Lombardia 2016

Giorno 109

Apro gli occhi sono in Lombardia, il capitano ha appena detto che stiamo attraccando a Maccagno. 

La mia esperienza in Piemonte è appena finita, e rispetto le mie aspettative ben 5 giorni prima. 

Il sentiero vero e proprio parte a Pino, alla stazione dei treni di Pino, perciò mi muovo verso nord lungo la statale. 

Passo di fronte alla Pro Loco di Maccagno e di fronte diversi cartelli, ma nessuno per me inoltre c’è una mappa, indubbia l’attrazione da parte mia. È una mappa molto dettagliata e subito mia accorgo di una sigla. “SI”. Faccio subito delle foto per avere il documento con me e riprendo sulla statale, un pezzo abbastanza noioso ma serve per far digerire il grosso pasto fatto in Piemonte. 

Lungo il lago vedi diverse spiagge e numerose villette molto belle, e nessuna con proprietari italiani, leggo tutti nomi stranieri nella bocchetta della posta. 

Diversi cartelli del CAI indicavano dei sentieri lungo questi tratto di strada, ma io devo farmene 8 fino l’inizio del mio.

Quando sono a Pino subito mi accoglie il mio cartello. La Lombardia è partita molto bene, mappa con le indicazioni e cartelli trovati subito, spero continui così. 

Salgo al paese e trovo anche qui le indicazioni sotto forma di cartelli ma quando finisce la strada il sentiero è un po chiuso dell’erba alta. Fa caldo nonostante siano ormai le 17.

Oggi voglio trovare un bel posto per poter passare la notte anche se non dovrebbe piovere, anzi domani mettono una splendida giornata. Non mi interessa fare molti km, ma trovare riparo. Seguo tutte le indicazioni che tramite segnavia ma soprattutto con cartelli quando necessario mi fanno arrivare al lago Delio ed il sole sta tramontando perché le nuvole si stano colorando di arancio. A memo si 2 km c’è La Forcora, un piccolo centro dove sicuramente troverò ciò che mi interessa. Qui il sentiero è un misto tra sentiero e strada rotta. 

Nel bosco è già abbastanza buio per usare la frontale, ma sono subito alla prima casa, ha una specie di scantinato molto basso, polveroso dove non sembra esserci abbastanza posto per me,ma dopo aver sposato qualche attrezzo ho ricavato sufficiente spazio per me. Chiudo la porta e mi sistemo, mangio e quando mi stendo non ho sonno. Mi giro e mi rigiro per 2 ore. Non capisco, dopo la notte passata così male non ho sonno. Ho un gomito con un dolore sordo che un po’ mi infastidisce e non aiuta a prendere sonno. Alle 22 finalmente mi addormento. 

Giorno 110

Alle 5 mi sveglio e mi sento ben riposato, fuori c’è vento ed è bello fresco nonostante la quota. Non una nuvola ed Orione di fronte a me mi saluta. Salgo al passo e poi comincio a salire sulla cresta del monte Sirti e raggiungerò i 1390m, il punto più alto del tratto fino a Como, una quota piuttosto bassa. . In cresta il vento un po’ mi sposta e mi rinfresca. Comincio a scendere ed è ancora abbastanza buio ma ora si tratta di una strada bianca e poi asfaltata fino a Biegno. Le indicazioni ci sono sempre e così non perdo tempo anche se non riportano la sigla SI. 

Scendo a Piero, un piccolo borgo non tenuto troppo bene per risalire a Monteviasco su una delle solite mulattiere di sassi, ma in salita non danno molti problemi. La temperatura scende o forse il sentiero ritornato in piano mi fa raffreddare perciò aumento il passo mentre sono nella vallata; devo attraversarla tutta a mezza costa per arrivare a Viasco. Questa mattina n il n ho ancora utilizzato il pannello perché ho fatto quasi tutto bosco o comunque zone dove non c’era il sole ma so che devo ricaricare la batteria perché non ho molta energia. A mezzogiorno mi troverò un posto al sole dove poter ricaricare. 

Proprio nei pressi di Viasco mi accorgo di aver perso l’adattatore usb del pannello. Il telefono prende per fortuna, chiamo casa ed avviso mi portino il pezzo di ricambio che ho a casa ed ordino quelli mancanti. Domani arriveranno a casa. 

In un quarto d’ora ho quasi risolto i problemi, manca la disponibilità di corrente. Lungo questo tratto ho la possibilità di rivedere il Monte Rosa e le altre cime coperte di neve e ghiacciai.la giornata è limpidissima e si vedono molto bene i dettagli. 

Continuando arrivo ad un rifugio, le indicazioni mi portano a salire,ma il tracciato fatto a casa mi dice di scendere. Controllo la mappa fotografata a Maccagno ed infatti devo scendere. Quindi torno sui miei passi e cerco il sentiero giusto, lo trovo poco più avanti e torno a camminare in una faggeta. Probabilmente il questo tratto sbaglio seguendo il sentiero principale perché manco un alpeggio per il quale dovevo passare ma i sentieri si ricongiungono quando arrivo nel punto in cui devo scendere a Dumenza. E qui mi fermo in una piccola finestra di sole, che tepore! 

In discesa comincia a stuzzicarmi l’idea di arrivare il 4 sera a Como e non il 5 nel pomeriggio. I km ed il dislivello me lo permettono allora cerco di aumentare il ritmo anche per arrivare in tempo a Marchirolo per fare la spesa. 

Scendo su un sentiero pieno di sassi spesso nascosti dalle foglie e qualcuno arriva dritto dritto al alluce. 

Al paese scopro che il mio tracciato è sbagliato e devo allungare, ma non demordo. Più avanti vado e più scopro ho sbagliato tracciato. Sconfino di qualche metro in Svizzera, lo costeggio e ritorno in Italia. 

Non ci sono grandi dislivelli e riesco a filare veloce tra i boschi. Allungo ancora e poi trovo un cartello in direzione sbagliata,ma ancora una volta la mappa di Maccagno mi aiuta. 

Sto lessando 8 piedi intanto, i tratti di asfalto, la giornata calda e le basse quote fanno sì che questo accada. 

Guadagno una mela da un giardino e cerco di proseguire correttamente, da un po’ le indicazioni sono più sbiadite. Per salire a Biviglione il sentiero è messo davvero male, molto ripido,piante alte e poco visibile. Anche dal paese in poi, specie verso la cima Sette Termini, mancano le indicazioni e perdo il sentiero. Continuo in salita fino ad imboccare una strada asfaltata che seguo fino ad un bivio per ritornare su un tratturo.

Diversi bivi ed indicazioni assenti o posizionate male ma riesco a raggiungere la chiesetta di San Paolo. Ora scendo a Marchirolo dove ho scoperto ci sono addirittura due supermercati. Così posso sbizzarrirmi nella spesa, e sono aperti fino le 20! Una gioia per me visto gli standard. 

Arrivo al supermercato alle 18.30 dopo un sentiero brutto e qualche errore, è più grande di quanto mi aspettassi. Chiedo loro di mettermi in carica il telefono ed acconsentono. Faccio la spesa, esco per mangiare e verso le 19.40,approfitto del bagno per lavare le mani e recupero il telefono bello carico. Al buio cerco di riprendere il sentiero, ma non è facile, sbaglio è poi lo trovo. Quando sono all’inizio della salita, no!

Ho lasciato i bastoncini al supermercato. Ritorno indietro sperando ci sia ancora qualcuno ma è passata ormai mezz’ora dalla chiusura. L’idea di arrivare domani sera a Como sfuma. Al supermercato infatti trovo luci spente. Riaprono alle 8. Nemmeno toppo tardi. 

Provo a vedere se in zona c’è un posto per passare la notte, lo trovo e c’è pure una presa, così mi concedo un po’ di musica mentre mangio. 

Mi consola il fatto che domani potrò riposare un ora e mezza in più. 

Giorno 111

Dentro la stanza c’è una temperatura gradevole e mi preparo con calma, fuori qualche nuvola si colora di giallo. Quando lo zaino è pronto vado verso il superamento, un ragazzo sta facendo le pulizie, gli faccio cenno dei bastoncini e me li porta. Parto subito verso il sentiero, ma mi trovo in difficoltà subito dopo, sbaglio due volte direzione. I segnavia erano nascosti dalla vegetazione. Un tratturo mi porta in cima al monte Marzio ma le belle e chiare indicazioni sembra non ci siano più. Riesco a proseguire ma ad ogni incrocio o bivio devo sforzarmi per prendere la direzione giusta. 

Non mi sforzo per far presto ed arrivare questa sera a Como, vado con più calma e serenità in modo da riposare camminando. Alla Bocchetta dello Stivione mi ricollego con il Sentiero Europa 1. Ma la situazione segnaletica non cambia. Arrivo a Cuasso al Monte ed il sole finalmente riesce a riscaldarmi, poi inesorabilmente di nuovo nel bosco. Voglio pranzare a Porto Ceresio, prima di una salitina di 700m. Ancora sbaglio per mancanza di indicazioni. Per fortuna non punto più ad arrivare stasera a Como. 

Sto seguendo anche un “Sentiero Confinale”, che costeggia la linea Cadorna ed incontro quelle che probabilmente erano dei bunker trincea. Più scendo e più le condizioni della strada peggiorano, ma arrivo a Porto Ceresio, un indicazione riguardo un supermercato mi invita a dirigermi verso. Ho il pranzo ma perché non togliermi qualche sfizio. Faccio la spesa e quando sono alla cassa un ragazzo, Tommaso, mi ferma incuriosito. Lo avevo notato tra gli scaffali. Lui ha finito il Cammino di Santiago e vuole sapere più su di me e così mi fermo un po’ a chiacchierare li, proprio dove ci sono le casse. È ora di pranzo, e mi offre di pranzare con lui. Visto che comunque domani mi fermo a Como e che sono comunque in tempo accetto volentieri. Ci sentiamo sul lungomare a discutere sulla essenza dei viaggi, cosa impari e cosa succede dopo un viaggio come quelli che lui ha fatto ed io sto facendo. 

Ci beviamo un caffè e ritorno a fare la spesa perchè con le chiacchere mi sono lasciato andare con il palato e ne ho troppo poco per questa sera.

Ci salutiamo ed io riparto verso Como. Dopo qualche tentativo imbocco il sentiero giusto perchè vedo ci sono i cartelli con la sigla SI, e corre giusto lungo il confine con la Svizzera, infatti sto andando verso sud, e percorro una vecchia strada militare che fa parte della linea Cadorna, e continuerò anche domani a trovare ricordi del primo novecento. Passo proprio nelle trincee e poi pure una galleria con dei mortai. Scendendo a Viggiù ritorno su una strada militare, ma come incontro il paese ho difficoltà a trovare i segnavia, li perdo proprio, ma dopo qualche km controllando mappa e delle fonti in internet riesco al buio a ritrovare le tracce. Dopo le trincee non salirò più in montagna fino a Como.

Raggiungo Ligurno le tracce sono abbastanza visibili ma mi faccio fregare da una strada principale, poi mi accorgo che la strada è troppo “grande” per fare parte del sentiero ed in più mi era sorto il dubbio riguardo ad un segnavia. Ritorno in paese ed infatti dovevo voltare e continuare su una strada rotta. Un ragazzo mi chiede se mi può seguire per un tratto visto che la mia torcia è molto più efficace della sua. Utilizza quella del telefono per illuminare una strada che già di giorno sarebbe impegnativa. Sono le 20 passate ma mi dice che in cima ad un colle, nei pressi di una chiesa c’è un posto riparato. Non sono stanco, ma continuare così al buio mi obbliga a rallentare il passo per verificare i bolli, ed infatti nel bosco fatico a continuare perchè ne mancano e non vedo la continuazione del sentiero nascosto dall’erba alta. Comunque prima delle 21 arrivo in questo posto dove ci sono delle griglie che utilizzano quando ci sono delle feste.

Aprofitto della connessione per controllare delle curiosità in internet,mi stendo verso le 22.20 ma non prendo sonno prima di mezzanotte e mezza. Forse essendo sceso di quota lo sforzo e le energie richieste sono molto inferiori e quindi la sera sono pure meno stanco.

Giorno 112

Alle 5 c’è la sveglia, posticipo solo 10 minuti. voglio partire presto così prima arrivo e prima mi riposo.

Alle 6 ho “rifatto il letto” e lo zaino è stato caricato. Ci saranno 12 gradi fuori, la temperatura è gradevole nonostante sia in pantaloncini corti. Non una nuvola, il sole stà già cominciando a rischiarare il cielo, ma ancora per mezz’ora non posso fare a meno della torcia. Da subito ho problemi a proseguire, ma per tentativi ritrovo il sentiero nel bosco dopo essere passato per una zona residenziale. Cani abbaiano al mio passaggio.

Passo per una linea ferroviaria mantenuta solo per far funzionare una locomotiva a vapore qualche volta l’anno. Per salire verso Bizzarone mancano le indicazioni e quando geograficamente l’ho passato prendo un sentiero che trovo sulla destra e sembra essere giusto perchè più avanti trovo i segnavia biancorosso. Continuo per boschi di castagni, ce ne sono un sacco per terra che nessuno si preoccupa di raccogliere. E pensare che sono biologiche in più gratuite.

Prima di Ronago incontro un signore, Renato, che sta portando a spasso il cane ed è sulla via del ritorno, nella mia direzione. Mi fa una breve lezione di storia riguardo le dominazioni, i confini del luogo e del cuneese in generale. 

Dopo Ronago entro nel parco Spina Verde, la segnaletica è migliore, ma è solo un abbaglio. Manca anche qui, e con i diversi tratturi che si intersecano non riesco sempre a fare la scelta giusta, visto che ho energia elettrica a sufficienza mi metto le cuffie e così dopo molto tempo riesco ad ascoltare della musica quando sono in marcia. I km passano anche grazie alla musica che mi fa passare il tempo più velocemente, quando non so quale direzione prendere seguo le tracce di una gara podistica che si deve svolgere o si è svolta da poco e così raggiungo Monte Olimpino a Como, i miei sono ancora per strada perciò proseguo verso Cernobbio. 

Assurdo che su una strada senza deviazioni possibili ho trovato un sacco di segnavia, ben visibili e nuovi, troppi aggiungerei, inutili addirittura. Ma come arrivo sulla strada grande i segnavia scompaiono e diventa davvero difficile capire quale direzione seguire. Continuo dritto e cerco di prendere la strada più breve e ad una svolta vedo un qualcosa che potrebbe essere un segnavia del Sentiero Italia, mi avvicino ed è così. Ma è così vecchio e sbiadito che non credo che qualcuno sappia sia li oltre me.

Comunque nei pressi del porto arriva mio padre, mia sorella ed il cugino. Gli altri sono a casa. Sistemo lo zaino nel bagagliaio e mi siedo comodamente nel retro. Il piacere di stare seduto è tanto. Ho finito un pezzo, una tappa importante. quella che per la mia testa è metà percorso delle Alpi anche se ho percorso circa il 40%. A casa incontro gli altri, e poi arriva il momento che aspettavo.

Del cibo diverso da pane e fagioli!! Mangio e provo di tutto come solo un ciccione come me sa fare! Poi mi lavo e comincio a sistemare lo zaino, preparo i vestiti da lavare, lascio prendere aria ala sacco a pelo e cerco di sistemare tutte quelle cose che quando sono in marcia non posso fare. La sera di nuovo cibo e vado a dormire come fossi già riposato.

Giorno 113

La sveglia non è stata puntata, sento comunque che c’è più di qualcuno sveglio, sono le 7. Mi alzo e mi vesto di nuovo con gli abiti con cui sono arrivato, con la differenza che ora profumano. Sono tutti svegli quando vado a fare colazione. Non abbondo perché comunque ho mangiato molto durante questa pausa, successivamente sistemo le ultime cose e recupero i materassini che ho usato per dormire. Ora lo zaino è pronto. 

I saluti si fanno un po’ lunghi ma si sa che va così. Salgo in macchina per farmi riportare dove ho lasciato il sentiero. 

9.15 siamo arrivati al punto dove devo cominciare, ci sono 12 gradi e la giornata è griglia. Saluti anche qui, ma sono un po’ più sbrigativi così prima delle 9.30 sono ripartito. Purtroppo per un disguido riprendo il cammino con le stesse scarpe non impermeabili, e per domani sera hanno messo pioggia. 

Ritrovo quasi subito il sentiero ma il segnavia è molto vecchio, mi accorgo che le cosce sono più grosse ma non so se perché gonfie dal riposo o per altri motivi. 

Come ho trovato quasi subito il sentiero, dopo due km lo perdo, non trovo indicazioni. Faccio i primi 3km e nemmeno me ne accorgo, ancora molte cose in testa che frullano riguardo questa pausa. Il percorso oggi non è impegnativo considerando il dislivello e le quote. Ma verso il quinto km avverto dei dolori alla coscia. Sono certo che siano venuti fiori per via della pausa come è successo le altre volte. Però sono venuto fiori molto presto e continuano ad aumentare. Mi fermo per fare pipì ed è come se i muscoli si siano raffreddati bruscamente ed il dolore è accentuato. 

Il sentiero non è segnalato bene, diversi bivi mancano di cartelli o segnavia. 

Il paesaggio è coperto dalle nuvole o da una forte foschia e gran parte del tracciato è nel bosco. Tra poco è mezzogiorno è so che fermandomi mi raffredderò ed i dolori non faranno altro che aumentare perciò cerco un posto al sole. Ogni tanto esce dalle nuvole ma quando mi fermo per mangiare resta sempre coperto. Metto la felpa ma anche i pantaloni per restare più caldo, quando parto comunque ho i dolori più forti di prima. Quando mi scaldo i dolori si attenuando ma restano a farmi compagnia. Dopo una discesa lunga e morbida nei pressi del Pizzo della Croce devo risalire sempre dolcemente fino a Orimento. Questo cambio di pendenza è un trauma per i muscoli, fatico a salire per i primi 50 metri ed ho i muscoli induriti oltre che doloranti. Ad Orimento le indicazioni sono vaghe e non ho trovato mappe che mi possono aiutare, sbaglio ma forse la strada è giusta, i cartelli più a valle dicono ero nella strada sbagliata, ma ho comunque trovato un segnavia che mi diceva ero giusto.

Scendo fino a San Fedele Intelvi e c’è un supermercato, mi procuro i pasti per domani perché probabilmente sarà chiuso e ritorno sul sentiero. Oggi provo a cenare mentre cammino. Pane e ceci. Sono le 18.30 circa ed approfitto dell’ultima ora di luce per guadagnare terreno. I muscoli ora stanno meglio e non sono più doloranti ma i piedi nella parte del tallone danno parecchio fastidio. Oggi non è stato particolarmente difficile il sentiero, poco dislivello e nessun tratto impegnativo, infatti ho percorso più di 35km nonostante sia partito tardi. Ma spero di non aver forzato troppo dopo la pausa. È stata una giornata fresca, per quasi tutto il giorno mi è uscito il fumo dalla bocca. 

Trovo uno stabile con una tettoia dove c’è un tavolo e una piccola griglia,ma c’è posto anche per stendermi, ed essendo le 19 passate mi fermo qui per escludere il bagnarsi in caso di pioggia. 

Giorno 114

È molto umido, nonostante sia al coperto, il sacco a pelo, lo zaino è tutte le altre cose sono umide al tatto. La sveglia oggi l’ho licenziata e mo sono svegliato solo con le campane delle 7.

Ci sono diversi cacciatori perché sento colpi di continuo, e proprio come comincio unici da il benvenuto, le fronde dell’albero sopra di me vengono colpite dai pallini due volte. Poco più avanti un altro colpo, credo sia sempre io stesso imbecille, poi per la conformazione del terreno non sono più a tiro e non ho più rogne. La nebbia rende più difficile seguire il sentiero, ma per fortuna c’è stata una gara recentemente e riesco a farmi guidare dai nastri che sono rimasti appesi agli alberi. Faggeta e poi bosco di pini.

Le gambe non danno problemi, i polpacci sono leggermente duri ma non mi condizionano. I calli al tallone invece danno fastidio ma ancora nulla di grave. 

Oggi nel bosco è davvero buio, le nuvole schermano il sole e gli alberi ancora con le foglie sui rami aumentano questo effetto. 

La vista oggi è compromessa nonostante la pausa,  da lontano fatico a mettere a fuoco. 

Sta piovigginando, dopo mezz’ora piove e per le 10.30 ho la scarpa sinistra molto bagnata, sento nella parte frontale l’acqua muoversi a destra e a sinistra. Alle undici controllo il telefono ed ho perso la traccia. Più di 11km andati. Provo a spegnere e riaccendere ma nulla. Non c’è più. Il sentiero non è ben segnato, ci sono pure rovi che mi rovinano il copri zaino ed i guanti. Più avanti comincia a piovere seriamente e forse pure i pantaloni sono rovinati dai rovi incontrati lungo il sentiero. Sto continuando solo per riuscire a trovare un riparo. Le mani sono fredde e bagnate. Nei guanti c’è acqua, ma senza sarebbe peggio. Ora tutti e due i piedi sono lessi e stanno dentro le scarpe zuppe, non so quando riuscirò ad asciugarli ma almeno non sono freddi. È bello vedere i ricci delle castagne sugli alberi, il loro verde chiaro w vivace spicca rispetto le foglie ed il resto dell’albero, mi farebbe piacere del brulè e delle castagne cotte in padella. Con qualche difficoltà comunque arrivo a Croce e trovo un lavatoio al coperto. Mi spoglio, cambio maglietta e metto la felpa. Cerco un posto dove passare la notte in internet per potermi asciugare ma soprattutto sistemare l’attrezzatura. 

La pazienza non mi è stata fornita alla partenza di questo viaggio, quindi alle 16.30 mi rimetto lo zaino in spalla e ho riprendo a camminare. So che non andrò molto lontano perché presto farà buio ma la pioggia è diventata pioggerellina leggera e ne voglio approfittare. 

In paese i segnavia ci sono e sono ben visibili così li seguo. Prima di partire ho svuotato le scarpe dall’acqua, strizzato calzini e solette ed ora il sentiero è una mulattiera quindi riesco a mantenere i piedi caldi e forse il tutto si sta asciugando. 

Sembra fin troppo bello per essere vero. Mi sto dirigendo verso Barna e comincia a piovere in maniera più seria, sono le 17.10 e comincio già a cercare qualche riparo per la notte. Ne trovo, qualche porticato utilizzato come garage oppure anche delle tettoie davanti l’entrata di alcune case non abitate, ma c’è ancora troppa luce e così decido di proseguire fino a Breglia che dalla mappa mi sembra un paese abbastanza grande per offrirmi la possibilità di trovare un riparo per la notte. Intanto i piedi sono ritornati a mollo.

Visto il meteo e l’ora non mo stupisce vedere qualche salamandra lungo il sentiero, una rischio pure di pestarla. Tutto sommato il sentiero è ben curato e non presenta difficoltà quindi mi muovo veloce ed una volta a Breglia decido di proseguire fino a Carcente, il paese successivo, circa 1,5km mi separano dal paese. Poi li dovrò assolutamente trovare riparo perché sono ormai le 18.30, meno di 20 minuti e comincerà a diventare buio. Proseguo su una strada secondaria non asfaltata la quale stanno sistemando. Proseguendo noto quella che sembra una frana lungo l’altro versante ma mi pare di vedere comunque la strada. Arrivo fino ad un punto dove di fronte a me c’è la strada franata, controllo la mappa e mi accorgo che questo non è il sentiero, quando torno indietro e cerco il sentiero, ho sbagliato praticamente alla fine del paese. Ma anche il sentiero è franato, ora non ho tempo per mettermi a cercare di percorrere sulla frana per proseguire perciò mi dirigo verso Breglia e cerco un riparo. Trovo qualche piccolo porticato, ma a fatica ci starei steso e così continuo la ricerca. Ad um certo punto trovo una legnaia, nemmeno pensandoci spingo il porticciolo che chiude questo porticato e si apre. 

Molto bene, ho trovato un posto ampio e riparato per la notte, inoltre non sono sulla strada e probabilmente nessuno si accorgerà di me.

Stendo le cose bagnate e preparo il giaciglio. Fatta la cena mo stendo per riposare sperando di cominciare la giornata senza la pioggia. Non smette da a stamattina alle 9.

Purtroppo so bene che in questo periodo può piovere per più giorni di fila ed io potrei non asciugarmi di conseguenza. 

Mentre aspetto di prendere sonno, appena aldilà del muro c’è la pioggia che scroscia suo tetti e scorre come un piccolo torrente sulla stretta viuzze. Odore di legno bruciato mia arriva alle narici, ed ammetto che mi piacerebbe asciugarmi di fronte un camino. 

Giorno 115

Mi sveglio qualche volta e continua a piovere, ma qui al coperto e dentro al sacco a pelo sto molto bene. 

Quando suona la sveglia non piove più, ma è difficile alzarsi. So che dovrò indossare calzini e scarpe bagnate e l’idea non mi fa fare i salti di gioia. Esco dal sacco non è freddo, controllo i calzini e sono freddi e tutti umidi. Li indosso e la sensazione non è così sgradevole come mi aspettavo, indosso le scarpe che sono fredde e bagnate anch’esse ma prendono una temperatura accettabile quasi subito. Sento delle voci lungo le vie,qualcuno si è svegliato. Mi dirigo verso la piazza perché li ricordo di aver visto dei cestini così butto la spazzatura e ricomincio a camminare. Un cervo mi sfreccia davanti quando ancora sono nel paese. Ritorno alla strada, poco dopo ritrovo una mulattiera che scende che ieri avevo ignorato perché non riportava il segno del sentiero ma dopo una trentina di metri vedo che è il percorso giusto. I piedi sono freddi, sarà difficile asciugarli. In cielo ci sono ancora diverse nuvole ma non coprono completamente il cielo, la speranza è che si apra e faccia caldo così da poter asciugare i vestiti. La mulattiera è in buono stato così non bagno ulteriormente le scarpe. Passando velocemente a Carcente non vedo posti dove avrei potuto ripararmi, quindi bene che mi sono fermato a Breglia. In alcuni punti panoramici vedo che le cime sono innevate, ma pure cime non troppo elevate. Con un applicazione ne controllo l’altezza e scopro che ha nevicato intorno i 1300m. Passo alcuni borghi poi prendo la sinistra ad un bivio e le scarpe si inzuppano, ma dopo 400m controllo la mappa e sono nel posto sbagliato. Torno indietro e capisco perché ho sbagliato. 

Un palo messo nel sentiero che ho preso presenta il segnavia, ma sotto c’è una freccia rossa sbiadita che non avevo visto. I piedi non sono freddi ma il fumo esce dalla bocca, spero il sentiero migliori così da asciugare le scarpe. Nei prossimi giorni ritornerò sopra i 2000 e se non riesco ad asciugarle potrei prendere molto freddo vista la presenza di neve a quelle quote. 

Proseguo tra boschi abbastanza spogli nel suolo, le nuvole che prima si stavano diradando ora stanno aumentando. 

Quando manca poco a Garzeno, dove punto a fare la spesa, esco dal bosco ed incontro prati con l’erba ancora tutta bagnata e così arrivo in paese con i piedi a mollo. Arrivo 20 minuti prima della chiusura al alimentari, faccio in fretta e pii esco cercando una panchina. Sta uscendo il sole è così bello caldo quando non è velato. Salendo al paese ho perso i segnavia e chiedo ad un locale informazioni, mi dice che in piazza dovrebbe esserci il cartello. Esterna il disappunto riguardo la gestione dei sentieri ed io condivido quello che sta dicendo. 

Ritorno verso la piazza è trovo un segnavia, altri 3-4 poi ancora in paese difficoltà. La vista che manca non è di certo d’aiuto ma riesco da lontano a distinguere la targhetta che mi interessa. L’imbocco del bosco è difficile da vedere perché chiuso dalla vegetazione ed una volta superato il sentiero non è dei migliori. Fatico a capire la direzione da prendere e dopo un po’ che proseguo trovo la targhetta. La salita non dura molto ma se non avessi le mappe ed il GPS sarei perso da un pezzo.

Ora entro nella vallata del fiume Liro, la percorro tutta a mezzacosta senza grandi dislivelli, passo diversi alpeggi, alcuni abbandonati e semidistrutti.

Alla fine della valle arrivo a Dosso del Liro in linea d’aria meno di due km di distanza da dove ho cominciato ma di percorso più di 7. In Piemonte le si attraversavano senza girarci a mezzacosta, ma era abbastanza impegnativo anche così visto i dislivelli. A Dosso del Liro ci arrivo nel tardo pomeriggio, e so che a breve mi fermerò. Mi arriva un messaggio con la conferma della consegna delle scarpe, una settimana dopo l’arrivo previsto, perciò mi metto d’accordo per farmelo portare domani perché poi salirò di quota e non incontrerò strade ne paesi, intanto le scarpe che indosso si stanno asciugando. Continuo in discesa fino a Peglio e poi Livo dove trovo qualche mela da mettere in bocca. Comincia a fare freddo ed il sole si è nascosto dietro le montagne. 

Stanotte dovrebbe piovere perciò mi devo trovare assolutamente un riparo.

In località Dangri dovrei trovare qualcosa così continuo sul sentiero, ma 1km dopo Livo trovo una stalla abbastanza pulita che mi potrebbe offrire riparo. Decido di fermarmi qui perché non sono sicuro di trovare qualcosa di altrettanto valido più avanti, in più è quasi buio.

Giorno 116

Della pioggerellina è caduta per brevi momenti questa notte, per terra non è molto bagnato. Le scarpe sono umide ma non mi lamento. È buio, fa freddo, il cielo è coperto e sta pioggerellando. Mi metto la giacca e comunque non ho caldo. Il primo tratto è praticamente in piano e non permette di scaldarmi. Nel bosco ci sono dei cervi che bramiscono, ma sono molto lontani. Dopo 2-3km comincia una bella salita che mi fa scaldare molto bene e sono costretto a togliere giacca e felpa. L’erba è bagnata e le scarpe tornano ad essere umide. A Trobbio, um piccolo borgo che mi da l’impressione di non essere solo abitato durante le vacanze, ci sono dei castagni enormi. Il senti da qui prosegue in leggera discesa in un vero e proprio bosco di castagni, il sentiero è curato. Anche oggi passo diversi alpeggi ed il sentiero corre a mezzacosta lungo i monti e così sono costretto a percorrere le vallate per la lunghezza. I segnavia sono un po più presenti in questo tratto, almeno fuori dai paesi perché a Montalto sbaglio per della segnaletica imprecisa. Un altra vallata e poi comincia la discesa fino a Sorico. Ho dato l’appuntamento a Novate Mezzola per le scarpe e ci troveremo verso le 15, ora è poco prima di mezzogiorno, ho fame, perciò mi fermo per mangiare. 

Lungo la discesa mi permetto di raccogliere 1km di castagne da dare in cambio per il favore delle scarpe.

Quando sono quasi a Sorico il cugino di papà, che mi sta portando le scarpe mi chiama che è a Novate, io ci metterei troppo, perciò mi raggiunge a Sorico. Mi lavo i piedi e provo le scarpe nuove. Sono più rigide di quelle che avevo fino ad ora, e mi lasciano perplesso sulla impermeabilità. Perciò quando riparto e trovo una fontana le metto sotto. Sembra che non entri acqua. Del sentiero Italia non c’è nessuna traccia perciò seguo una ciclabile che mi porta a Novate. Ci arrivo alle 17.20 dopo aver allungato leggermente il percorso. Da ora comincio a salire, ma la tappa che ho deciso è a 3km. Intanto mi sono abituato alle scarpe nuove anche se sono molto calde. Percorro i 600m di dislivello da Novate per raggiungere Codera molto facilmente, anche se ho lo zaino più pesante di 5kg visto che per più di 100km non troverò appoggio. Lungo il sentiero, poco prima di Codera attraverso una galleria che mi offre riparo in caso di pioggia e decido di fermarmi qui per evitare di essere disturbato o di non trovare un posto riparato anche se non dovrebbe piovere. 

La luna a metà da lassù mi guarda mentre cerco di addormentarmi. 

Giorno 117

Non ho molta voglia di alzarmi, ma riesco a farcela. È fresco fuori, ma non quello fastidioso, quello rinvigorente. Anche oggi ci ho messo un po’ prima di partire dopo il primo suono della sveglia, ma non dovrei perdere tempo, le giornate ora sono davvero più corte. Come comincio un venticello freddo mi colpisce, mi gela le mani e tenta di gare lo stesso con il resto del corpo. A Codera non sembra esserci anima viva, trovo una mappa e la fotografo. C’è pure un cartello del sentiero Italia. Comincio a scendere verso il fiume, controllo la mappa e non so come mai mi viene un dubbio. Controllo i riferimenti e mi accorgo di aver sbagliato in pieno a tracciare il percorso. Ritorno a Codera, mi accorgo che c’è della brina qui è li e prendo il sentiero giusto anche se non è indicato. Il problema è che non ho le mappe di questa zona. A il telefono prende a tratti e mi ci vorrebbe troppo tempo per scaricare le mappe. Proseguo, spero di non perdermi. Ma il vantaggio è che forse il percorso che devo fare è diminuito. 

Quando il cielo comincia a diventare azzurro intenso perché tra una mezz’ora il sole sorgerà non c’è una nuvola. Spero continui così perché devo assolutamente ricaricare le batterie. 

Guardo nella direzione opposta a quella si marcia ed il monte Legnone è coperto di neve, candido al primo rischiare del cielo.

Mi giro ancora ed i primi raggi colpiscono la cima colorando la neve di arancio.

Verso le 8 sono a 1200m, più o meno tutta l’erba è coperta dalla brina e la temperatura è probabile sotto lo zero perché la sensazione sulla pelle è pungente. Dalla bocca esce un bel fumo bianco.

Dal rifugio Brasca comincia la salita vera e propria, da 1300 a 2600. Parte subito bella ripida, verso i 1600 comincio a trovare neve, a 1800 la neve copre un po il sentiero, spero non comprometta la visibilità più in alto. Prendo la direzione sbagliata nei pressi di un alpeggio, e non è per niente facile trovare i segni. Torno indietro verso la parte più bassa di questo alpeggio ed arrivando nella direzione opposta noto un segnavia ma anche una possibile traccia di sentiero. 

Sto salendo sempre più lentamente, diventa sempre più complicato trovare un buon punto di appoggio. La neve uniforma gli spigoli e fa sembrare acuminati le pietre in piano. 

Verso i 2000m comincio a salire dritto per dritto verso la forcella perché comunque non avrei punti di appoggio buoni ed ogni tanto trovo qualche segno di vernice vecchio e sbiadito. Ci sono diversi ghiaccioli nelle zone dove c’è un po di acqua, alcuni sono lunghi anche 50cm. Verso i 2350m sto proseguendo pianissimo, mi fermo ho fame ed è mezzogiorno. Sono caduto nella neve più di qualche volta, mi metto i giubbotto e guanti impermeabili. Pranzo li dove sono, in piena salita all’ombra e fa freddo. Mentre sono fermo ragiono, non è un posto molto sicuro ed anche se riuscissi a raggiungere un rifugio o bivacco lungo il sentiero, domani hanno messo molta pioggia a valle che qui significa neve. Non un grosso problema se sono dentro un rifugio, ma se mi devo muovere devo valutare il rischio valanghe. Decido di abbandonare il sentiero per sicurezza. L’intenzione è di almeno guadagnare il colle per non dover ritornare a ripercorre il lungo tratto da Mezzosoprano fino qui e poi fermarmi dai parenti vicino Como ed aspettare fino a quando il meteo migliora. Faccio in fretta per ritornare a scaldarmi ma le difficoltà non mo fanno usare al meglio i muscoli e fatico a scaldarmi, la forcella si trova sopra i 2600m e gli ultimi metri ho dovuto arrampicare un po’, ho controllato se ci fossero corde o comunque qualche aiuto ma non ho visto nulla. Con lo zaino pesante ed abbastanza ingombrante non è stato facile. Una volta su la discesa è ancora più pericolosa, è ripida, un luogo che non ho mai visto,non ci sono segni su quale direzione prendere. Provo in un canalino ma dopo qualche metro diventa troppo detritico e risalgo, un altra parte mi offre una discesa troppo ripida che qualche camoscio o stambecco non ha temuto. Allora mi resta una possibilità oltre lo scendere da dove sono venuto. Effettivamente è il fronte migliore, ma comunque impegnativo e incontro dei segni di vernice rossa, ma è stressante scendere a questa velocità. Non sono stabile i piedi non appoggiano mai in piano e scivolo finendo sui sassi. La fortuna vuole che non mi faccio male. Qualche centinaio di metri più sotto trovo i segnavia che cercavo, ma mi riportano ad un punto morto. Desistere e preferisco una discesa diretta verso delle baite che vedo suo 2000m. Con molto impegno le raggiungo ed il sentiero non esiste se non solo grazie a qualche segno di vernice. Ma sul terreno erboso non c’è una traccia. Finalmente dopo quasi 800m di discesa dalla forcella trovo un sentiero facilmente percorribile che si addentra nel bosco ma anche qui lo perdo e mi trovo a seguire una traccia appena visibile. Questa finisce in un torrente, ma noto un regalino lasciato da una mucca, quindi capisco di essere vicino a qualcosa che potrei chiamare civiltà. Risalgo una decina di metri e vedo delle costruzioni ed un sentiero molto nitido. Lo seguo per un km fino a quando trovo una strada asfaltata, l’ultimo treno e alle 19 ed ho a disposizione un ora e mezza per percorrere 16km. Mi devo trovare un passaggio altrimenti dovrò aspettare domani mattina. Faccio in fretta, trovo un taglio seguendo un sentiero, ma non ho la mappa di questo luogo e spero non mi porti fuori strada, ma continua a scendere proprio quello che devo fare io.

Fa freddo, un bel fumo mi esce dalla bocca quando sono a San Martino. Le macchine non so fermano alla mia richiesta di autostop. 

Vedo una macchina ferma e due donne al suo interno, stanno per partire, mi avvicino e chiedo se mi possono offrire un passaggio fino a valle. Dopo la prima diffidenza si dimostrano gentili e mi portano fino in stazione. Arrivo in leggero anticipo così, anche se ho cibo con me, approfitto del supermercato li vicino e mi procuro la cena.

Poco dopo sono seduto in treno, un regionale che stranamente non puzza. Forse perché è il mio odore a coprire quello del treno. La carrozza è tutta mia, apro le scarpe per far circolare meglio il sangue ai piedi e liberarli da quella morsa che sono le scarpe dopo molte ore che le si indossano. I piedi sono bagnati, ma è probabile che l’acqua o meglio la necessaria entrata dall’alto e così mi ha bagnato i piedi. Tiro fuori il cibo dallo zaino e cosi come sono senza lavare mani od altro comincio ad assaporare il cibo. Metto le cuffie, per un po’ mi sento libero. Posso smettere di pensare al sentiero per qualche giorno, e lascio che l’energia della musica mi si infonda nel corpo. Mi faccio una foto mentre sono sul treno, una cosa insolita per me.

Mi diverto ascoltando le mie traccie e poco prima delle 21 sono alla stazione di arrivo. Il cugino di papà mi sta già aspettando, scherzo sul fatto che mi mancava ed ho deciso di tornare. Arriviamo a casa, due chiacchiere, doccia e poi faccio vedere le condizioni del sentiero spiegando cosa è successo durante la giornata. 

È molto tardi quando prendo sonno ma so che mi posso davvero rilassare. Per almeno 3 giorni non ripartirò.

Giorno 118

Oltre una settimana di stop completo prima di ritornare a Bagni di Masino. il furgone è completamente appannato, e la luce della luna riesce ad illuminare sufficientemente l’interno del furgone. Non ho appetito, mi vesto, mangerò più tardi. Da subito il fiato viene trasformato un una nuvoletta che si dissolve dietro di me. Comincio camminando, devo prima abituare il corpo a questo nuovo tipo di attività. Mi scaldo in fretta, come in fretta percorro il sentiero. È ancora buio ma riesco a vedere che i larici non sono più come gli ho lasciati, ora sono rossi.

Il tempo passa ed io guadagno quota, devo lasciare il sentiero che sto seguendo perché devo ritornare al punto dove ho lasciato il sentiero. Percorro salti erbosi e piccoli tratti di roccia, l’erba è gelata e la neve che ricordo non c’è più. Se ne trova poca pure a 2500m. Dopo 7km e 1400m di dislivello raggiungo l’ultimo punto percorso sul sentiero. Proprio qui l’ho lasciato, e capisco molto bene ora che non c’è più la neve. 

Il sentiero scende abbastanza ripido, ma ora è visibile e so dove appoggio i piedi. Anche se è un tratto di grosse pietre riesco ad andare abbastanza spedito, sicuramente più di quanto sia riuscito a fare una settimana fa.

Giungo al rifugio Gianetti, c’è un bivacco nel retro, entro per curiosare. Quando esco c’è un bel sole che mi scalda, ma tra poco dovrò fare il passo Camerozzo che è in ombra perciò mi metto una maglietta a maniche lunghe. Mangio altri due biscotti prima di partire. La confezione che di solito divoro la mattina ne ha ancora più di metà. Mi sorprende una nuvola che copre il sole e fa sparire quella gradevole sensazione di calore. Cammino più o meno in quota, mi capita di attraversare dei corsi d’acqua dove le rocce hanno in velo di ghiaccio sulla superficie e devo prestare attenzione a come mi muovo per non cadere rovinosamente a terra. Ai piedi del passo mi trovo in una zona in ombra e comincio a trovare neve, abbastanza consolidata ma non è sufficiente a permettermi di camminarci sopra senza sprofondare. Un ricordo di quello che ho lasciato qualche giorno fa per scendere a valle, ma continuando a salite aumenta lo spessore e così riesco a camminare in una superficie abbastanza uniforme. La sorpresa verso i 2600m, semi sepolta dalla neve c’è una catena. Capisco che diventerà più impegnativo da qui in poi, e procederò molto più piano, mi copro con pantaloni impermeabili, felpa è guanti.

Scuotendo e tirando la catena riesco a liberarla dalla neve, ma per alcuno tratti devo liberarla scavando con le mani. Ci sono degli appoggi artificiali ma molto sono coperti dalla neve e devo liberare dalla neve la via per capire dove poter appoggiarmi. Sto proseguendo molto lentamente, ma dall’altra parte dovrebbe essere pulito perché più esposto al sole. 

Mi tengo saldamente alle catene e proseguo seguendo questa linea artificiale. Si tratta di un tratto meno impegnativo di quello che ho incontrato al passo del Barbacan. 

Quando sono arrivato al passo vedo subito delle catene dall’altra parte. Guardo giù, 200 m più in basso c’è molta meno neve, ma qui dove mi trovo le catene continuano ad essere coperte, spero siano tutte visibili per individiarle subito e procedere in sicurezza.

Da questa parte la neve è addirittura in condizioni peggiori, è ghiacciata ed è più difficile liberare le catene. Potrei proseguire senza tenermi, ma la neve si è consolidata in pendenza e le scarpe non mi permettono sufficiente aderenza. Vedere il precipizio che sta al mio fianco non mi rassicura perciò continuo cercando di liberare questo tratto di catena intrappolato gran parte nel ghiaccio. Ci vuole troppo tempo, e la catena è intrappolata troppo a fondo. Ingenuamente ho lasciato i ramponi nel furgone; mi avrebbero aiutato molto in questo tratto come la piccozza. 

Decido di proseguire lasciando le corde. Con i piedi lavoro la neve in modo da formare degli alloggiamenti dove poggierò. Con i bastoncini scavo delle sedi in verticale per una mano nel caso i punti di appoggio dei piedi cedessero. 

Purtroppo non c’è sufficiente neve per consentimi di proseguire senxa preoccupazione, questa potrebbe cedere in qualsiasi momento ed essendo ghiacciata farei molta fatica ad aggrapparmi prima di cadere nel vuoto. 

Le catene continuano per un lungo tratto ed alterno questo modo di proseguire a quello tenendomi alle catene in base alle difficoltà. Ho già deciso, più avanti rischio che si accumuli neve e mi copra eventuali tratti attrezzati, e se come qui fossro tratti in ombra potrebbe anche sciogliersi solo a primavera o addirittura in estate.

Man mano che scendo c’è sempre meno neve ma l’ultimo tratto è più ripido, alla mia destra ho dei ghiaccioli che scendono dalla parete ed alla mia sinistra non lo sò perché le nuvole coprono il paesaggio. La barba è ghiacciata, il fiato si congela appena esce dalla bocca e si deposita sulla barba Sceso dalla parete ritorno su sassaia, di certo non troppo agevole, ma sicuramente un sollievo per me. La mappa mi indica che presto troverò un bivacco è da lì un sentiero che scende a valle dove mi aspettano. Sento la stanchezza ed un leggero mal di testa, con molta probabilità è causato dal fatto che ho mangiato e bevuto poco. Seguo i segnavia, ma mi portano fuori rotta, il bivacco è più basso. Esco dal sentiero che sto seguendo e vado in direzione del bivacco, poco dopo trovo un sentierino che mi porta al bivacco. Entro, mi fermo per mangiare. Sta cadendo roba ghiacciata, un misto tra neve e grandine. Sono palline che somigliano a polistirolo.

La discesa a valle non è tra le più chiare perdo e ritrovo il sentiero più volte. A 2000m incontro un gregge di capre, e quando mi vedono si avvicinano, forse sperano sia il padrone che le porterà a valle? Non mi seguono verso valle. Entro nel bosco ed i colori dell’autunno stanno cominciando a ravvivare il paesaggio. Incontro due escursionisti, ed uno conosce il Sentiero Italia, ma chiacchierando mi dice che pure negli altri passi avrei trovato catene, e dopo aver sentito questo il dispiacere di aver mollato di nuovo, si dissolve quando capisco che avrei rischiato di non riuscire a raggiungere il furgone se avessi continuato. Ora i muscoli sono stanchi, il fermo di una settimana mi ha debilitato. A breve ritornerò nel furgone, mi siederò al caldo, mi metterò dentro il sacco a pelo per favorire il recupero dei muscoli.

Incontro una strada di ciottoli ma ancora non è finita, la seguo poi trovo un sentiero per il paese. Al paese, in centro, chiamo per avvisare che sono arrivato. Scendo verso valle sull’unica strada che scende così da permettere di trovarmi subito. Mi fermo un un parcheggio completamente vuoto così da poter sostare mentre mi sistemo.

Monto in furgone, il sacco a pelo mi copre fino a mezzo busto e cominciamo la strada verso casa.

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