Intelvi, 35km più avanti. Faccio una ricerca per trovare i numeri di telefono per capire se nel pomeriggio troverò aperto. Sono le 15.30 e non mi rispondono, probabilmente è ancora chiuso. Se domani non dovessi trovare aperto, dovrei procurarmi la spesa a Como fino a lunedì. E le opzioni sono due: arrivare in tempo questa sera, o aspettare l’apertura domani mattina. Non ho voglia di fare le corse perciò mi informo sull’orario di apertura dei supermercati. Purtroppo da internet, sembra aprano tutti alle 9. Un occasione per riposare. Si ma, aspettare fino alle nove significa perdere 3 ore e mezza di marcia. In più trovare un posto dove passare la notte in paese senza essere disturbato non è facile. Senza contare il fatto di dover fare i bisogni appena svegliato…Belle scocciature. Mentre penso a queste cose, mi viene in mente che c’è un altro piccolo inconveniente. Domani non arriverei prima di mezzogiorno a San Fedele Intelvi, e non ho con me il pranzo per domani. Devo comunque procurarmi almeno 400g di pane per domani a mezzogiorno.

Trenta chilometri fatti in 6 ore l’anno scorso e di pure di buon passo perché volevo arrivare presto alla Como per poi fermarmi qualche giorno da parenti e rivedere i miei genitori. Internet mi dice che i centri commerciali chiudono uno alle 20, quello più vicino a Como Monte Olimpino e l’altro a Cernobbio alle 20.30. Quindi dovrei percorrere la distanza in meno di 4.5 ore per non arrivare a ridosso della chiusura. Una bella sfida camminare quasi a 7km orari. Il percorso non presenta grandissimi dislivelli o difficoltà, ma resta sempre un percorso tra mulattiere e sentieri, con qualche tratto di asfalto. Insomma non posso permettermi di camminare. Devo correre.

Tutti questi pensiero probabilmente sono passati per la mia testa più in fretta del tempo di leggerli, ma non è finita qui. Fino al Santuario avevo gli appunti presi l’anno scorso, da qui in poi mi restano “solo” le tracce, perché i punti d’acqua, i ripari od altre informazioni purtroppo li ho persi. Un piccolo assaggio di quello che sarà il sentiero dopo il Passo del Barbacan, dove l’anno scorso ho rinunciato a continuare. Sto ancora scendendo e le gambe  cominciano a correre. Il problema è l’acqua. Ne ho un po’ con me, forse 300ml, non ricordo se ne avevo trovata più avanti. A valle mi trovo a percorrere una pista pedonale a fianco una ferrovia ormai dismessa che utilizzano ogni tanto per qualche evento in occasione di festeggiamenti. Ora gli avvenimenti sono molto dinamici. Corro su questa pista in piano, poi volto nel bosco ma non sono sicuro sia il sentiero, sento le gambe potenti, ormai il cervello ha deciso di arrivare a fare la spesa. Se solo mi fossi svegliato prima! Ma non avevo pensato a tutte queste cose. Trovo un numero da chiamare per l’alimentari a San Fedele Intelvi. Salgo il monte a Nord di Bizarone, la segnaletica è discordante, ma ora mi importa fare una chiamata. Domani pomeriggio sono chiusi mi dice la voce d’altra parte.

Sono costretto a fare la spesa vicino Como. Chiamo pure il supermercato di Monte Olimpino per conferma sull’orario. Chiude alle 20 oggi. Se riesco a correre, dovrei farcela per questa sera. Ogni minuto guardo la traccia dell’anno scorso per evitare di perdere tempo agli incroci, sapendo già la direzione da prendere è più facile. Anche in salita dove di sono piccole pendenze cerco di correre ed utilizzo i bastoncini per un ulteriore spinta. In corsa però non sono comodi da usare. I chilometri calano in fretta obiettivamente, ma fino a quando non sarò ad un rapporto km/ore di 5 a 1 non mi sentirò tranquillo. Arrivo a Drezzo dove mi pareva ci fosse una fontana, ma non la vedo. In compenso vedo un alimentari aperto, ma dopo tutto il sacrificio per fare in fretta non mi va di mollare, anche perché ho buone probabilità di farcela perciò continuo con la corsa. Sopra il paese c’è un area per festeggiamenti, e trovo profumo di fritto. Mi ricorda il profumo di fiori di zucca fritti. Che voglia! Non posso indugiare, così prendo il sentiero a testa bassa ed a gambe alte. Sono ora nel parco Spina Verde. La sete si fa sentire, io comunque continuo a correre. Corro anche a fianco del confine con la Svizzera. Una serie di pali di ferro segnano il confine tra i due stati. Scendo un po’ per poi affrontare l’ultima salita al Sasso di Cavallasca. Incrocio il Seveso, e mi devo fermare per bere, proprio dove sto prendendo acqua c’è un guanto ed un pezzo di plastica immerso. Spero nessuno abbia avuto idee simili a monte. Bevo e l’acqua sembra buona, non ha gusto sgradevole. Altre trincee e poi il bosco si apre verso la Pianura Padana. Riesco a vedere dei palazzi molto alti verso sud, quasi sicuramente Milano. Sono in cima, ora non mi resta che fare del mio meglio in discesa. A conti fatti sono riuscito a recuperare sufficiente tempo. Qualche centinaio di metri dopo e comincia l’asfalto. Ottimo, così andrò ancora più veloce.

Trovo una fontana, mi fermo, voglio rinfrescarmi. Bevo e riparto. Tutta discesa veloce e comoda. Arrivo ad una strada abbastanza grande, un ultimo segnavia e poi più nulla. Seguo il percorso fatto l’anno scorso che mi porta in zone residenziali e poi a ridosso del lago ad alcune ville. Ora sono sulla strada che costeggia il lago, ultimi 2 chilometri. Non ho voglia di fermarmi perciò continuo a correre. Ad una rotonda devo uscire da quello che credo sia il sentiero per andare verso l’iper.

Chiedo per sicurezza indicazioni ad un passante, perché è un vero groviglio di strade, ma la mia via è tutta dritta.

Lo vedo, è lì di fronte a me, e sono le 19.30 come entro la temperatura cambia, è più bassa, I climatizzatori stanno lavorando bene. Per un attimo ho il dubbio non ci sia il reparto cibo, ma si trova al secondo piano. Prima però me ne vado al bagno. Sono sudato e mi do una rinfrescata, con il sapone a disposizione mi lavo alla meglio anche le ascelle. Adesso un po’ profumo. Bene, si va a fare la spesa. Entro ed è strapieno di beni, ma veramente pieno, più di ieri. Faccio una buona spesa pensando al fatto che fino a lunedì non incontrerò niente di aperto. Alla fine forse abbondo anche un po’ troppo. Lo zaino è quasi al limite. Ho pure sbagliato e preso un pacco di biscotti in più. Prima di uscire riempio la borraccia perché non so se troverò altra acqua. Visto che ci sono anche dei fast food, mi prendo anche delle patatine fritte per mangiare qualcosa di caldo. Esco e mi metto nel parcheggio del biciclette per mangiare, il caldo che c’è fuori ritorna ad impadronirsi delle mie sensazioni.

Finito di mangiare è ora di trovare un riparo, la notte hanno messo pioggia. Passo il centro di Cannobio e comincio la salita verso Piazza Santo Stefano ed improvviso il sentiero. Salgo ancora, arrivo quasi a Gentrino, e noto un cantiere. Stanno costruendo delle belle case con vista sul lago. Entro e mi trovo un posto riparato dalla pioggia, faccio un giro per curiosare, sembrano proprio case che costano. Ritorno al giaciglio e controllo i sentieri dei prossimi giorni, in particolare da dopo il passo del Barbacan. Li l’anno scorso ho dovuto rinunciare. Il percorso sembra molto impegnativo, e per 3 o 4 giorni non avrò la possibilità di fare rifornimento di cibo. Questo lo rende ancora più difficile perché avrò lo zaino pesante su terreni tra i più difficili. Fino alle 23 non riesco a prendere sonno ed il sacco a pelo non è adatto a queste temperature. Intanto, sempre controllando i sentieri mangio buona parte dei chili di prugne che mi sono preso.

Giorno 89

All’una e mezza mi sveglio, poco dopo cominciano i tuoni. Uno è tanto forte che mi spaventa, e la pioggia arriva. Mi riaddormento quasi subito. Dopo la pioggia la temperatura è calata, allora usa il sacco a pelo come coperta, ma ancora è troppo caldo perciò un pezzo di braccio e gamba restano fuori.

Sono le 5,la sveglia suona. 5.30 si parte.

La pioggia sembra essersi asciugata. Le temperature che appena partito mi facevano pensare di mettere la felpa, ora in salita sono buone e forse vorrei anche qualche grado in meno.

A Gentrino riprendono i segnavia che da Como non vedevo più. Salgo sempre su mulattiera fino a Monti Piazzola, dove un signore mi ferma con un “Che mattiniero!”. Anche se inizialmente non volevo, mi offre un caffè, e cominciamo a chiacchierare. Da una casa vicino ci raggiunge sua mamma e per una ventina di minuti c’è uno scambio di domande e risposta. Purtroppo devo andare, e riprendo la strada verso Trieste. Ad un tornante, in corrispondenza di un ponte, prendo un sentiero non segnato e poco visibile che dovrebbe essere in Sentiero Italia. L’anno scorso avevo proseguito sulla strada arrivando a Pianello e da lì ho preso un sentiero che saliva sulla costa fino al Rifugio Bisbino. Il sentiero che sto prendendo non è presente sulla mappa perciò vado un po’ alla cieca. C’è una traccia abbastanza netta, ma non ci sono segnavia inizialmente. Compaiono dei segni rossi verticali su alcune rocce che mi confortano. Li perdo e non sono sicuro di aver preso il tracciato giusto. Poi incontro dei segnavia come quelli del sentiero Italia ed in un prato perdo di nuovo i segnali. Raggiungo una strada erbosa che mi porta al Rifugio. Una volta arrivato entro in cerca di informazioni. Una mappa abbastanza approssimativa mi fa capire di aver sbagliato proprio quando ho incontrato i segnavia simili a quello del sentiero Italia. Da qui comunque dovrebbe essere più facile perché comincio l’Alta Via dei Monti Lariani. Oggi il percorso non prevede grandi dislivelli, e per questo incontro qualche escursionista e passeggiatore italiano. Durante la mattina mi trovo a percorrere mulattiere, stradine e qualche sentiero, seguo l’andamento dei monti e purtroppo la segnaletica è carente. Quando sono nei pressi del Rifugio Prabello vedo verso valle dei paesi, non sono lontani, forse 8km in linea d’aria.

Controllo ed è San Fedele Intelvi, ma come? Sul sentiero sono solo 16 chilometri, ora sono le 10.30. Quindi svegliandomi un po’ prima, evitando del peso e mettendoci un po’ di grinta, sarei arrivato in tempo per la spesa. Vabbè, allenamento per i prossimi difficili giorni. In discesa si fa sentire il peso dello zaino. Proseguo senza grossi problemi fino al Rifugio Capanna Giuseppe e Bruno da qui fino al paese e piuttosto incerto, I cartelli dicono una cosa, i segnavia un altra. La prima fontana della giornata la trovo nei pressi di San Fedele Intelvi, dopo 30 chilometri percorsi. Per fortuna la pioggia ed i tratti di bosco mi hanno tenuto fresco.

Al paese trovo un lavatoio e mi immergo e bevo abbondantemente. Riempio la borraccia e sono pronto. Non ho molta voglia di proseguire, e non è perché il meteo ha messo pioggia quasi tutto il giorno di domani. Forse sto pagando un po’ per ieri, forse vedere tanta gente nel giorno di riposo, non lo so.

La strada parte in forte pendenza, poi molla ed entra nel bosco. Gocce cadono copiose dal viso ed ho gli avambracci più che umidi, a 1100m la pendenza diminuisce. Sto pensando di arrivare fino ad una galleria militare per passare la notte al coperto, si trova a circa 2.5 ore di cammino da Girandola, ma i cartelli con segnati i tempi di percorrenza mi fanno pensare di arrivare proprio al paese dove ricordo c’è un buon lavatoio che mi permetterebbe di essere ben riparato. Intanto i sentieri sono agevoli, il problema è che buona parte della traccia l’ho persa per seri problemi avuti il giorno in cui stavo registrando e quindi niente tempi di percorrenza. Vediamo cosa riesco a fare. Non cerco di andare forte, mi sento un po’ fiacco, ma il sentiero mi da una mano perché non si tratta di percorsi difficili anche se i segnavia sarebbero da aumentare. Fino al Rifugio Boffalora, più un ristorantino che un rifugio, procedo agilmente, dopodiché comincio un sentiero non in buone condizioni. Salgo e scendo di poco, ma continuamente, ho l’impressione che questo mi stanchi di più. Passo diversi alpeggi restando sempre più o meno in quota, poi all’Alpe Piazza comincia una strada sterrata e procedo meglio. Altri begli alpeggi lungo il percorso e questa strada è davvero ripida, fortuna vuole che la incontro in discesa. Dopo 15 chilometri incontro la seconda fontana della giornata.

Ancora forti pendenze in discesa e poi prendo una strada in piano fino alla località Narro. Da qui inizia un brutto sentiero, ci sono rovi e alberi a terra, il passaggio è stretto ed a volte pericoloso. Per 4 km devo subire questo percorso che non mi era piaciuto l’anno scorso e non è cambiato quest’anno. Giungo fino alla galleria dove pensavo di passare la notte, ma non sono nemmeno le 19, così punto a Grandola ed Uniti. Il primo pezzo è detritico, nonostante una volta si trattava di una strada militare. Non dura molto perché nei pressi di Pra della Sala comincio a percorre una carrabile, comoda, in discesa. La pendenza anche qui aumenta dopo Bocchetta della Nava, ma è stata cementata per evitare l’erosione. In fretta raggiungo Paullo e da qui ritorno su sentiero, un sentiero trascurato. Chiuso tra rovi e rosa spina, per fortuna quest’anno non indosso il materiale impermeabile. Diverse piante cercano di portarmi via il Buff e gli occhiali che si impigliano sulle spine. Arrivato a in località Croce, mi fermo al lavatoio, ma sono solo le 20. Comincio ad avere un certo languorino e mi accorgo di non aver fatto merenda. Un rapido controllo alla traccia e noto che in un oretta e mezza arrivo in località Le Piazze dove ricordo un riparo. Dovrei fermarmi qui, perché domani dovrei fare la spesa, ma visto che ho due pacchi di biscotti in più, potrei mangiarne uno per pranzo e puntare a fare la spesa a Garzeno così da poter partire prima la mattina e recuperare tempo senza aspettare l’apertura del alimentari, ma proseguendo, potrei avvantaggiarmi e pensare di arrivare addirittura prima di mezzogiorno.

Da Codogna scendo verso il fiume e poi ritorno su sentiero verso Barna. Riprendo inevitabilmente a sudare, ed una volta in piazza del paese mi fermo alla fontana per acqua ed una sciacquata. Con il sudore di questi giorni, mi sto irritando vicino l’ascella, nell’area di contatto tra il braccio ed il fianco, spero che lavando il sudore migliori, ma ogni volta il pizzicore ritorna. Metto in bocca un po’ di frutta secca e del Nesquik. Riempio la borraccia perché non sono sicuro di trovare acqua più avanti. Mentre salgo verso La Piazza, mi viene in mente un posto non troppo lontano dove mi sarebbe piaciuto passare la notte. Una casetta nel bosco a fianco del sentiero dove ricordo di aver trovato la porta aperta e dentro dei libri appoggiati su un tavolo. Un biglietto diceva che erano libri liberi, si potevano leggere li, a casa, con l’augurio di ricambiare il favore. Avendo però perso gli appunti non ricordo bene la posizione. Sono abbastanza sicuro si trovi poco dopo Breglia, ma se dovessi sbagliare sarei nei pasticci visto hanno messo abbastanza pioggia per la notte. Se andasse a buon fine mi avvantaggerei ulteriormente per la spesa di domani.

Quindi nell’errore di aver preso troppe cose, ora mi trovo favorito. A La Piazza, c’è la fontana, ma pazienza, così non ho rischiato. Continuo verso Breglia, sono altri 2 chilometri, sono le 21.30 e se la mente non mi inganna in massimo 4 sono alla casetta. Devo usare la frontale ora perché è troppo buio. Prima di Breglia trovo altre fontane che purtroppo non ricordavo. Mentre raggiungo il paese le nuvole che avevo notato avvicinarsi cominciano a cantare, i tuoni sembrano lontani. Passo il paese e comincio il bosco. I tuoni sono più vicini. Dai che trovo la casetta. I tuoni continuano e ne sento uno vicino. Poco dopo sento le foglie sopra di me scricchiolare. Ha cominciato a piovere. Distinguo una sagoma regolare nel bosco, eccola, la casetta. Ora sento un forte scroscio, sta arrivando tanta pioggia tutta di colpo. Quasi subito mi accorgo invece essere il torrente a fianco la casetta. Ecco, non serviva nemmeno prendere acqua più a valle, era tutto qui a disposizione. Appena arrivo alla porta e sto per prendere la maniglia, vedo il blocchetto della serratura.

Un lampo. E se è chiusa? Premo verso il basso la maniglia e si apre. Giusto in tempo. Il telefono prende e così aggiorno chi mi ha scritto. Intanto la pioggia, quella più seria, arriva. Mi posso rilassare ora. Faccio con calma e solo alle 22.45 mi stendo. Un altro controllo ai sentieri. Non serve mi svegli ad orari improbabili. Alle 5 è più che sufficiente.

Giorno 90

Durante la notte sogno di un ghiro, ma è probabile che il ghiro si sente davvero nella casetta. Ogni volta che mi sveglio sento riprendere a piovere. Alle 5 suona, non ho molta voglia. Posticipo, ma poi devo alzarmi, 5.40 e si parte.

Il cielo è limpido sopra di me. Le nuvole sono verso la pianura padana, mi sembra ci sia un bel po’ di luce per essere così presto. Arrivo a Carcente, ancora dorme il paese. Poi continuo per diversi alpeggi, qui di acqua c’è n’è a volontà, non come ieri. Si alza il vento, ma il cielo sembra limpido, mi accorgo che stanno arrivando da Nord delle nuvole che prima non c’erano. Cominciano dei tuoni, sembrano lontani poi sempre più vicini fino a quando c’è li ho sopra. Ancora non piove, ma so che presto arriverà. Cominciano le prime gocce e mi riparo sotto un misero tetto di 40cm di una specie di casetta per per una fontana, poi mi accorgo che si può entrare. Non è molto grande e per terra è tutto bagnato, ma c’è una specie di lavandino sottosopra che mi permette di appoggiare lo zaino. Fuori ha cominciato a piovere molto. Cerco di vestirmi in questo spazio angusto ed i fulmini suonano sopra la testa. Quando sono pronto per uscire ormai il temporale si è spostato sopra il lago di Como e non piove più molto. Mi avvio e pochissimo dopo vedo un fulmine andare giù dritto nel lago. Non una bella scena da vedere. Mi fa immediatamente pensare al fatto che se un fulmine mi arrivasse abbastanza vicino, anche senza colpirmi, potrebbe darmi una bella scossa perché non ho i piedi isolati. Non mi sento molto tranquillo, ma il temporale si sta allontanando. Doveva piovere continuamente da questa notte, mi è andata bene, solo alle 8.30 ha cominciato. Continua una pioggia leggera. Scendo ed incontro un pastore, mi chiede se ho visto delle mucche. Rispondo di si. Poi mi chiede se una era nera con una macchia bianca sul naso e se l’altra era un vitello bianco. Un po’ esigente il ragazzo. Purtroppo non ho prestato così tanta attenzione. Più mi chiede dove le ho viste, e se si trovano dove c’è una frana. Il sentiero in discesa era tutto piuttosto brutto. Non sono di grande aiuto. Continuo a scendere verso valle.

Sento il giubbotto umido all’interno, non è proprio gradevole. Non vedo più segnavia, ma arrivo al paese. 10.30 fatta la spesa, sono pronto per tornare sotto la pioggia. Ha calato un po’. Dalla piazza salgo per delle viuzze in modo da arrivare all’attacco del sentiero. Entro nel bosco ed ho caldo. Smette di piovere così tolgo il giubbotto che è utile ora solo per fare la sauna. Vedo un po’ di azzurro nel cielo, ma dietro di me ancora tuona. Nel bosco si stanno formando le nuvole che salgono verso le cime ed a mezzogiorno esce il sole.

In località La Costa comincio ad entrare nella valle del Liro che percorrerò tutta restando pressoché sempre in quota tra gli 800 ed i 1100m fino a Dosso del Liro dove scenderò sotto gli 800 e uscirò dalla valle. Mi fermo in un tratto asfaltato per prendere il cibo e sistemare lo zaino. Castagni e lamponi mi fanno compagnia lungo il sentiero. Noto che le scarpe tendono ad asciugarsi, quindi mi fermo per togliere i pantaloni impermeabili ed a strizzare l’acqua in eccesso delle scarpe. La valle è davvero lunga. Le scarpe si bagnano ancora, ma almeno non ci sono i pesciolini dentro. Ci sono un sacco di alpeggi in successione lungo tutto il percorso. Quando ormai ho attraversato il Liro e finito l’ultimo tratto di sentiero mi fermo perché è forse il caso di cambiare calzini e solette. Nuvole grigie da sud ovest avanzano e fanno cadere piccole gocce d’acqua. Arrivo a Dosso del Liro, il Sentiero non è segnato, e trovo un cartello solo dopo 600m. Comincia a piovigginare, ma c’è il sole. Sono indeciso se vestirmi o meno. Rischio. Continuo nel bosco dove le piante sono umide e provano a bagnare i piedi, ci riescono, ma appena. Il piede è caldo. Poco dopo incontro una strada brecciata e posso sperare di non bagnarmi più. Ogni tanto però incontro erba alta. Arrivo vicino Puglia e continuo verso Livo, il sole è uscito e le nuvole sono ritornate bianche.

Una comoda strada fino al Crotto Dangri mi permette di ricontrollare i sentieri dal Rifugio Brasca in poi, saranno 160 chilometri senza alimentari, e visto la difficoltà dei sentieri almeno per i primi 35km penso di impiegare dai 3 ai 4 giorni. Significa un sacco di peso in più sulle spalle proprio in tratti molto impegnativi e tecnici. Inoltre non so nemmeno come far stare il cibo per 4 giorni nello zaino. Come prima cosa invece di pane, saranno solo biscotti per il maggior apporto energetico a parità di peso. In più sono meno voluminosi. La testa cerca di ragionare ed ammetto di essere un po’ preoccupato. Pioviggina. Dopo il rifugio c’è un brutto sentiero. Sembra lasciato a se stesso con spesso rovi ad intralciare il passaggio. Segue un guado e poi una salita ripida, poi ancora rovi, ed entro nel bosco dove c’è molto spazio per il sudore. Raggiungo i 950m e sono a Trobbio. Si è alzato il vento, mi fermo protetto da una casa per mettere la felpa, strizzare l’acqua in eccesso e fare merenda visto che ormai sono le 19.

Il vento è abbastanza forte che anche in salita non ho troppo caldo. Betulle, ma soprattutto castagni molto vecchi sfilano sui fianchi del sentiero interrotti da qualche alpeggio. Dopo Montalto sento un dolore alle anche. Saranno messe alla prova nei prossimi giorni perciò mi fermo per riposare. Vorrei fermarmi qui, ma devo trovare un riparo se non altro dal vento. Riprendo a camminare e sono ancora in salita, comincia a calare la luce. Il sole è dietro le montagne, non sono riuscito ancora a finire il pacco di biscotti. Ritorno su una strada sterrata e vedo un buon riparo per la notte, ma voglio continuare, almeno fino a Fordeccia. Mi pare ci fosse qualcosa che faceva al caso mio. Asfalto e subito dopo il paese. Ci sarebbe qualcosa, una tettoia, ma si tratta di proprietà private, dove sembra non ci siano i proprietari al momento ma potrebbero arrivare da un momento all’altro. Decido di continuare per non avere scocciature. Trovo altre casette, le tettoie non sono così buone come le altre. Così finalmente alle 22 mi fermo. Sono stanco ed ho male alle gambe. Non mangio molto perché i biscotti, che ancora non ho finito mi hanno soddisfatto abbastanza.

Intanto è inevitabile ritornare a controllare i sentieri da dopodomani un poi. Mi accorgo di alcune inesattezze sul percorso. Se per caso avessi sbagliato di molto a preparare il tracciato, potrei rischiare di restare senza cibo. Fa freschetto e mi metto volentieri nel sacco a pelo e quando il vento mi raggiunge ci resto ancora più volentieri.

Giorno 91

Ore 3.40 mi sveglio, in cielo un sacco di stelle. Era da molto che non le vedevo.

Ore 5 la sveglia suona. La spengo invece di posticiparla, mezz’ora dopo apro gli occhi. Mi dico che è ora di muoversi. Ho passato la notte di nuovo dentro il sacco a pelo ed una volta alzato metto pure i pantaloni, fa freschetto. Guardando bene i monti ad Est e mi pare di vedere la piana dove è situato il rifugio Brasca, e di sicuro vedo il passo del Barbacan. Non c’è neve.  Alle 6 sono in marcia. Comincio a scendere, prima una strada poi sentieri nel bosco, non sempre incontro tratti agevoli. Arrivo a Sorico verso le 7.30, è ora di togliere la felpa ed i pantaloni. I segnavia da qui fino a Novate Mezzola non ci saranno. Marciapiedi, piste ciclabili e strade mi portano fino all’inizio del sentiero.

Accompagno il tragitto con un po’ di musica, e mi sembra di volare, di stare facendo un Viaggio con la V maiuscola, come quelli dei film che ti fanno sognare.

Questa è la quiete prima di una battaglia. Le montagne che devo salire sono lì, sono vicine che le sento. Mi sto caricando per quello che accadrà da domani. Comincerà il vero viaggio. Fino ad ora era una bella falsa copia che ho cercato di abbellire migliorando i tempi, impegnandomi a riuscire a fare più in fretta, consumare meno energia, portare meno peso, incastrare meglio le tappe, usare tutta l’esperienza per ottimizzare tutto, per fare del mio meglio, ma è stato un po’ come ripreparare un test. Questa volta consegnerò il compito arrivando a Trieste.

Arrivo al supermercato. Vado in cerca dei biscotti. Sono fortunato, ne hanno abbastanza. Ne prendo 12. 4 i giorni e 3 i pasti. Poi 3 barrette di cioccolato, 250g di Nesquik. Questo è quanto mi accompagnerà fino a Tirano. In realtà mi è rimasto un pacco di pane, e della frutta secca che mi sono preso ancora durante lo stop per il muscolo. Due mele ed una bibita da consumare subito. Pago e mi metto al banco della cassa per provare a far stare tutto dentro lo zaino. Entra tutto alla svelta, non ho grossi problemi, e volendo c’è posto per altro. Ora basta musica, si va in montagna. Comincio la salita dopo aver attraversato Novate Mezzola e Mezzolpiano, comincio le Alpi Retiche. L’anno scorso ne ho avuto solo un assaggio. Il sentiero ha una forte pendenza ma è ben tenuto, una scalinata fatta con grandi massi mi permette di salire veloce, molto veloce. Le paure di ieri ora non ci sono, sono sparite perché so di dovermela cavare comunque, con o senza di loro. Lungo l’impegnativa salita incontro diversi gruppi di scout intenti a riposare, scherzo un po’ con loro mentre vado via veloce. Non sento il peso dello zaino, le gambe sono leggere. A 700m la pendenza diminuisce e poco dopo comincio a sentire un po’ di stanchezza. Sotto una piccola galleria passo il punto in cui ho dormito l’ultima notte l’anno scorso. Poi arrivo a Codera. Ora una strada mi porterà fino al Rifugio. Le gambe vanno, ma perché devono. Forse mi sono giocato un po’ troppa energia nel primo tratto. Mi fermo per dare un po’ di tregua alle gambe, cerco di sistemare meglio lo zaino visto che ora devo portare più peso. Il dolore al piede sinistro si è fatto di nuovo vivo dopo un po’ di giorni di quiete. Le spalle danno qualche piccolo allarme. Non sono abituate a questo carico. Quando sono ad un chilometro dal rifugio cade qualche goccia di pioggia. Per gli ultimi 6 giorni, da quando sono entrato in Lombardia, non sono mai salito oltre i 1400m, invece nei prossimi giorni non scenderò mai sotto quella quota.

Al Rifugio mi riconoscono subito, mi accoglie Mirco e mi presenta gli altri. Per fortuna sono in tempo per il pranzo, così posso mangiare qualcosa di caldo.

Dopo pranzo mi faccio una doccia calda, così da cominciare il pezzo nuovo con un nuovo profumo.

Chiacchiero con tutti nel Rifugio, controllo le mappe e cerco informazioni sui percorsi, sembrano tutti molto impegnativi e mi confermano che è così. La cosa positiva è che in caso di maltempo ci sono diversi bivacchi ai quali appoggiarsi. L’idea è di passare la notte al Bivacco Kima o ancora meglio al Desio, ma per il secondo forse non è possibile perché sembra in brutte condizioni. La partenza sarà alle 3 di mattina. La sera si mangeranno pizzoccheri fatti al Rifugio, e mentre li preparano mi infilo in cucina così da poter socializzare ed arrivano anche le domande. Purtroppo ci sono clienti e i discorsi vengono interrotti ogni tanto. Mangio con loro in cucina, come fossi uno di casa perché ci sono delle difficoltà a sistemare tutte le persone sui tavoli. Dopo cena anche la cuoca, Elisabetta, può finalmente mangiare e così andiamo avanti con le chiacchiere. Io però ho sonno e la sveglia domani è davvero presto. Alle 22.30 mi corico nella stanza che hanno lasciato apposta completamente libera per me.

Sento qualcuno russare nelle stanze sottostanti, ma prendo sonno presto.

Giorno 92

2.30 suona la sveglia, mi alzo subito.

Vedo luci giù, Mirco si è svegliato come promesso. Faccio in fretta e cerco di non fare rumore muovendomi sul pavimento in legno scricchiolante.

Scendo e trovo anche Elisabetta. Sono assonnati ed un po’ mi dispiace, ma penso siano molto contenti di poter darmi una mano. Hanno preparato un te caldo. Le ultime chiacchiere e poi i saluti. Fa freddo fuori. Mirco con una torcia potentissima mi segue un po’ lungo il sentiero. Lasciate le ultime case si prende il sentiero. Ripido. Mi scaldo subito. Salgo nel bosco, i zigzag sono corti per favorire la salita in un dritto per dritto. Esco dal bosco e sono un po’ sudato ma c’è vento così metto di nuovo la felpa. Sento la stanchezza, ho sonno. Se penso a chiudere gli occhi potrei addormentarmi li dove mi trovo. Non posso fermarmi. Non posso pensare a quello che sta succedendo. Le preoccupazioni non ci sono, ora sono davvero in gioco. La salita, contrariamente ai ricordi, è abbastanza agevole, certo, molto ripida, ma ricordavo molti più massi. Un piccolo tratto in leggera discesa per raggiungere un alpeggio abbandonato. Vedo l’orsa maggiore tramontare dietro i monti che stanno a nord. È l’unico buco di cielo perché il resto è coperto. Noto che sta aumentando la luminosità dell’ambiente e riconosco meglio il percorso. Si, decisamente più semplice di quanto ricordassi. Sicuramente la neve ha giocato un ruolo fondamentale nella percezione delle difficoltà. A 2200m metri comincio ad incontrare i primi massi sui quali rallento il passo per cercare stabilità. In meno di tre ore sono in cima.

L’anno scorso me ne sono volute sei. Questo la dice lunga sulle condizioni di percorribilità del sentiero con 10-15 cm di neve che coprono i segnavia. Comincio a scendere ed anche la discesa è più semplice di quanto ricordassi, e manca completamente la neve. È piuttosto ripida e detritica ma mi sembra quasi una passeggiata rispetto l’anno scorso. Ora devo restare in quota fino all’attacco del Passo del Camerozzo. Se non fosse che il sentiero è costituito da grossi massi sarebbe anche un bel sentiero facile. 4km che riesco a percorrere in un ora e venti passando per il Rifugio Giannetti. Ora salgo per il passo, molto più agevole e sicuro senza la neve. Devo mettere da parte i bastoncini perché devo avere le mani libere per aiutarmi a salire. Trovo anche il primo tratto attrezzato con catene fisse e staffe per agevolare la salita altrimenti scarsa di appigli. La discesa non è più semplice, altre catene ad assicurare la discesa in un canalino detritico con placche piuttosto lisce dove qualche staffa agevola l’appoggio. In questa zona ho avuto i maggior problemi nello scendere. La neve scesa si era sciolta e poi ghiacciata costringendo le catene in  una morsa dalla quale non potevo liberarle perché privo di strumenti. Poterle vedere, poterle stringere ed all’occorrenza strattonarle mi da sicurezza. Finito il tratto ostico ritorno tra grandi massi, prati e placche. Arrivo fino al bivio per il bivacco Molteni Valsecchi. Ora sono oltre il punto massimo in cui sono arrivato l’anno scorso. Infatti avevo cominciato a scendere prima, già a vista del bivacco avevo piegato verso valle senza arrivare ai cartelli. Da ora comincia il vero viaggio, da ora comincia il nuovo sentiero oltre il quale sarà come l’anno scorso. Nessun ricordo, nessun appunto. Dovrò arrangiarmi in ogni situazione e cercare di cavarmela al meglio. Penso all’acqua. Fino ad ora sapevo dove avrei trovato le fontane e così prendevo l’acqua solo a necessità senza portare peso inutilmente. Un’altra cosa importante è che non conosco le condizioni dei sentieri, non so se sono veloci, lenti, facili, difficili od altro e non sarà facile regolarsi per gli orari degli alimentari. Probabilmente la mia media calerà per la costante novità alla quale sarò sottoposto. Ora controllerò molto spesso le mappe e la mia posizione cercando la direzione giusta da prendere. Un misto di gioia e preoccupazione mi prende. Sono molto contento di aver superato questo ostacolo. A lungo mi ha catturato i pensieri pensando a come sarebbe stato. Ora lo vivo e basta, c’è il sentiero sotto i miei piedi e devo farlo scorrere. Punto almeno al Bivacco Kima, ma si trova 4 passi più in là. Ora tocca al Passo del Qualido. Sembra stia cominciando a nevicare, cadono piccole gocce ghiacciate. 

(Giornata troppo impegnativa per continuare a scrivere)

 

Giorno 93

Mi sveglio diverse volte con parti del corpo calde ed altre fredde, questa notte forse sarà anche peggio. Avevo messo la sveglia, ma ho deciso di dormire ad oltranza. Alle 7.20 decido di alzarmi dal materassino. Alle narici mi ritorna l’odore di olio esausto.

Parto e nemmeno 30 metri più avanti c’era un riparo migliore. Scendo nel bosco, poi di nuovo massi. Penso:”per fortuna non l’ho fatto ieri, non ne potevo più!”.

Mentre scendo vedo il Pizzo Argient con delle vistose macchie bianche. Oggi dovrò attraversare altri nevai e forse dei ghiacciai, non so se sarà semplice. Sto pensando a qualcosa da utilizzare per avere più aderenza. Un tempo legavano delle corde attorno le scarpe, facendole passare per sotto, così da avere una superficie migliore per affrontare ghiaccio o neve.

Intanto mi accorgo che dopo il té al Rifugio, ho riempito la borraccia con mezzo litro in tutto il giorno e non l’ho nemmeno consumato tutto. Comincio ad avere sete. Così all’Alpe Giumellino mi regalo un po’ di acqua fresca. Dall’Alpe Prato comincio a salire verso i Laghi di Sassersa. La salita è molto ripida, mi prendo diverse piccole pause. I polpacci quando mi fermo mi fanno sentire un sensazione non proprio piacevole, tolgo i vestiti perché sto cominciando a sudare. Sono ricomparsi gli enormi massi su cui giocare a fare l’equilibrista. Arrivo ai laghetti e prendo altra acqua. Si alza un po’ di vento, così mi rivesto perché salendo potrei incontrare ancora più vento. Mentre salgo, stupito, sento del vociare. Due ragazzi in tenuta da trail stanno facendo il mio stesso percorso. Sto continuando su questi difficili massi quando mi accorgo che a destra c’è un percorso non segnalato, ma molto più semplice e molto meno pericoloso. Controllo, i segnavia continuano proprio su i massi. Beh, non ha senso rischiare su questi massi, me ne vado verso il percorso di ghiaia fina. I due dietro di me stanno facendo lo stesso taglio. Mi supera il primo,  e mi trovo tra i due che ogni tanto parlano, mi infilo nella conversazione per scherzare. Intanto mi accorgo di aver preso il loro passo, e così continuiamo a chiacchierare fino al Passo Ventina. Loro si fermano perché hanno incontrato qualcuno che conoscono.

Io sono abbastanza sudato e scendendo c’è vento che raffredda il sudore. Forse non dovevo andare al loro passo. Sono caldo e quindi riesco a controllare la situazione. Scendo veloce perché i detriti me lo permettono. Quando sono nei pressi del nevaio, loro mi raggiungono e continuiamo la chiacchierata. Io mi adatto al loro passo ed anche loro un po’ al mio.

Loro si fermano al Rifugio Gerli per mangiare una pasta e mi chiedono se mi fermo con loro per una birra. Accetto.
Loro stanno provando questo percorso per una gara, gli altri tratti li hanno già percorsi, così chiedo informazioni sul ghiacciaio. Non mi danno bellissime notizie. Con le scarpe che ho l’ideale è attraversarlo quando la superficie è molle. Altrimenti non avrei aderenza. L’obiettivo è di farlo entro oggi. Al Rifugio loro davanti al piatto di pasta ed io con la birra. Bevo in fretta perché siccome faremo lo stesso percorso abbiamo deciso di farlo insieme, ma io ho lo zaino pesante così parto prima per avvantaggiarmi. Seguo i segnavia fino alla località Forbesina, poi mi mandano verso Ovest. Dopo 5 minuti di salita, guardo la mappa e sono fuori rotta. Devono aver cambiato il percorso della Alta Via della Val Malenco. Scendo fino ai segnavia sperando di trovare i due, ma penso siano ormai passati.  Ho letto giusto i segnavia, ma non mi fanno seguire il sentiero Italia. Ne trovo altri più avanti che mi mandano verso Chiareggio.

La mappa che ho visto al Rifugio Luigi Brasca riportava il sentiero Italia concomitante con l’alta via. Avevo corretto il percorso visibile sul telefono, ma sulla mappa scaricata mancava il sentiero.

Io non ho fotografato la mappa sperando non mi servisse, ed ora non so dove andare. Arrivo ad un parcheggio e trovo una mappa dei sentiero. Questa la fotografo e capisco che dovevo percorrere a ritroso un pezzo dell’Alta Via e poi lasciarlo per andare verso l’Alpe Oro. Queste deviazioni mi sono costare un bel po’ di tempo e almeno 1.5 chilometri in più. Il sentiero AV è in buone condizioni, poi diventa un passaggio tra alte piante. Dovrei essere sul sentiero giusto. Non rivedrò gli altri due, hanno preso un altro sentiero ancora, e non so nemmeno i nomi e nemmeno li ho ringraziati per la birra. Il sentiero non presenta grandi difficoltà dopo l’Alpe Oro, a parte qualche zona con massi. Vedo ancora il Monte Disgrazia, vedo il versante Nord con il ghiacciaio, anche da qui mi sembra molto interessante. Mi sa che tornerò a gustarmelo ancora. Proseguo verso il Rifugio Longoni, e fino all’Alpe Fora, proseguo un falso piano. Poi sale deciso. Mi viene un dubbio che sia un giorno del fine settimana perché sto incontrando diversi escursionisti italiani, ma è giovedì. Mai successo dall’inizio del viaggio. Raggiungo i Prati di Fora, un pianoro con una bellissima vista verso sud. Qui, ci sono cascate, ruscelli e pareti imponenti.

Comincio ad incontrare ancora massi, non mi vogliono proprio far andare avanti. Dopo il rifugio Longoni, che si trovava sul percorso dei due corridori, vado verso il lago Palù dove c’è l’omonimo rifugio. Scendo tra detriti e poi incontro una strada bianca che mi accompagna per un po’. Un attimo di calma e posso controllare il percorso. Sembra utopico arrivare al ghiacciaio entro sera. In più oggi non è stata una giornata molto calda, la superficie ghiaccerà subito è non è il caso di trovarsi sopra il ghiacciaio quando capita. Sbaglio strada ad un tornante perché non guardo bene i cartelli e salendo vedo un segnavia molto grande su una roccia, molto lontano da me, più a valle. Chiedo ad un signore che sta più in basso di me se sono giusto, e così torno indietro. Sul cartello che ho visto, c’è scritto Alta Via, ma se avessi letto le destinazioni avrei capito era messo al rovescio. Cioè per gli escursionisti che si muovono nella direzione opposta alla mia. Purtroppo ritorno ancora una volta su massi e sassi, fino praticamente al Lago Palù. Anche qui in alcune zone i segnavia scelgono la direzione dei massi invece di una più facile e meno pericolosa. Mi fermo per una pausa merenda.

Dal tracciato, manca ancora molto a Tirano, non so nemmeno se ci arriverò entro dopodomani sera. Se continuano ad esserci sentieri così, sarà dura. Dal lago riprendo a salire nel bosco verso l’Alpe Musella, sono più facili i sentieri. Arrivo a Bocchel del Torno e quasi subito trovo gli impianti da sci dove devo scendere. Fino ad ora non avevo incontrato impianti così. Scendo lungo le piste, e non ci sono sassi! Non finisco gli impianti e prendo una strada in falso piano per l’Alpe Musella fino all’Alpe Campascio dove riprendo a salire. Riesco a salire veloce, ed arrivo alla fine del bosco dove c’è un alpeggio e qualche rifugio. Seguo la segnaletica e con stupore, oltre i 2000m trovo un sentiero facile da percorrere. Niente massi, ma un sentiero piuttosto veloce dove posso andare di nuovo al mio passo. Intanto dal basso ho controllato dove posso fermarmi per la notte. Pensavo al bosco, ma c’è ancora luce così, vedo una zona che sembra un pianoro e punto a quella. Una volta li, sembra riesca ad andare anche oltre la forcella, oltre i 2600m. Passerò la notte in alto, oggi ha fatto più caldo di ieri, ma scenderà la temperatura. Potrebbe anche esserci vento e dovrò trovare un posto riparato. Salgo con qualche pausa fino al Rifugio Carate Brianza, dentro vedo che stanno cenando. Chissà cosa pensano di me che alle 21 passo senza fermarmi.

Una trentina di metri più in alto, la forcella. Con stupore, ancora una volta, vedo che il sentiero è in buone condizioni, nonostante si tratti di una zona di grossi massi. Hanno creato un piano o con i massi o con le pietre o con sabbia e terriccio. A questo punto decido di dormire nei pressi del Lago di Musella. Pensavo di avere difficoltà nel trovare un piano dove passare la notte, invece sembra che non avrò grossi problemi. Incontro della neve, pensando sia dura, invece è ancora molle in superficie. Seguo il facile sentiero e vicino al lago mi fermo. Mangio e scrivo, intanto sono nel sacco a pelo vestito, anche con la giacca perché penso questa notte farà freddo.

Una falcetta di luna sbuca dalle nuvole, presto tramonterà. Non hanno messo pioggia, chissà che le nuvole se ne vadano e riesca a vedere bene le stelle.

Domani mattina dovrò affrontare il ghiacciaio quasi da subito,penso, chissà come andrà.

Giorno 94

La notte mi sveglio e le nuvole sono completamente sparite. In cielo una miriade di stelle… sono davvero tante. Vedo nettamente la Via Lattea., e d’altronde sto dormendo all’aperto a 2600m.

La sveglia suona, ma la ignoro. Alle 6 mi sveglio ed il sole sta sorgendo colorando le nuvole. Probabilmente la più bella alba del viaggio. Nuvole colorate, montagne altissime come le cascate ed i torrenti lunghissimi, una brezza molto fresca, i ghiacciai. Oltre al fragore sordo del torrente vicino a me non c’è altro rumore. Mi preparo, e non fa molto freddo. Parto alla volta del ghiacciaio. Il sentiero diventa meno agevole dopo il Rifugio Marinelli.

Incontro un piccolo nevaio e testo la neve: è dura, non una bella notizia. Ne trovo un altro ed il bastoncino sprofonda, molto meglio. Dopo le morene di massi e detriti incontro un piccolo tratto di ghiaccio, ma dei sassolini che ci sono finiti sopra mi offrono l’attrito di cui ho bisogno. Dopo questo breve tratto inizio il ghiacciaio vero e proprio, la neve copre la superficie e scricchiola al mio passaggio. È dura, ma tende a cedere, in più ci sono le sedi delle impronte lasciate da chi è passato prima di me che mi offrono quasi un piano orizzontale di appoggio. Procedo senza grossi problemi, anche se devo stare attento a non fare un passo falso.

Arrivo al passo senza problemi. Sendendo trovo un tratto attrezzato, breve, poi cerco di seguire i segnavia, ma spariscono e continuo a seguire gli ometti. Più avanti vedo che il sentiero proseguiva in un’ altra direzione. Scendo abbastanza bene e man mano migliora il sentiero. Passo per l’Alpe Fellaria ed un anziano mi chiede le condizioni della neve in caso passi qualche escursionista. Quando arrivo al Rifugio Bignami porto i saluti al gestore da parte di Mirco ed Elisabetta del Brasca, però lui al momento non c’è. Continuo seguendo la segnaletica e dopo 70m di discesa mi accorgo di non essere sul tracciato giusto. Ritorno al Rifugio ed il cartello segna AV proprio nella direzione in cui sono andato, ma c’è un altro cartello con la variante, che corrisponde al SI.

La roccia è cambiata e così non incontro più i sentieri tosti degli ultimi due giorni. Alpeggio Gembré e poi entro in Val Poschiavina, finalmente il passo è limitato dal solo dislivello. All’Alpe Poschiavina una anziana scherza con me quando passo perché una capra si era posizionata proprio di fronte alla porta d’entrata: mi chiede dove vado, e resta stupita della mia destinazione. Salgo lentamente verso la fine della valle perché il sentiero è quasi in piano. Purtroppo manco un passo perché non c’è la segnaletica ne tantomeno per il Sentiero Italia. Ho seguito l’AV che differisce leggermente, tagliando un po’ e andando direttamente al Passo Poschiavo. C’è un bel po’ di arietta quassù così metto la felpa.

Anche qui, verso Nord, si gode di un ottima vista sui ghiacciai sotto i quali sono transitato oggi. Entro in Svizzera per meno di un chilometro per poi ritornare in Italia. I torrenti attraversati oggi erano provvisti tutti di ponte e non ho dovuto bagnare nemmeno un po’ le scarpe, invece per il torrente Valle Poschiavina non c’è. Così finisco a mollo con i piedi. Al Passo di Campagneda mi fermo per fare il cambio calzini e solette. È quasi mezzogiorno e comincio a mangiare il pacco di biscotti che finisco in discesa, quasi sempre agevole fino ai Laghi di Campagneda e poi fino all’Alpe Prabello in un lungo tratto sempre in leggera discesa.

Da qui prendo verso il passo degli Ometti, inizialmente è facile, poi ritornano i massi sui quali devo usare le mani per salire. Ci sono abbastanza segnavia ed il percorso è chiaro, salire il più dritti possibile verso il passo. A fianco a me però, c’è un nevaio e lo preferisco per una salita più agevole. Non dura molto e riprendo sui blocchi. Un altra dura salita. In cima ci trovo tre persone, una cosa inaspettata. Stanno cercando di capire dove prosegue il sentiero che dovrei percorrere io. Mi sembra di vedere un segnavia, ma nonostante ci troviamo più alti del percorso non si vede una traccia evidente. Loro hanno una mappa ed io ne ho una fotografata, il Sentiero dovrebbe esserci ma non si vede. Decido di proseguire “a vista”, per un tratto non dovrebbero esserci problemi, ma verso il passo potrei incappare in salti o strapiombi sconvenienti. Raggiungo la roccia dove ho visto il segnavia, ed è così, c’è proprio un vecchio segnavia.

Cerco di tenere la direzione, ma non ne vedo altri. Percorro un sentiero il più possibile fedele alla mappa, e trovo una traccia, finisce presto e mi accorgo di un altro segnavia ad una trentina di metri da me. Lo riprendo, ma non vedo dovrei proseguire. Percorro dei prati misto a sassi cercando di evitare la zona dove potrei avere problemi. Sto perdendo quota fino a raggiungere una zona detritica, ora c’è solo da risalire. Non vedo il passo, ma cercandolo vedo un altro segnavia. Lo punto e vedo quello successivo fino al Passo. In discesa finiscono. Seguo una traccia, ma è probabile sia di stambecchi viste le impronte che ci sono nel terriccio. Anche qui devo improvvisare. Per un po’ tengo la traccia degli animali e poi devo scendere su prati con almeno 55° di pendenza. Vado a zig zag cercando di avvicinarmi al Rifugio-Bivacco  Caderna Maffina che vedo molto bene. Fino a quando non sono vicino al Rifugio non vedo il sentiero né segnavia. Al Bivacco ci sono una quindicina di ragazzi. Stanno mangiando alcuni, altri dormono sui prati. Entro nel bivacco a curiosare. 4 posti letto e basta. Chissà come si sistemeranno tutti assieme.

Saluto e continuo la discesa, non è tra le migliori, ma almeno è evidente il percorso da seguire.

La discesa nella Val Fontana è molto lunga, prima il sentiero tra sassi e rocce, poi migliora diventando una strada bianca con tratti cementato e poi asfalto. Intanto faccio i conti per la giornata di domani. Dovrei arrivare entro sera a Tirano così da poter fare la spesa, ma purtroppo non conosco le condizioni dei sentieri. Come distanza, potrei provare a partire presto la mattina per arrivare prima di mezzogiorno, ma se poi incontro sentieri come ieri od ancora peggio come l’altro ieri, mi pentirò di essermi svegliato presto.

Sembra servano 9 ore da tabella per arrivare a Tirano dal rifugio Prato Valentino, dove più o meno passerò la notte.

A 1250 trovo un cartello con le indicazioni ed addirittura scritto SI. Riprendere in salita dopo tanta discesa non è semplice. I muscoli sono come addormentati e mi sento subito stanco. Dopo un po’ di salita continua migliora. Il sentiero si snoda tra saliscendi ed è come se avessi due tipi di muscoli. Quelli per la salita e quelli per i tratti in discesa od in piano. Quando salgo i secondi dormono e quando scendo i primi riposano. Però ci vuole un po’ prima di svegliarsi. Dopo i primi sassi, il sentiero migliora, poi diventa una strada sterrata. Al bivio successivo vedo che la segnaletica continua, mi fa sperare bene.

Sto percorrendo il sentiero 301 che è anche una pista ciclabile, il che mi fa pensare che sia un sentiero facile, cosa molto gradita. Arrivo a Prato Valentino e scopro che il tratto fino a Tirano è una ciclabile e che il tempo di percorrenza è di 7 ore. La segnaletica finalmente sembra essere idonea. Sono le 19.20 quando riparto. Prendo a salire e di buon passo per circa 10 minuti. Poi trovo un tratto in piano di circa 500m poi il sentiero riprende a salire. Le gambe non vogliono più andare, fatico, allora mi fermo per un po’ di cioccolato e del pane. Non cambia niente. Riprendo una strada sterrata che avrò lasciato per il tratto in piano, e poco dopo trovo dell’acqua. Bene perché sono rimasto senza. Bevo e le gambe girano meglio, ogni tanto mi concedo una pausa di 5 secondi per prendere fiato e guardare il paesaggio. La ciclabile, naturalmente si intende una pista per MTB, non una pista da corsa, ed infatti ad un certo punto arrivano i sassi. A fine giornata i piedi sono stanchi e quando ne trovo uno che si insidia sul fianco della scarpa, nella parte posteriore del piede, i calli fanno male. Ormai ho imparato che quando trovo queste zone devo camminare appoggiando solo la parte frontale del piede e lasciare abbastanza spazio sotto il tallone in caso ci fossero sassi. Arrivato al Passo di Meden decido di fermarmi. Cerco un posto decente e trovo dei ruderi senza tetto, ma che mi proteggeranno in caso di vento. Chissà che riesca a gustarmi le stelle anche questa sera.

Approfitto per mangiare tutto il possibile visto che domani mattina farò la spesa. Le ore fino a Tirano ora sono 4.5 secondo la tabella.

Giorno 95

Anche questa notte una magnifica stellata, purtroppo ho già gli occhi troppo stanchi e non me la godo per bene. Riconosco qualche costellazione e ritorno a dormire.

Alle 4.45 la sveglia, mi giro ancora un po’. Fa freschetto fuori e quando esco dal sacco a pelo l’umidità si è depositata sulle mie cose. Il sacco a pelo è asciutto perché il mio calore ha asciugato l’umidità. Riprendo il sentiero e ci sono un po’ di rocce, il piede sinistro non è un perfetta forma, ieri minacciava crampi ed oggi mi da una sensazione strana sulla pianta, come una contrattura.

Volevo arrivare a Tirano vicino alle ore dei pasti per poter mangiare qualcosa di caldo, mi sa che non è questa la volta. Mentre cammino il sole illumina le montagne nell’altro versante della Valtellina. Non ci sono nuvole. Tutto attorno vedo cime, come la lama di un seghetto disegnano l’orizzonte. I piedi si sono bagnati per l’erba umida che invade un po’ il sentiero, ma si asciugheranno. Piano piano comincio a scendere, incontro una vecchia strada che non è nelle migliori condizioni, poi dopo migliora ed ancora alterna tratti buoni a meno buoni. Dopo Lughina il sentiero comincia a scendere deciso e posso recuperare tempo.
Trovo altre strade di sassi che non mi piacciono molto. Alle 8 e qualche minuto sono a Madonna di Tirano, mi dirigo verso il supermercato. Faccio la spesa e prendo 4 pere da mangiare subito.

Prendendo a salire, incontro un sacco di piantagioni di alberi da frutto. Uva, mele, kiwi, prugne.. A saperlo le avrei raccolte direttamente da qui. Lo zaino è più pesante ed è sempre prima di una salita che lo carico, mai per una discesa. Ancora non fa caldo e mi trovo all’ombra. Ieri sera ho fatto dei conti e sembra manchino 1000km circa, potrei farcela in meno di un mese.

Con mio grande piacere noto che i cartelli con le indicazioni del Sentiero Italia continuano.

Il sentiero sale veloce fino ai 1500m e ritorna il sudore di qualche giorno fa. Sono ancora sulla pista da MTB ed i sentiero si lasciano percorrere veloci. Comincio ad avere sete per via della salita, ma non ho acqua con me, mangio l’ultima pera rimasta per tamponare un po’. Percorro ancora 2km trovando diversi alpeggi, ma non l’acqua, poi d’un tratto una fontana. Metto sotto le braccia e l’acqua è gelida, ne bevo un po’ e per un attimo ho male alla testa, come quando si mangia una granita troppo in fretta. Metto di nuovo sotto le braccia ed il viso, poi riprendo. La salita non molla e io sono fradicio, anche lo zaino è intriso del mio sudore.

Circa a mezzogiorno mi fermo su un punto assolato per asciugare lo zaino mentre mangio un boccone. Ricomincio a salire e si rinfresca grazie al vento. Inizialmente ho qualche brivido, ma come mi asciugo il sudore di dosso non mi vengono più. Mi sento appiccicoso e per il tardo pomeriggio hanno messo pioggia, voglio darmi una sciacquata prima di infilarmi il giubbotto. Quindi una volta arrivato al lago di Schiazzera mi bagno per togliermi di dosso un po’ di sudore. Prendo anche dell’acqua, ma ha il sapore di acqua stagna. Butto via il resto che ho nella borraccia, tanto presto arriverò al posto tappa, un alpeggio, e troverò acqua li.

Sto percorrendo una vecchia strada, forse militare, che mi ricorda le Alpi Marittime in Piemonte. Non è sempre in buone condizioni. Salgo sulla costa di un monte per percorrerla per un po’ e poi scendere dall’altra parte, alcune rocce disturbano la discesa, poco più avanti trovo una ruspa e capisco che stanno sistemando il sentiero, infatti la terra è tutta mossa. Mi trovo a 2200m circa ed il posto tappa si trova a 1900, guardando molto rapidamente la mappa, sembra ci sia pochissimo dislivello.

Contento continuo lungo il percorso che stanno sistemando, però il dislivello non atteso arriva, e mi spezza le gambe, non è molto, ma sa bene come farsi sentire. È in buone condizioni anche perché lo hanno allargato e sistemato e anche se le gambe non vogliono collaborare riesco a fare chilometri in fretta.
È un sentiero a mezza costa che segue l’andamento morfologico delle valli. Dopo l’Alpe Piana comincio una strada forestale facile e così decido di dedicare del tempo ai capelli. Hanno qualche nodo e tenendoli raccolti i capelli morti non cadono, così intanto comincio a pettinarmi con le mani togliendo il superfluo. Quando ho  finito mi accorgo cho manca il Buff, l’ho perso strada facendo. Lascio tutto dove stava e prendo solo il telefono, in fretta torno indietro e 600 metri dopo lo trovo. Torno allo zaino e continuo la strada. Ho fatto la spesa per 3 giorni perché se oggi avessi voluto rallentare a favore di un riparo sicuro per la notte avrei avuto cibo, ma secondo il chilometraggio, potrei arrivare addirittura entro domani sera, così magari riesco a prendermi qualcosa di caldo.

Le nuove stanno coprendo le cime e si stanno preparando per la pioggia.

Quando sono alla fine della Valle Grosina il telefono riceve un debole segnale e controllo ancora il meteo. La pioggia non dovrebbe più arrivare, ottimo perché non so se troverò un riparo, ma non avendo piovuto il pomeriggio come annunciato, potrebbe scaricare la notte. Raggiungo Malghera, vedo che i segnavia continuano, scopro anche di un bivacco abbastanza vicino lungo il mio percorso. Mi accorgo che a fianco c’è anche una mappa. Guardo, ed il posto tappa successivo non corrisponde a quello che conosco io. Controllo i cartelli e coincide con la mappa. Nella mappa tra l’altro non c’è il bivacco che ho appena scoperto. Fotografo la mappa per sicurezza.

Comincio ora salire, e sto pensando se seguire il percorso che conosco, o quello che indica la cartina. Seguendo il percorso che conosco farei più dislivello, ma ho la mappa completa sul telefono. Tra l’altro, il vantaggio è che sarebbe probabilmente ben segnalato e agevole, ma non ho la mappa e quindi non saprei dove andare in caso mancasse qualche cartello o segnavia.

Arrivo al primo bivio, e dei cartelli mi indicano la direzione, ma la voce “Bivacco”, del Bivacco Pian del Lago è stata cancellata. Mi viene da pensare che qualche contadino se ne sia appropriato e così non so dove passare la notte. I segnavia per quelli in MTB continuano, mi viene da pensare che il percorso lo hanno cambiato per tenere pulito un unico sentiero e renderlo anche percorribile in bici. Salendo vedo che recentemente hanno allargato il passaggio, vedo anche dei passaggi di un cingolato. La cosa comincia ad avere senso. Probabilmente il percorso che conoscevo io non era molto adatto alle bici.

Più su le MTB vengo divise dal mio percorso, ma il sentiero continua largo. Dovrei superare un passo a 2700m e poi scendere fino ad un alpeggio sperando di trovare un riparo, con i tempi sono giusto giusto.

Intanto arrivo a Pian del Lago e vedo una casetta, probabilmente il bivacco. Quando ci arrivo capisco che è lui. Mi dirigo alla porta, non c’è serratura ne lucchetto. Tiro il fermaporta e si muove, spingo e posso vedere dentro. Per un attimo tentenno e poi decido che nonostante siano le 19 mi fermo, così potrò passare la notte al sicuro.

Sono steso nel letto ed alle 19.45 sento un tuono. Mi sfrego le mani per aver preso la decisione giusta.

Giorno 96

Ho messo la sveglia alle 2.30 per cercare di recuperare le due ore di luce perse ieri ma sento ancora la pioggia, così la rimetto alle 4.45. Mi viene l’idea di passare tutto il giorno qui, ed il cibo un più era proprio per questa evenienza. Poi penso, è solo acqua. Quando mi sveglio mi accorgo che il rumore probabilmente non era della pioggia ma del torrente. Ho i calli alla pianta del piede, più nella parte frontale, quella che appoggio quando trovo tratti impegnativi e quando devo evitare i sassi. Il sinistro in particolare è piuttosto grosso. Esco e delle piccole gocce di pioggia stanno cadendo, ma sono davvero poche. Comincio a salire, con non poco affanno. Il primo tratto è su erba e le scarpe naturalmente si bagnano. Mi avvicino al torrente e sento un odore strano. Un odore salmastro, come quando si abbassa la marea al mare e le alghe cominciano a fermentare al sole. Non me lo sarei aspettato a 2400m. Al fiume raccolgo acqua, e per la prima volta vedo un pesce dal vivo che tenta di risalire la corrente. L’avevo spesso visto, ma solo nei documenatari. Salgo ancora, ma mi fermo perché davvero sono in difficoltà. Arrivo in fora leggermente sudato, tanto ora in discesa mi asciugherò. Il primo tratto un discesa è su grandi massi ma sono pochi i tratti in cui devo prestare molta attenzione. Più che altro le rocce sono scivolose e devo trovare il punto giusto dove appoggiare il piede. Dopo 70-80m di discesa inizia una zona detritica ripida in cui in alcuni tratti mi lascio portare a valle scivolando come su un ghiaione. Mentre scendo vedo una cosa molto bella ai miei occhi, non il sorgere del sole, non una bellissima cima od un ghiacciaio. Ma bensì una ruspetta con dietro un sentiero bel lavorato. Proprio dove il percorso diventa più morbido stanno lavorando per sistemare il sentiero. Quando lo raggiungo, scendo agevolmente. Il terriccio non è ancora ben battuto ed ammortizza bene i miei passi. Ai Laghi di Tres vedo che avrei potuto trovare un riparo, ma sono contento sia andata così anche se il materasso dove ho dormito sembrava un marshmallow da tanto era morbido. . Trovo anche un cartello vecchio con le indicazioni del Sentiero Italia nella direzione che mi indicava la mappa. Decido allora di seguire in quella direzione. Scendendo trovo un alpeggio e chiedo informazioni sulla ricezione telefonica per poter scaricare la mappa, ma sembra che prenda solo un altro operatore e non il mio. Nello stesso alpeggio, stanno costruendo una casa, e scherzo con un muratore chiedendogli:”Ma oggi non è domenica?!”, mi risponde che non lo sa, poi aggiunge che ha buttato il calendario. Continuo a scendere ed il cielo si apre, le nuvole piano piano spariscono ed il sole fa capolino. Scendo fino al bivio per poi prendere verso Eita. Da qui comincio a salire verso il passo che mi porta in Val Viola. Una strada bianca che inizialmente mi mette in difficoltà poi la pendenza cala. Attraverso diversi pascoli senza sapere bene dove sto andando. I sassi sulla strada stanno mettendo alla prova i piedi ed io mi muovo da una parte all’altra della strada per cercare il percorso più agevole. Valicato il passo Verva la discesa continua su strada. Arrivato a fondovalle vedo la segnaletica, ma non riporta più il segno SI. Sono tentato di seguire lo stesso sentiero, ma mi porterebbe molto lontano. Ad un incrocio vicino vedo un cartello. Mi avvicino per leggere, niente per me purtroppo. Ma proprio lì c’è un campo scout. Chiedo se hanno una mappa. La risposta è affermativa. Dalla mappa scopro che ho percorso una variante ed il percorso che conoscevo è l’effettivo Sentiero Italia.

Fotografo la mappa in modo da non avere problemi per il resto del percorso rappresentato. Proprio nella zona in cui mi trovo sembra che tutte le strade siano sentieri e non è chiaro quale sia il sentiero che devo seguire perciò prendo in più breve e dopo 2 km mi ricollego al vero SI ma manca la segnaletica. In salita mi viene fame e me ne accorgo per un bel brontolio alla pancia, aspetto di arrivare ad un bivio, poi mi fermo. Un po’ di arachidi, del cioccolato e del pane. Ora sono pronto per andare verso il Colle delle Mine. In sentiero è poco chiaro. Dopo un po’ di km percorsi su sentiero buoni questo si nota subito per lamenta progressione. Tra l’altro, senza la mappa degli scout non avrei nemmeno preso questo sentiero ma l’altro un po’ più lungo. Dopo un tratto di praterie umide, comincio a salire su detriti. Hanno fatto un corridoio con sassi a destra e sinistra per indicare il sentiero. Il vento man mano che salgo è più fresco, e sono tentato di mettere la felpa ma resisto. Sono convinto di essere quasi arrivato e dietro una collina di detriti vedo che manca ancora molto. Incontro un laghetto di disgelo dall’acqua limpidissimo. Stessa storia, altro Colle in cui credo di essere arrivato ma niente, in realtà qui manca poco. A 2800m ci sono margherite.

In discesa trovo in tipo un po’ particolare. Sembra stia raccogliendo dei campioni di acqua. È in sandali e calzini in questo percorso non proprio semplice. Ha uno zaino che sembra una borsa. Non ho il coraggio di chiedere cosa stia facendo.

Quando sono più giù vedo che anche lui sta scendendo. Il sentiero non è di certo nelle buone condizioni di quelli di stamattina ma non ho scelta. A 2200m comincio a vedere i primi escursionisti perché poco più un basso c’è un punto di ristoro. Hanno un bel daffare con tutte le persone che ci sono. Io però passo e prendo il sentiero. Prima di arrivare a valle incrocio degli escursionisti, 2 uomini e 2 donne. Sento che uno di loro dice :”Attenzione, poco più avanti c’è il ponte dell’amore”, al che io rispondo “Anche io voglio!”. Così cominciamo a scherzare e mi chiedono del viaggio. Mi dicono anche che a Livigno, nonostante oggi sia domenica, troverò tutto aperto. L’idea di qualcosa di caldo forse sfuma perché arriverò verso le 16.

Il sentiero costeggia la valle ed arriva al paese, vado verso il supermercato ma… Credo di non avere bisogno di nulla. Mancano 60km circa a Bormio. Alcuni li farò oggi nel pomeriggio e conto di arrivare entro domani sera. Quindi entro, faccio un giro ed esco con solo una banana ed una arancia.

Riprendo il sentiero e costeggia il lago fino a prendere il sentiero che mi porta al Passo di Alpisella. Ci sono molte persone su questa pista pedonale, penso che già domani potrei non incontrare nessuno. Alle 17.20 comincio a salire. Nuvole grigie verso nord, oggi rischio. Vediamo come va.

Quella che mi porta su è una vera e propria autostrada pedonale. Nessuna difficoltà se non il dislivello. Comincia a piovere qualche goccia. Copro lo zaino.

Arrivo al passo ed un venticello fresco mi accoglie. Sono indeciso se infilare la felpa. Poi comincio ad avere freddo e la metto. 10 minuti dopo comincia a piovere così mi vesto completo. Un temporale. Il meteo nemmeno la metteva la pioggia.

Scendo ma non mi scaldo, la discesa è troppo facile. Intanto mi pare di sentire acqua dentro i pantaloni. Le scarpe ci mettono un po’ ad inzupparsi ma alla fine sono piene d’acqua. Chissà se troverò un riparo. Arrivo al lago di San Giacomo e cerco un riparo. Per un pezzo nessun tipo di costruzione. Poi comincio ad incontrare delle case, ma nessuna ha una rimessa, una tettoia, un garage o altro. In più molte sono abitate al momento. Ne provo una ma niente, c’è una legnaia ma è piccola. Continuo sempre sotto la pioggia con le gambe bagnate. Un altra legnaia ma piove dentro perciò continuo. Smeraldo stia per smettere ma io ormai punto a trovare un riparo. Finalmente una casa dove vedo una piccola casetta di legno, sembra ci sia luce dentro, ma è solo il tetto in plastica trasparente che fa entrare la luce. All’entrata c’è solo da tirare il blocco e la porta di apre. Non c’è molto spazio per me, ma sistemando un po’ le cose riesco a stendermi comodo. Ho appeso i vestiti bagnati sperando si asciughino.

Giorno 97

Ha smesso di piovere proprio quando sono riuscito a trovare un riparo, ma almeno ho potuto asciugare, o meglio lasciar gocciolare, i vestiti durante le ore di riposo. 2.30 la sveglia perché non so quanto mi ci vorrà per percorrere questi 50km. Metto calzini e solette asciutti perché il primo tratto è di strada e non dovrei bagnarmi. Le scarpe però sono fradice e come ci infilo i piedi sento freddo e bagnare i piedi. Fuori si vede qualche stella ed ha cominciato ad asciugare. Io ho i brividi di freddo. Non c’è nemmeno un po’ di dislivello per cominciare a scaldare i muscoli. Dopo 5 minuti sto meglio. La strada è facile e vado in fretta. Abbondante fumo esce dalla bocca. Per un pezzo non vedo nulla che mi avrebbe potuto offrirmi riparo. Arrivo fino alla diga di gran passo. Qualche brivido ce ancora. La attraverso e continuo sempre su strada.

Arrivo ad un bivio in Valle Forcola, dove la via Alpina ed il Sentiero Italia si separano. La via Alpina segue un percorso che permette di risparmiare un ora e venti rispetto a quello che dovrò percorrere io. Io seguo una vecchia strada che sale molto lentamente e quindi deve coprire una lunga distanza contrariamente alla via Alpina che sale più diretta. Il sole sorge, ma è un alba molto fiacca.

Mi fermo per una pausa a 2700m e devo dire che è fresco nonostante io sia caldo dalla salita. Riprendo ed i segnavia non sono chiari, ci sono diverse tracce e sentieri e non si capisce quale sia quello giusto. Arrivo alla bocchetta del Pedendoletto ed il sent da prendere non è ancora chiaro ma seguo quello più largo e comodo che poi finisce tra detriti. Raggiungo tramite un traverso la Bocchetta di Forcola e da qui riprendo a salire su quello che credevo fosse il sentiero visto che il cartello lo puntava. Sulla mappa ci sono due sentieri, ma qui, tra strade militari, passaggi ed altro non è nulla chiaro. Continuo cercando di raggiungere Punta di Rims e trovo il sentiero perché indicato da insoliti segnavia bianco verde rosso. Ora non posso sbagliare, il sentiero che sale in cima è visibile anche da qui. In cima ci sono i resti di qualche avamposto della prima guerra mondiale con relativa descrizione, una cosa che trovo molto interessante. Leggo che le postazioni italiane venivano costruite a ridosso di quelle svizzere appositamente per evitare i bombardamenti austriaci questo perché la Svizzera era neutrale.

Continuo sulla cresta tra saliscendi fino al Pizza Umbrail, il primo 3000 del viaggio. Anche il mio primo 3000 sulle Alpi. Una cima più alta del gruppo ed isolata da altri, così il panorama è davvero a 360°. Naturalmente l’attenzione va alle cime dall’altra parte della valle ed ai ghiacciai. A scendere trovo dei tratti con delle catene, non indispensabili ma tanto vale sfruttarle. Poi un bel traverso veloce tra detriti molto piccoli, peccato non duri di più. Verso Passo Umbrail trovo qualche roccia e di nuovo quei bizzarri segnavia dopo un piccolo tratto un Svizzera. L’ultimo del viaggio. Ora salgo verso Capanna Garibaldi per scendere subito allo Stelvio. Il sentiero si interrompe e continua da Nibloch. Da qui ho tre possibilità.

La prima e prendere i mezzi fino a Bormio, che scarto immediatamente.

La seconda è scendere lungo la strada, però non è proprio tra le più sicire su cui scendere visto la quantità e la velocità dei motociclisti, anche se sarebbe abbastanza rapido.

La terza invece è prendere qualche sentiero in maniera da arrivare il più vicino a Bormio. E così faccio. Devo scendere 150 di quota e poi trovo un sentiero che mi fa risalire un po’ ed aggirare il monte in quota. Il sentiero inizia abbastanza definito poi si perde e lo seguo grazie a dei paletti bianco rossi nel prato. Si alternano prati, sentieri buoni a tratti con rocce affioranti. Poi al Piano di Scorluzzo seguo i paletti come giocare ad unire i puntini. Non c’è nessuna traccia, niente di niente. Sembrano piantati a caso senza un criterio ed il percorso è accidentato, praterie umide, torrentelli e prati pieni di rocce. Mi viene in mente il momento in cui non ho deciso di scendere per la strada asfaltata. Un sentiero che non dovevo nemmeno fare ed è pure in delle condizioni che non mi piace, si certo sto facendo quello che si lamenta facilmente. Lo so.

Incrocio un sentiero che prosegue assieme a quello che sto percorrendo. Si sale ancora invece di scendere. Partito a 2800,sceso a 2550 ed ora di nuovo a 2700m. Bormio è giù a 1200m, uffa!! Raggiungo una costa dove ci sono diverse vecchie costruzioni senza tetto, anche queste usate durante la prima guerra mondiale. Prima avevano messo delle tende, poi sono passati a baracche di legno ed infine a costruzioni in pietra. Il sentiero scende tra detriti ed in alcuni punti in calanchi dove se perdessi il controllo mi troverei presto ed in fretta spalmato sulla strada a 200m più in basso. Tantissimi tornanti per scendere piano ma in sicurezza. Chissà quanto lavoro hanno dovuto fare gli alpini per sistemare queste strade che ancora reggono su questo versante così cedevole. Molti sassi sono franati sul percorso, ma il percorso è evidente dopo tutti questi anni di mancata manutenzione. Raggiungo la strada a 2200m, e sono indeciso. Potrei continuare su facile asfalto oppure prendere il sentiero e dover risalire altri 250m. Penso all’iniziale idea del sentiero. Evitare le strade a favore di percorsi rurali. Ok, prendo il sentiero. Salgo senza troppa fatica, le gambe girano bene. Sembra che Bormio sia a 4 ore di cammino. Sono le 13 quindi per le 17 sono lì, in orario per la spesa.Forse un po’ presto per mangiare qualcosa di caldo.

Mi fermo per fare i bisogni e mi pare la pipí sia un po’ troppo scura, ma non sono disidratato. Certo non ho bevuto molto, ma non sono assolutamente disidratato. Un leggero bruciore dopo aver finito, è a dirla tutta, del leggero bruciore me ne ero accorto ieri, ma pensavo, speravo passasse. Visto che sono in tempo e che le poche ore di nanna che ho avuto mi fanno sentire gli occhi pesanti ed il sole è uscito ed è bello caldo, mi stendo sul sentiero. Imposto la sveglia a 12 minuti e mi addormento.

Mi sveglio molto caldo per il sole, chissà quanto tempo è passato. Probabilmente ho dimenticato di impostare la sveglia. Controllo l’ora e manca un minuto ancora.

Resto li ad aspettare il suono.

Mi alzo, é ora di andare a fare la spesa. Riprendo un po’ preoccupato, non riesco a togliere dalla testa la pipí scura. Però non sono nemmeno sicuro sia scura. Devo controllare. Ho un sacchetto per alimenti dove potrei fare pipi ed accertarmi del colore prima di preoccuparmi troppo. Proseguo senza grossi intoppi, qualche tratto di sassi scomposti ma poco per quello che ho in testa.

Non sono in ansia ma davvero non riesco a togliermi dalla testa il pensiero della pipí. Piano piano comincio ad andare in tilt. Mi ripeto che che prima devo vedere se realmente c’è qualche problema. Il sentiero comincia a scendere deciso finalmente, scende tra mughi ed il caldo si fa strada tra la pelle.

Finalmente mi scappa, tiro fuori il sacchetto e già da subito vedo il colore scuro della pipí. Non ne faccio molta, ma di certo c’è qualcosa che non va. Riprendo a scendere scrivendo a casa della mia condizione e comincio ad organizzarmi sul da fare. I mughi continuano con il caldo, è incredibile quanto possano intrattenere la temperatura. Rapidi zigzag e succo sulla strada, nessun segnavia. Un passaggio segreto che dalla strada è difficile da individuare perché coperto dalla vegetazione. Ora è l’asfalto a fare caldo. Sono circa 5 km da Bormio. Potrebbe essere una cistite, ma devo vedere un medico. Controllo I treni per casa, non ho molto tempo. Arriverò a Bormio dovrò scoprire gli orari dei bus e da quello potrò comportarmi di conseguenza.

I motociclisti sfrecciano su questa strada anche nelle curve con poca visibilità. Per fortuna la strada è larga, ma resta pericolosa perché non si aspettano qualcuno a piedi. Nelle curve cieche uso i bastoncini tesi in mezzo la strada per avvisare che c’è qualcosa. Così rallentano. Arrivo in piazza s Bormio ed entro in un bar, mi dicono la direzione per la fermata degli autobus così ci vado. Il treno arriverà solo alle 23 a destinazione e perciò è meglio se faccio la spesa per la cena. Ho solo biscotti e non ne ho molta voglia.

I giorni scorsi devo aver desiderato tanto una pausa che mi sono creato il motivo per prendermela. Ma non intendevo in questo modo.

Il prossimo bus parte troppo tardi per Tirano, la stazione più vicina. Potrei fermarmi la notte e ripartire domani, ma siamo in stagione alta. I prezzi sono molto alti. Mi conviene un taxi e così lo prendo fino a Tirano, faccio più in fretta anche e mi faccio lasciare davanti al supermercato così prendo qualcosa per il tragitto. Poi di corsa alla stazione. Il treno è già lì, è capolinea Tirano. 5 minuti dopo parte. Chissà quanto puzzo. Un po’ mi dispiace per gli altri viaggiatori. Mi sento un sacco di odori addosso. In cabina c’è il clima e si sta bene, spero attenui l’olezzo.

Sono sveglio dalle 2.30, tra poco mi verrà sonno.

Alla fine arrivo a casa poco prima di mezzanotte e tra la doccia e sistemarmi, non ho più sonno. Comincio a leggere un libro, o meglio un manuale, una guida per un possibile prossimo viaggio. Prendo sonno solo a ridosso delle 2.

Passo i giorni a riposare ed a mangiare. Il problema non è stato di tipo batterico e nemmeno è stata una cistite. Già dal giorno dopo il colore delle urine era tornato normale.

Forse mi sono rilassato anche troppo durante la pausa.

Giorno 98

La giornata comincia alle 4. Difficile alzarsi. Mi ero abituato a restare a letto fino le 7.30 o addirittura le 8.30. Il treno è in orario, e nonostante abbia fatto molto caldo negli ultimi giorni, le temperature hanno cominciato a calare ed io in canotta ogni tanto ho qualche brivido. Parto per andare a Mestre poi Milano e poi Tirano. 3 treni per arrivare al capolinea e poi proseguire con un bus.

Rispetto le altre partenze dopo le varie pause sono più tranquillo perché so che mi manca relativamente poco.

Il problema è che ci sono state diverse “bombe d’acqua” sulle Alpi, con seri problemi per via di grandi frane. In caso di pioggia forte dovrò stare attento a scegliere il posto dove passare la notte. Mi era pure passato per la testa di portare la tenda, ma alla fine è rimasta a casa.

Coen scendo dal bus passo di fronte alla ferma dei taxi ed il tassista che mi ha portato a Tirano la scorsa settimana mi ha riconosciuto. Il cielo è coperto da nuvole piuttosto grigie. E sono sicuro oggi la prenderò. Le temperature sono molto più gradevoli di quelle che ho trovato quando sono arrivato la scorsa settimana. Nonostante ciò camminando tendo a sudare.

Fino a Niblogo seguo la strada asfaltata più breve, e da qui riprendo il sentiero. Dopo soli 7km sento già le gambe stanche. Il sentiero è una strada forestale che dal fondovalle cerca di raggiungere il Passo Zebrú.

A 1800m il bosco si dirada e comincio a vedere la mia destinazione in questa valle. La strada sale con calma ed è positivo visto che sono appena rientrato da una bella pausa. Anche se a dirla tutta dal paese al Passo sono 1800m di dislivello positivo, un inizio interessante a maggior ragione perché supererò i 3000m.

A 2150 circa incontro il sentiero vero e prorio, si sale più decisi, un sentiero tenuto bene che mi fa sentire quei piccoli dolorini soliti che ho dopo una pausa. Le nuvole continuano ad essere grigie ma ancora, per fortuna, niente pioggia. Verso Bormio sembra piovere, ma non ne sono certo, potrebbe essere foschia. La pipi è limpida però ho già cominciato a puzzare purtroppo. Per i prossimi tre giorni dovrò liberarmi dalle impurità accumulate, poi mi laverò, e tornerò come prima della pausa, meno appiccicoso.

Quando mi trovo a 2900 vengo colpito da una leggera brezza che mi fa venire i brividi, mi fermo e mi copro, intanto la pipí è limpida. Molto meglio con la felpa e pantaloni. Salgo un altro po’, poi mi fermo per una piccola pausa, e per caso mi accorgo che un ermellino sta saltando nelle mie vicinanze. Inizialmente resta distante, poi, si avvicina tanto da potergli fare un video. Non mi fermo troppo altrimenti mi raffreddo e rischio di bloccarmi. Al Passo dono a 3005m, pensare che questa mattina mi trovavo a non più di 15m sul livello del mare. La differenza di temperatura è notevole. Scendendo la brezza che momentaneamente era sparita, torna a farsi sentire. Infilo anche i guanti. Nei pressi del Rifugio Pizzini pioviggina, ma guardando il cielo sembra non si decisa ancora a venire. Intanto ho passato il punto che volevo raggiungere per oggi, pensavo di dover aspettare di più la coincidenza a Tirano per Bormio, invece 15 minuti dopo è partito il bus. La mappa degli scout finisce prima del Passo ed io non sono sicuro di seguire il percorso giusto. Ma proseguendo vedo che sto seguendo i riferimenti della guida che mi fa andare verso il Rifugio Branca. Sono le 19.30 passate e la guida mi dice che c’è un bivacco a 2 ore circa da qui.

Entro nel Rifugio e trovo una vecchia mappa con indicato il SI, e scopro di aver sbagliato strada allungando addirittura. E del bivacco nessuno riferimento. Scendo lungo la carrabile che collega il rifugio a valle. Spero di trovare informazioni strada facendo anche perché noto che a circa 4km da me sta piovendo. Trovo degli scout, sbircio la loro mappa ma non c’è indicato nessun bivacco. Più a valle c’è un rifugio, un altra mappa ma nessuno bivacco. C’è indicata una struttura ma non come bivacco. Dovrò inventare qualcosa, controllo anche se c’è un buon posto sotto delle rocce, ma sono tutti abbastanza scoperti ed in caso di pioggia di traverso mi bagnerei.

Continuo la ricerca, fino a quando arrivo nei pressi di un altro rifugio dove c’è un locale apposta per me. Entro mi metto comodo e mangio.

Come comincio a mangiare mi colpisce subito una fitta allo stomaco. Faccio un resoconto dei dolori che ho addosso dopo aver ripreso, e sono abbastanza contento, niente di importante da segnalare. A parte il fianco esterno del piede destro che pulsa un po’.

Alle 21 arriva il temporale ed io sono molto contento di essere al coperto.

Giorno 99

Alle 4.55 mi vesto per uscire a fare la pipí, come sto per rientrare comincia a piovere, ma smette prima che io sia pronto per uscire.

Fa fresco fuori e del fumo esce dalla bocca. Mi sono coperto per la pioggia che ogni tanto scende per qualche minuto dal cielo. Però vestito così fa caldo e sudo, così tolgo la giacca per ovviare al problema, poi da Bormio arriva una pioggia un po’ più decisa e ritorno a mettere la giacca. Sono tentato di toglierla, ma una volta passato il Dosso Tresero, incontro del vento fresco. Passo per alcune zone esposte al vento ed altre protette e quando mi trovo in salita in quest’ultime mi ritrovo a sudare. Apro e chiudo la giacca in base alle temperature. A 2400 metri incontro anche un piccolo accumulo di grandine, poi raggiungo il Rifugio Berni e da qui su asfalto fino al Passo Gavia. Per ora la giornata sembra migliore di ieri, ma le temperature sono più basse.

Dal passo Gavia prendo una vecchia strada militare che presto diventa sentiero e devo proseguire tra detriti e massi enormi. Il vento va e viene, e non so se togliere la giacca o meno. La tolgo e sento subito il sudore dietro la schiena raffreddarsi per il vento. Cerco di mantenermi il più possibile in moto per non raffreddarmi, poi il sole va dietro le nuvole e la temperatura cambia notevolmente, ci si mette anche il vento e così ritorno con la giacca ed i guanti. Per raggiungere la Bocchetta dei Tre Signori mi aspetta un tratto abbastanza ripido ed attrezzato. Ci sono altri accumuli di grandine lungo il sentiero, un po’ mi infastidiscono perché non c’è molto posto dove mettere i piedi e devo metterli sopra la grandine scivolosa. Senza troppe difficoltà tecniche, ma con un po’ di affanno, arrivo in cima. Il punto più alto del tratto della Lombardia e di tutto il Sentiero Italia, 3098m.

Bello fresco quassù.

Il primo tratto in discesa non è agevole, ma presto incontro dei prati e diventa più scorrevole. Qui comincio a sentire formicolio alle labbra ed i denti, il nervo sciatico sta cominciando a fare i capricci. Il sentiero, almeno nel mio senso, non è chiaro nei pressi dei Laghi di Ercavallo, migliora quando trovo di nuovo una strada militare che prosegue in costa e in falso piano. Scendendo di quota ed avvicinandomi a mezzogiorno, le temperature si alzano, così arrivo al Rifugio Bozzi in canottiera. Il nervo sciatico comincia ad irrigidirmi le gambe, ma intanto sono arrivato alla fine del tratto di competenza Lombardo.

È stato il più stravagante di tutti, in un sacco di aspetti.

Sono passato dai 200 ai 3000m, dal caldo intenso dei primi giorni vicino Como fino al Ghiacciaio ed al freddo in Val Masino sul Sentiero Roma, dai sentieri molto facili sulla Via dei Monti Lariani ai più impegnativi di tutto il Sentiero Italia in Val Masino. Ed il posto più bello visto durante il tragitto lungo l’alta Via della Val Malenco.

Insomma un’altra regione è andata, ed ora mi sento vicino casa.

error: