Piemonte 2017

Giorno 68

Mi trovo a Sella della Valletta. C’è una forte nebbia, sono le 16.30 circa ed ho appena terminato la Liguria e così sto cominciando a muovere i primi passi in Piemonte. L’AV mi accompagna ancora per qualche chilometro poi scende verso Ventimiglia, io invece prendo per Upega.

Cerco il percorso più breve visto che nelle mappe non è indicato quale percorso seguire. Scelgo la strada che scende e la mantengo sperando di trovare qualche taglio su sentiero tra i tornanti, una volta iniziati i tornanti mi accorgo che i sentieri si sono chiusi nella vegetazione perciò seguo il normale corso della strada. La pancia brontola, un leggero fastidio e devo scaricare. Forse ho preso freddo, ma non mi pare, forse ho bevuto acqua non idonea al 100%.

Il cielo sembra liberarsi, ma quando comincio un lungo tratto in quota che mi riporta nel bosco, mi ritrovo tra larici molto vecchi, felici, rododendri in fiore e nebbia. Continuo fino ad una curva a gomito dove c’è un segnale di una gara in MTB che indica una discesa piuttosto ripida che termina ad Upega. È il sentiero più rapido e corto. Devo stare attento a non perdere aderenza perché la pendenza è considerevole ed è tutto umido. Mi piace questo sentiero. Piccoli tornanti abbozzati per permettere una discesa fluida, ma il bello è proprio il paesaggio. Si tratta di bosco, non ci sono grandi panorami anche perché la nebbia continua e mi da un senso di pace. Scendo veloce fino ad una strada più in basso e seguo di nuovo le indicazioni per la gara.

Questo secondo tratto è meno pulito, rami e piante ostacolano un po’ il passaggio, ma resta comunque fluido. Verso il paese mi accorgo che molte zone a fianco al fiume dove sto passando hanno ceduto, probabilmente a causa di forti piogge. Ad Upega arrivo dall’unico campeggio che c’è, e noto una ragazza, probabilmente la proprietaria che sta sistemando i bagni per la stagione. Sembra molto carina e sono tentato di fermarmi con la scusa di conoscerla. In fondo sono ormai le 19.30, un normale escursionista si sarebbe fermato già da ore. Quando mi vede la saluto, come faccio con le persone che incontro, e lei ricambia e ritorna ai suoi lavori.

Io, io che faccio?

Io continuo a camminare perché ho ancora luce a disposizione e voglio arrivare a Viozene dove devo trovare un posto per la notte.

Upega sembra un bel paese e ben tenuto, mi dispiace non visitarlo.

Non ci sono sentieri fino a Viozene, solo 7km di asfalto. Non sono stanco, solamente un po’ stufo ed i chilometri sembrano non finire mai. Lungo la strada vedo altre frane e sembra che sia tutta la zona soggetta a questo fenomeno.Così dopo aver sopportato l’asfalto, poco prima del paese trovo una tettoia abbastanza grande che anche in caso di pioggia di traverso mi offrirà protezione. Finito di mangiare mi stendo e la pancia brontola, non fa male, ma decisamente borbotta.

Giorno 69

La sveglia delle 4 mi sembra precoce e posticipo di un’ora. E poi di altri 10 minuti. Esco dal sacco ed una nuvola copre il paesaggio, non un inizio promettente. La nuvola è solo di passaggio e presto rivedo le cime. Preparo lo zaino mentre faccio colazione, ma la pancia ancora non sta bene. Le scarpe sono ancora bagnate, e quando riprendo un’insegna luminosa indica 12°C, non male.

A Viozene trovo il primo cartello GTA (Grande Traversata Alpina). Seguirò questi segnavia per i prossimi 900km fino a Cannobio. Il Piemonte è la regione più lunga, ma forse anche la più bella ed entusiasmante. Comincio con qualche difficoltà, probabilmente l’andare di corpo non mi fa assimilare i cibi e quindi non ho molte energie a disposizione. Ho lavato la borraccia e cambiato acqua, spero di migliorare. La salita per un po’ termina dopo il Rifugio Mongioie, così posso far capire al fisico che è ora di svegliarsi. La salita che poi mi porterà fino al punto più alto, il Passo delle Saline 2174m,  comincia a 100m circa.

Mi impegna da subito e grazie all’aria fresca non sudo molto. La differenza tra le salite è notevole, negli Appennini ho trovato 3 forse 4 salite più lunghe e continue rispetto a questa. Dal passo scendo e purtroppo ci sono più zone con detriti, ma me la cavo bene passando a fianco al sentiero. Vedo da lontano la prima neve in Piemonte, un piccolo imbuto sulle cime alla mia destra. I rododendri sono in fiore e colorano di rosa questi prati verdi. Scendo fino al Rifugio Marguareis dove mi fermo per prendere acqua e da qui si ritorna in salita per arrivare oltre i 2200m. Comincio ad avere fame, ma sono solo le 10. Le gambe naturalmente non possono andare veloci come in piano, ma mantengono un ritmo costante. Mi accorgo di respirare a ritmo con il passo, un passo espiro, l’altra gamba inspiro, passo espiro e così via. E una cosa buffa perché siamo tra i pochissimi animali che possono respirare indipendentemente dal passo quando “corrono” ed io non sto usando questa capacità. Se prendiamo come esempio un cane, quando la falcata si allunga possono allargare la cassa toracica ed inspirare, ma quando la falcata su chiude, devono per forza espirare perché la cassa toracica si chiude.

Arrivo a vista di un altopiano dove tante mucche fanno un gran baccano con le loro campane. Un piccolo casale sta nella piana e vedo due uomini lavorare ed anche loro fare del rumore con delle lamiere. Sembra stiano facendo un tetto per una struttura vicino al casale. Salgo fino alla Porta Sestrera ed intanto comincio a gustarmi le pareti del Marguareis. Pareti verticali molto aguzze come piace a me! Scendo al Rifugio Garelli, sto cercando segnale telefonico (che l’anno scorso avevo trovato) perché ho cancellato parte delle mappe che mi servono in questi giorni. Al Rifugio non prende bene perciò continuo fino ad avere una migliore apertura verso valle. Intanto il sole scalda bene anche se l’aria è fresca. Finalmente posso fare delle salite nel pieno delle forze. Passo il laghetto Marguareis con acque limpidissime e continuo in leggera discesa tra salti rocciosi e ciottoli. Scendo fino a quando il telefono prende decentemente, e visto che mi sto tenendo la fame da un po’, mentre scarico le mappe, mangio pure. Una decina di farfalle mi girano attorno ed alcune si posano per leccare il sale che ho addosso. Mi arrivano 2 gocce di pioggia. Alzo gli occhi ma non ci sono nuvole. Altre due e guardo dietro di me, aldilà delle cime ci sono nuvole grigie. Non le bado perché di fronte a me non ci sono quelle nuvole. Mi muovo, sto salendo al Passo del Duca. Dopo 300m percorsi il primo tuono, poco dopo il secondo e comincia una leggera pioggia. Guardo ancora le nuvole, da sud stanno arrivando delle nuvole grigie anche dove sto andando io. Metto la felpa, la giacca ed i pantaloni impermeabili. Faccio molto bene a mettere la felpa perché nonostante la salita, non mi scaldo molto. Comincia anche a grandinare, non molto ma quando mi colpisce il colpo lo sento. I fulmini continuano ed uno mi colpisce particolarmente perché è vicino ed alla mia quota.

Arrivato al Passo del Duca la pioggia diminuisce e verso Limonetto vedo che è nuvoloso, ma non minaccioso, mi fermo per mettere i guanti impermeabili perché con le mani bagnate ed il vento comincio ad avere freddo. La pioggia va a momenti e resta soltanto lei. I piedi sono zuppi da un pezzo ormai, ma io continuo visto che sembra il cielo si stia schiarendo. A breve dovrei incontrare un alpeggio, che qui chiamano “Gias”, questo in particolare è il Gias dell’Ortica. L’anno scorso ci avevo visto una donna con la mandria di mucche. Se c’è anche quest’anno potrei pensare di chiedere ospitalità fino alla fine del temporale. Scendo fino a quando c’è l’ho a vista e c’è la finestra aperta, significa c’è qualcuno dentro, ma non vedo pascoli. Seguo il sentiero e sto pensando di continuare perché sembra essere migliorato. Nel dubbio mango un messaggio ad Erik, colui che mi sta portando i bastoncini nuovi a Limonetto, che se non mi sente è perché mi sono trovato un riparo. Quando mi trovo in prossimità, sento un altro tuono. Guardo il telefono è mancano 18km a Limonetto. “Dai Lorenzo, non fare lo stupido e chiedi ospitalità!”. Quando sono nel punto più vicino al Gias scendo per chiedere di poter entrare. Dalla finestra saluto, ma nessuno risponde. Provo all’altra finestra sempre aperta, e nessuna risposta anche qui. Potrei entrare dalla finestra, ma è molto alta e scomoda. Provo a tirare la porta e con mio stupore è aperta. Non c’è nessuno dentro. È buio e ci vedo subito due letti ed altri oggetti poco definiti. È molto spartano, ma è comunque un lusso per me. C’è legna e subito dopo vedo pure la stufa. Dal tetto in lamiera il rumore della pioggia aumenta di molto. Sta grandinando ora. Potrei approfittare per dormire intanto, così mi tolgo le scarpe ed i vestiti e mi sistemo nel letto. Entro nel sacco a pelo e comincio a scaldarmi. Purtroppo non ho molto cibo con me perché contavo di arrivare a Limonetto. Ieri non sono riuscito a controllare il meteo e così mi trovo ora in questa situazione. Fuori continua a piovere ed a tuonare. Pensare che volevo andare avanti. Il tratto successivo non permette ripari, si sviluppa su cresta ed altipiani e non c’è nemmeno molta vegetazione. Ho fatto bene.

Un ora dopo mi sveglio e sembra tutto passato. Solo il vento resta fuori. Mi cullo ancora nel sacco a pelo per un po. Poi guardo fuori e vedo un po’ di cielo blu. Mi comincio a muovere. Alle 16 sono di nuovo fuori. Comincio a risalire e sto pregando di avere un po’ di segnale per avvisare Erik della mia partenza. Riesco a vedere la valle, ma il telefono non prende. Salgo ancora e nulla. Ci rinuncio. Poi però si apre molto di più e riesco a mandare il messaggio. Erik è già arrivato, ma prima delle 20 io non sarò a Limonetto. Sembra una giornata completamente diversa, per terra è umido, ma non come me lo aspettavo, il cielo è azzurro. Se non fosse per qualche zona in cui la grandine ancora resiste e per il forte vento contrario potrei pensare che non ci fosse stato nessun temporale. Raggiungo la Capanna Morgantini, un bivacco tenuto dagli speleologi. Questa è una zona fortemente carsica e loro ci vanno a nozze. Prendo acqua alla fontana anche se c’è scritto non potabile e poi poco più in là entro in Francia. Si perché il sentiero Italia non si percorre interamente nel territorio. Il sentiero in Francia è tenuto bene e posso proseguire in fretta, da qui al Colle di Tenda non ci sono grandi dislivelli. Esce il sole e sono tentato di mettere il pannellino sullo zaino. Stavo cantando vittoria troppo presto perché proprio dal Col di Tenda sta arrivando un altro temporale. Questa volta meno forte. Piove e non vedo molto del paesaggio, ma non mi rallenta. Mancano però le indicazioni per la GTA, seguendo il percorso dell’anno scorso però le incontro più avanti lontane dal bivio. In questa cresta che sto percorrendo ci sono diversi ceppi messi ad indicare il confine tra Italia e Francia e riportano la data 1947; ovvero quando è stato deciso.

Infatti sto percorrendo sentieri e strade militari usate dal fronte in tempo di guerra. Quando sono a 3km dal Col di Tenda sento di nuovo Erik che mi è venuto incontro e così facendo ha rischiato di beccarsi il temporale, ma si è riparato al forte che sta proprio al Colle. Ci incontriamo a metà strada perché il temporale è finito. Comincio a raccontare la giornata e del viaggio in generale. E tra una chiacchera e l’altra arriviamo a Limonetto, non senza difficoltà per la mancanza di segnavia precisi. Mi consegna i bastoncini ed il cibo. Li aveva portati fino su nel caso avessi voluto fermarmi al forte per il temporale. Tutto quel peso…cibo per tre giorni. Ci sediamo in una piazzetta a mangiare dopo che io ho trovato il posto dove passare la notte. Un bagno pubblico. Purtroppo non c’è la spina per ricaricare le batterie. Il termometro della piazza dice che sono le 20, e segna 15 gradi. Mentre pranziamo assieme qualche goccia ci bagna. Continuiamo a parlare ed il tempo passa ed io non me ne accorgo, lui deve tornare a casa e fare ben 2 ore di strada. Ci salutiamo e io mi vado a sistemare nel bagno.

Giorno 70

La notte non so per quale motivo ogni tanto lo sciacquone parte facendo un sacco di rumore in questo luogo chiuso e mi sveglia. Non passo una delle migliori notti. Alle 4 la sveglia suona, ma non mi va di alzarmi. Alle 5.15 apro gli occhi di nuovo e comincio la giornata. Ho la sensazione che faccia freddo fuori e preparo felpa e pantaloni.

15 gradi segnati dal termometro, per me sono troppi, comincio la salita verso il Passo di Ciotto Mieu. Lo zaino è pesante, ma non mi pare mi rallenti troppo. In più ora posso ritornare ad usare due bastoncini invece di uno solo. Mentre salgo il sole illumina le cime di un lieve arancio. Sembra essere una giornata limpida.

Salendo noto un capriolo vicino alla strada, lui non mi ha ancora visto. Riesco a fargli un video ed arrivargli molto vicino prima che scappi. Poi vedo delle marmotte, anche loro scappano. I piedi mentre salgo restano freddi perché continuano a bagnarsi, ma il resto del corpo è caldo e la testa suda molto. La salita richiede impegno e lo zaino non sembra più molto leggero. Una volta al Passo vedo che nella mia zona non ci sono nuvole, verso il Monviso è coperto e non riesco ad identificarne bene la posizione. La discesa è molto tecnica, ci sono pure dei cavi di acciaio per sicurezza. Il terreno è sdrucciolevole e in forte pendenza. Passati i primi 30 metri migliora ed arrivo al Lago degli Alberghi. I rododendri sono in piena Fioritura e ci sono anche alcune orchidee. La temperatura in questa valle è più bassa perché ancora in ombra.

Scendendo il panorama si apre proprio in direzione del Cervino e del Monte Rosa. In linea d’aria sono circa 200km, ma per raggiungere quelle zone lungo il sentiero mi ci vorranno due settimane. Continuo a scendere, ma il sentiero tende a chiudersi tra le piante. Non arrivo a Pialpetta perché il sentiero riparte prima e comincio a risalire. Non sono nemmeno le 10 ed ho già appetito. Ora le gambe cominciano ad andare meglio, le sento più dinamiche. I bastoncini nuovi però sono più pesanti di quelli vecchi ed è mi da una sensazione strana questo leggero cambiamento. Alle 10 il sole è bello splendente e mi fermo per mettere il pannello, intanto approfitto per mangiare un po’ di cioccolato. Quando raggiungo la cresta cerco connessione per trovare il numero di un rifugio e capire se è aperto o meno, e se non lo fosse, se ha un bivacco dove potrei passare la notte. Chiamo, ma nemmeno suona. Il vento è fresco ed io sono sudato perciò mi muovo per riscaldarmi. Scendo verso Trinità Entraque, un sentiero lungo. Per il primo tratto l’erba copre un po’ il sentiero e sto molto attento a dove metto i piedi per non prendere botte. Poi posso proseguire più veloce. È una delle tante discese lunghe che incontrerò lungo il resto del sentiero.

Arrivo al paese poco prima di mezzogiorno, mi fermo al posto tappa per chiedere se hanno info riguardo il rifugio, provano a chiamare e nemmeno a loro suona. Riprovano e rispondono, ma deve esserci qualche problema con il radio telefono del Rifugio. Comunque a me è sufficiente sapere che non potrò disporre del bivacco visto che è gestito. Mi fermo poco dopo al sole per il pranzo. Cerco di fare in fretta così da riprendere subito ed avere del tempo per decidere se comunque tentare la salita al Rifugio o fermarmi e riposare. Seguo una strada forestale e presto mi butta nel bosco un un sentiero abbastanza ripido. Sono all’ombra degli alberi e ne sono contento perché ho finito l’acqua. Salgo fino a 1250 e poi proseguo per un altra forestale in discesa, si incrocia con un sentiero di collegamento che porta ad un borgo dove c’è qualche segno di vita. Una finestra aperta, i segni di passaggio sul prato e cose così.

Dopo un altro tratto di bosco ricomincio a salire fino al quota 1600m circa per poi scendere verso il Rifugio Soria Ellena. Quando sono nel punto più alto, noto delle nuvole grigie verso l’Argentera, sta piovendo la. E poco dopo arrivano le gocce anche dove mi trovo io. Continuo a scendere senza coprirmi perché non sono molte, ma le nuvole si spostano e cominciano a dare fastidio. La maggior parte del sentiero è nel bosco così non mi bagno, ma quando esco le gocce fredde mi colpiscono con una sensazione poco piacevole. La temperatura si è abbassata ed il vento alzato. Non sento tuoni anche se non sembra smettere. Arrivo a valle, proprio a ridosso del Torrente Gesso della Barra. Il sentiero ci corre a fianco dalla parte opposta alla strada. Il sentiero è veloce, ma mi scoccia questa pioggia, così quando arrivo nei pressi di un campeggio mi fermo per evitare di beccarmi uno scroscione come ieri. Faccio amicizia con due olandesi che da domani vogliono cominciare la GTA per arrivare fino al Monte Bianco. Hanno tutte le cartine ed io mentre mi mostra i percorsi cerco avido segnavia del sentiero Italia che non ci sono in nessuna mappa. Lui ha già sentito parlare del Sentiero Italia. È assurdo che degli stranieri lo conoscano ed in Italia nessuno sappia cosa sia. Ci prendiamo una birra mentre continuiamo a parlare.

Intanto io comincio ad avere freddo e mi vesto con tutto quello che ho. Vorrei tanto andare nel sacco a pelo. Per cena mi prendo una polenta e delle verdure. È bello mangiare qualcosa di caldo. Poco dopo cena i figli dei proprietari, due bambini molto vispi con le guance bruciate dal sole, mi intrattengono facendomi vedere sei libri e raccontandomi alcune storie. Io però vorrei andare a dormire perché sono stanco ed in più spero di partire presto visto che oggi ho camminato poco. Così in un momento di pausa mi vado a mettere nella tenda che mi hanno assegnato. Il fragore del torrente mi culla e prendo sonno subito.

Giorno 71

Sono le 4.10, ma sto così bene nel sacco a pelo che mi giro ancora una volta. Mi sveglio 20 minuti più tardi. Sono combattuto se cominciare presto o restare ancora qui perché ci sto davvero bene. Fuori dal sacco a pelo è fresco, ma qui dentro.. Mmm. Che bene che si sta! Trovo finalmente il coraggio di cominciare a prepararmi e per le 5 sono in marcia. Ci sono ancora alcune stelle visibili, o più probabilmente i pianeti.

La strada verso il Rifugio Soria Ellena è comoda e non presenta forti pendenze.

Ho gli occhi gonfi di sonno, sto già pensando al posto in cui passerò la notte.

Ieri sera avevo un forte prurito alla caviglia sinistra ed ho cominciato a grattarmi, ma ho grattato tanto che un pezzo è a carne viva. Per tutta la notte non è guarito o almeno non si è asciugata la ferita, spero lo faccia presto. Intanto mi accorgo di avere i piedi asciutti nonostante ieri abbia inzuppato per bene le scarpe. Anche oggi nessuna nuvola in cielo.

Guardo le cime illuminate dai primi raggi di sole, in più mi concedo una lavata di denti usando l’acqua fresca del torrente. Vicino il rifugio comincia il sentiero, mi pare di salire con un buon ritmo.

Due pernici volano via al mio passaggio, poi anche un camoscio si allontana. Continuando a salire incontro anche due belli esemplari di stambecco. Stanno cambiando il pelo. Si lasciano avvicinare, ma non troppo e riesco a documentare molto bene l’incontro. Appena prima del colle delle Fenestrelle incontro la prima neve sul percorso, è molto dura, e più in là un laghetto di disgelo mi fa capire che la temperatura durante la notte è scesa sotto lo zero perché la superficie è ghiacciata. Sul Colle, sono sul punto più alto di tutto il sentiero percorso fino ad ora a 2463m. La discesa è molto tecnica per i massi e le rocce su cui si sonda. Passata la diga artificiale del Chiotas riprendo a salire e ci trovo tre addetti intenti a sistemare il sentiero.

Stanno facendo bene perché un sacco di rocce e massi impedivano il fluire tranquillo degli escursionisti. Nonostante più su non abbino ancora sistemato salgo agevolmente. Mi concedo un pezzo di cioccolato e del pane prima di scendere. Mi fermo al Rifugio Buzzi Morelli ed il gestore mi riconosce. Facciamo due chiacchiere mentre bevo un caffè. Riprendo quasi subito anche se mi fermerei volentieri. Il sentiero per il primo tratto nonostante i massi lo percorro veloce, poi sono costretto a rallentare. E verso valle il sentiero sembra davvero non scendere di quota facendo un sacco di zigzag finendo per spostarmi da una parte all’altra della montagna senza avvicinarmi a valle.

 

(Giornata troppo impegnativa per continuare a scrivere)

 

Giorno 72

Dopo i controlli di ieri sera riguardo il sentiero, anche oggi parto presto, alle 5.10 sono in marcia, fa piuttosto freddo, ma mi sento riposato. Sono contento di aver trovato il riparto, forse mi ha aiutato a recuperare meglio le forze. Il fumo esce dalla bocca. Vedo un impronta molto nitida su di un sasso appena dopo un ruscello. Qualche altro matto? È nella mia direzione, probabilmente lo incontrerò. Le stelle stanno svanendo a favore della luce. Il sentiero è veloce ed io ne approfitto. Ricordo una lunga discesa verso Bagni di Vinadio, chissà se anche quest’anno sarà così. Un piccolo strappo in salita che mi mette in difficoltà. La mattina è spesso così, però dopo un po’mi scaldo. Appena si “spiana” distendo le gambe sempre in movimento per recuperare. A 2100m trovo dell’erba ghiacciata. Mi pareva facesse poco caldo! La discesa comincia tranquilla, poi sempre più intensa e quando incontro una strada bianca lo è ancora di più. A fianco a me il torrente, il frastuono copre quasi il rumore degli uccelli.

Arrivo al paese poco dopo le 7 e l’alimentari apre solo 8, perciò continuo, tanto a Sambuco ne trovo un altro. Resto in canotta e pantaloncini, ma appena lascio il paese la temperatura scende notevolmente, perciò mi spiccio per scaldarmi. Lasciato il borgo di Basmorello il sentiero comincia ripido. Sicuramente uno dei sentieri più ripidi di tutto il Sentiero Italia. Al valico segue un tratto facile per 300m e poi comincia una ripida discesa che sfrutto, inoltre non c’è più la massiccia presenza di rocce come nei sentieri di ieri. Scendendo mi viene da pensare che forse è addirittura più ripido da questa parte. Quando entro nel bosco ritorna più pianeggiante, e poi di colpo di nuovo bello veloce. Ad un certo punto perdo l’equilibrio e cado. Sto uscendo dal sentiero e ci sono degli alberi. Per fortuna a terra ci sono delle rocce e con i piedi riesco a frenare facendo franare alcune rocce. Nessun danno. Riprendo verso Sambuco.

Le montagne ora sono calcaree e sono caratterizzate da grandi strapiombi. Faccio la spesa e mangio subito un po’ di pesche secche e del cioccolato con del pane. Riprendo con più calma, ma devo stare attento, perché fino a Celle di Macra devo percorrere altri 30km e devo arrivarci prima delle 19. L’anno scorso ci ho messo tutto il giorno, spero di fare abbastanza in fretta. Nemmeno qui il sentiero lascia spazio per rilassarsi, si alternano buone salite a piccoli tratti in piano. Si segue la stretta gola e poi si continua su prati che si allargano a fianco del torrente. Incontro due escursionisti italiani, un’uscita fuori porta di 3 giorni, Lui fa scialpinismo e mi accompagna per un pezzo al mio ritmo così posso raccontare di più sul mio viaggio. Poi ad un bivio ci salutiamo.  Fino a 2000m non c’è molto respiro, poi si procede più tranquilli. Salgo fino al Colle di Valcavera dove comincio a trovare un po’ di vento fresco e continuando, essendo in discesa, comincio ad avere freddo. Proseguo fino ad una tettoia dove mi riparo per mangiare. Intanto mi metto felpa, pantaloni e giacca.

Riparto e man mano che scendo mi scaldo. Il sentiero è tenuto molto male e non si capisce bene dove proseguire. Inoltre la segnaletica rispetto le mappe è diversa, ma quando riprendo l’asfalto è tutto più semplice.  Le cime sono coperte da nuvole che potrebbero anche fare qualche goccia di pioggia. Intanto arrivo al Santuario di San Magno e ricomincio a salire. Sento di andare a rallentatore.

Probabilmente ho speso molto per arrivare fino a Sambuco ed ora sto pagando le conseguenze. In cima infilo pantaloni e felpa perché c’è un po’ di arietta e mi aspetta un lungo tratto facile perciò mi raffredderò. Comincia pure a piovigginare, metto anche giacca e giubbotto. Una piccola salita mi affanna da subito, ma so che poi devo percorrere un lungo tratto in falso piano perciò non mi preoccupo. La pioggia continua fina fina. Prima di cominciare la discesa vera e propria a Celle di Mara ci sono due salite di 20-30m nelle quali proseguo senza la minima grinta. In discesa vado meglio perché sfrutto la gravità. Il primo tratto non è bello, il sentiero è tutto rotto, ci sono ciottoli ed è difficile trovare il posto giusto dove mettere i piedi. Incontrata una strada forestale i problemi svaniscono, e poco sopra il paese si riprende un sentiero nel bosco.

Ci sono della rosaspina e dei rovi e devo stare attento perché potrei rovinare la giacca e il copri-zaino. Al paese levo giacca e pantaloni perché ora fa caldo, ma le nuvole restano abbastanza grigie… promettono ancora pioggia. Faccio la spesa e riprendo. Da qui seguo vecchi sentieri di collegamento tra le borgate, indicati come P.O., percorsi occitani. Facendo i conti con i chilometri dovrei riuscire ad arrivare a San Martino Inferiore. Il borgo che forse mi è piaciuto dì  più durante il viaggio dell’anno scorso. Tuttavia in questo tratto, la segnaletica GTA è scadente o mancante ed ho qualche difficoltà, mi devo affidare alla traccia dell’anno scorso.

Sento un tuono. Mi preparo perché presto arriverà il secondo e con lui la pioggia. Io continuo a camminare, ma non lo sento. Ormai sono arrivato a Combe ed ora ricomincio a salire fino a Colletto. Un ripido e tortuoso sentiero mi avvicina al paese e quando, sebbene per poco, esco dal bosco, vedo che ad un chilometro da me sta piovendo sia verso ovest che ad est. Comincia a piovere piano e poi man mano più forte, io intanto sono arrivato alla borgata di Serremorello ed ho anche individuato un buon riparo. Decido di fermarmi nonostante mi semplificherebbe la giornata di domani proseguire. Vado alla fontana per prendere acqua ed un tizio esce dalla porta della sua casa che sta proprio di fronte alla fontana. Comincia a riempirmi di domande ed a parlare del “tempo”. Io sono in canotta, mi sto bagnando e comincio a raffreddarmi. Dopo un po’ capisce e mi lascia andare. Preparo il campo e mangio. Quando ho finito, smette anche la pioggia. Addirittura si mette a rischiarare. Valuto la possibilità di riprendere, ma la scarto subito. Alle 20 sono già pronto per andare a dormire. Controllo le mappe e faccio dei piani su come fare i prossimi giorni e poi mi lascio andare al sonno.

Giorno 73

Oggi dopo molto ho dormito circa otto ore, infatti al suono della sveglia sono scattante. Alle 5 sono in marcia, è fresco e presto mi scaldo. Continuo a seguire i sentieri P.O. perché di indicazioni GTA ce ne sono poche ed insufficienti. In alcuni punti la pioggia si è asciugata, ma dove c’è l’erba più alta no. Passo diversi borghi semi abbandonati. La maggior parte delle case è in vendita o non sono abitabili. Scendo sotto i 1000m dopo un po’ di  chilometri ed arrivo a Stoppo, non c’è anima viva in paese. La temperatura è ancora più bassa qui, perché sto camminando lungo un torrente. I piedi sono completamente a mollo per l’umidità accumulata dalle piante. Appena mi sposto dal torrente la temperatura sale. Oggi non c’è proprio grinta. Anzi, vorrei fermarmi a dormire. Ma oggi probabilmente farò una tappa un po’ più corta. Mi fermerò in un bivacco nei pressi del Monviso. Arrivo a San Martino Inferiore, e come mi aspettavo, è proprio un bel borgo e tenuto anche molto bene. Ci tornerei molto volentieri. La presenza di auto tedesche mi fa pensare che i residenti non siano italiani ed è per questo che il borgo è così ben tenuto. Salgo e vado incontro a San Martino Superiore. Non è tenuto male, assolutamente, ma c’è una netta differenza nella cura dei particolari.

Sono le 8 ed il sole non è ancora riuscito ad asciugare la pioggia di ieri. Dalle scarpe mi raggiunge l’odore non molto gradevole di umido. Le scarpe non sono mai riuscito ad asciugarle, e per questo ora puzzano. È già da molti giorni che non hanno un buon odore, ma oggi forse è più intenso. Salgo ancora, fino a raggiungere i 1831m del Colle Bettone. Prima di arrivare ad Elva chiamo l’alimentari di Pontechinale per sapere se è aperto oggi. È domenica e di solito è chiuso, ma è anche Luglio e di solito cominciano le aperture domenicali fino a fine agosto. Dall’altra parte mi rispondono con due parole che messe assieme suonano come magiche. “Orario continuato”. Così ora faccio la spesa solo per il pranzo e per la cena la farò a Pontechinale. Prendo il cibo per mezzogiorno e facendo due chiacchiere con il ragazzo dietro il bancone scopro che Elva era molto famosa fino ai primi del ‘900 per la compravendita di parrucche. I paesani giravano l’Italia ed a volte anche all’estero per tagliare i capelli alle donne. Che poi conciati e curati rivendevano sottoforma di parrucche.

Dopo questa piccola parentesi storico culturale ritorno al sentiero e, mi mette subito in difficoltà. Oggi le gambe non vogliono andare. Nonostante tutto le temperature sono ancora basse e gradevoli ma le piante ancora bagnate. Sono ripresi i segnavia GTA.

(Giornata troppo impegnativa per continuare a scrivere)

 

Giorno 74

La sveglia delle 4.30 viene posticipata e fino alle 5 non mi alzo. Poi con un grande sforzo decido di cominciare la giornata. Vorrei dormire. Esco dal riparo ed è fresco fuori, ma non tanto quanto mi aspettavo. Il Monviso è a tratti visibile.

La salita fino al Colle della Gianna mi scalda da subito, e il vento mi rinfresca. Nonostante tutto le gambe oggi sembrano andare bene. Al Colle della Gianna il Monviso è ben visibile, le nuvole si sono spostate dalla cima. Un bellissimo panorama! La discesa presenta qualche detrito, poi ad un bivio prendo la direzione diversa dell’anno scorso. La segnaletica mi ha portato a percorrere un sentiero diverso. Così quest’anno scendo all’Alpe della Gianna. Il sentiero non si presenta per niente bene. È difficile da individuare e dove è ben definito ci sono un sacco di sassi. All’Alpe mi fermo per un po’ d’acqua. Acqua si torrente, molto fresca. Poi riprendo con una salita verso il Rifugio Barbara. La salita è durissima, è moto ripida, nemmeno a metà devo togliere la giacca. Mi chiedo come mai la abbiano fatta così impegnativa quando potevano agevolmente aggirare la montagna restando più o meno in quota. Mi aspettavo una discesa altrettanto ripida, invece ci sono lunghi tratti in piano. Un ramo caduto a terra si incastra tra i pantaloni e non faccio in tempo a fermarmi. Ora ho un apertura nei pantaloni nella zona della caviglia. Mi è andata bene perché avrei potuto farmi molto male se avesse colpito il polpaccio. Al Rifugio altra acqua e più ancora in salita. In tre ore ho già fatto 1200m in salita ed altrettanto in discesa. Niente male. Salgo su una strada forestale e riesco ad andare avanti con un buon ritmo, al valico c’è un rifugio privato e poco dopo un orto botanico.

Comincia a venirmi in mente questo tratto e ricordo una discesa piuttosto impegnativa. Infatti poco dopo comincio a scendere veloce, ma il sentiero richiede attenzione e così presto mi trovo ad usare molto i bastoncini per frenare la discesa. Continuo a scendere tagliando la strada. Presto sono a valle abbastanza stanco. Raggiungo il rifugio Jervis e continuo verso Villanova. Lungo la strada incontro Davide come da programma. Mi aveva dato una mano l’anno scorso per cambiare le scarpe. Quest’anno niente scarpe nuove, ha portato un amica, XXX.  Sono le 11 e mentre siamo fermi a fare due chiacchiere io mangio il pranzo. Me la prendo più comoda del solito. Verso mezzogiorno meno un quarto ci salutiamo ed io continuo verso Villanova. Non è un bel sentiero: è molto praticato, ma ci sono molti sassi e pietre a disturbare la passeggiata. Intanto sento che il sole è molto caldo oggi, l’anno scorso mi accompagnava tutt’altro meteo in questo tragitto. Dal borgo, che si trova a 1200m devo salire fino a 2500m per valicare e scendere verso Ghigo Prali. Solo al pensiero mi vien caldo.

Comincio sotto il sole, ma senza forti pendenze. Ad un tornante si lascia la strada e si prende un sentiero nel bosco, la pendenza aumenta, ma sono protetto dal sole. Salgo fino ad incontrare un’altra strada che mi porta fino al borgo Culubrusa dove sbaglio pure sentiero perché mancano i segnavia, ed io seguendo le impronte di qualcuno che è passato prima di me prendo la direzione sbagliata. Me ne accorgo presto. Ripreso il percorso giusto comincio a salire deciso. Non ci sono più molti alberi a proteggermi e comincio a sudare. Le gambe sembrano andare bene oggi, ma voglio tenerle anche per domani. Sudo tanto che il sudore mi finisce negli occhi, bruciando. Intanto sto anche organizzando una tappa a Susa, dove vorrei arrivare domani con un netto sforzo visti i chilometri che mancano. Cerco un modo per farmi arrivare un paio di scarpe nuove perché queste che mi stanno accompagnando dalle Marche, stanno cominciando a perdere colpi. Non mi offrono più l’aderenza di qualche giorno fa. Il buchino sulla scarpa destra ancora non si è è allargato, ma potrebbe succedere in un istante. Vari zigzag intensi sotto il sole mi portano alla strada che ora mi permette di proseguire con una pendenza molto meno marcata e posso distendere le gambe. Il segnale telefonico va e viene perciò mi fermo per finire di organizzare la spedizione e l’incontro di domani.

Ho l’impressione di proseguire molto bene, e quindi mi concedo senza ripensamenti questa pausa. Non molto dopo arrivo al Rifugio Bergerie Giuliana dove si lascia la strada ed il sentiero riprende a salire deciso. Le gambe sono in forma e salgo molto bene. Nonostante mi trovi a più di 2350m il sole è molto caldo. Anche se stessi fermo starei bene in canotta. Forse questa notte non farà così freddo. Al Colle Giulian non segue la solita discesa, ma un lungo traverso. Mi accorgo che la neve deve essersene andata molto recentemente perché la vegetazione è ancora marrone e schiacciata a terra verso valle e le poche piante che vincono la gravità, hanno appena messo i germogli. Il traverso utilizza quella che credo sia una vecchia strada militare, che mi porta fino al Pian dei Laghi, dove ci sono ben 13 laghi. Visto che ho preso un pacco di biscotti in più, decido di mangiarlo, anche perché la pancia mi da segni di essere vuota. Una volta ai laghi mi fermo per prendere acqua e decido di mangiare anche i 200g di pane che mi sono rimasti. Tantofra poco farò la spesa e ripristinerò tutto.

Quando finisco il pane, mi sento un po’ gonfio. Rallento un po’ il passo per permettere allo stomaco di gestire la situazione perché presto dovrò salire un po’ e poi fare una lunga discesa ed i vari sobbalzi potrebbero non essere graditi. Raggiungo gli impianti di risalita, ma non c’è un sentiero che scende, vogliono obbligarti a prendere la seggiovia. Ci sono solo le piste da sci e quelle per downhill. Un cartello dice che non potrei passare. Prendo la prima pista, ed è una pista da downhill “difficile”. Che sarà mai per le mie gambe. Se riescono a farlo in bicicletta c’è la farò sicuramente anche a piedi. In realtà non è così facile ed appena trovo una pista “facile” scendo seguendo quella. Nemmeno questa è proprio così semplice. Alterna dei tratti in leggera discesa a dei tratti molto ripidi, per fortuna il terreno è costituito perlopiù da terriccio e mi permette una buona aderenza. Sto usando moltissimo i bastoncini per mantenermi in equilibrio e per frenare. Finalmente finisco in una pista da sci e posso proseguire con più calma.. Almeno questo è quello che credo. In realtà è anche questa ripida e a volte su erba secca e quindi scivolosa. Infatti cado, ma senza farmi male. I muscoli delle gambe sono costantemente reclutati per questo ed è stancante.

La pista finisce quando incontra una recinzione. Dalla mia parte l’erba è tagliata, come per indicare un passaggio. Lo seguo in direzione di Ghigo di Prali.

 

(Giornata troppo impegnativa continuare a scrivere)

 

Giorno 75

La maledetta sveglia delle 4.30 viene posticipata di 10 minuti. Mi sveglio al secondo squillo e mi dico di alzarmi. Senza accorgermene riprendo sonno e mi sveglio 15 minuti dopo. Devo muovermi. Prima arrivo a Susa, prima riposo. Solo alle 5.25 esco. Ho sonno. Per fortuna la salita è tanta, ma è anche lunga quindi non presenta grandi pendenze. Nonostante questo dopo un po’ sono in affanno, ma so che è perché sono stanco ed il corpo deve ancora “svegliarsi”.

Le temperature sono piuttosto alte e comincio a sudare. Verso i 2500m mi ritrovo all’ombra e l’aria ritorna fresca. Voglio arrivare in cima e fare una pausa. Le marmotte scappano a nascondersi al mio passaggio. Ancora le gambe non vanno, ma è anche vero che non le ho dato un po’ di tregua. Al Colle c’è il sole anche se la valle a Nord è coperta dalle nuvole. Mi fermo per un po di frutta secca, poi sapendo di avere del pane e della cioccolata… Purtroppo alcune prugne hanno la muffa. E ieri sera al buio prima di andare a dormire ne ho mangiate alcune senza controllare. Non è la prima volta che capita di trovare delle prugne non conservate bene durante questo viaggio. Finita la merenda comincio la lunga discesa. Anche da questo lato non ci sono grandi pendenze. La valle è molto lunga e si scende lentamente. Ci sono anche i soliti cocci e pietre sul sentiero ed io quando posso sto a fianco il sentiero per proseguire più agevolmente. I nevai si stanno sciogliendo e grazie al sole si stanno formando delle nuvole proprio dalla neve. In discesa e coperto dalle nuvole mi rinfresco, ma man mano che scendo percepisco una temperatura più alta. Il sentiero è anche più agevole. Arrivo a Laux e da qui su asfalto fino ad Usseaux. Nonostante siano le 11 mi fermo per pranzare così posso gettare la spazzatura senza portarla con me. Il cartello dice 10 ore a Susa. Dovrei arrivare per le 21.30 secondo il cartello. Vediamo quanto tempo riesco a recuperare.

Comincio ora salire piano perché la pancia me li chiede. Ha bisogno di un po’ di tempo per digerire eil caldo si fa sentire. Dopo un tratto di bosco, incontro un prato dove il sentiero mi permette di fare dei passi veloci e così la pancia riesce ad avere tempo per digerire. Finito il prato comincio a salire a buon ritmo. A 1800m comincia una leggera discesa fino al borgo semi distrutto di Pequerel. Poco dopo tocca a Puy e ricomincio a salire.  Il venticello rinfresca, ma non è sufficiente. Salendo di quota il bosco finisce e il sentiero sale più deciso. Sono già sudato ed ora il vento e quasi troppo fresco. Le cime sono coperte dalle nuvole e secondo il meteo dovrebbe pure piovere. Una volta abituato alle nuove temperature, il vento di rivela un toccasana quando mi accarezza. Nonostante la salita sia lunga, ben 1200m,  il corpo risponde bene. Il problema è la testa. Sa che si fermerà a Susa per la notte dove incontrerò Simone ed Alberto come l’anno scorso, e quindi è già in modalità riposo.

Poco sotto il valico, trovo una fonte, avevo proprio sete. Mi fermo, mi siedo e riempio la borraccia. “E chi ha voglia di partire ora?” mi dico quando sento le gambe indolenzite. Guardo l’ora e sono le 14. Molto bene, sono in anticipo. Questo mi da la carica per ripartire. In 20 minuti sono sul Colle dell’Orsiera. Verso Susa non si vede nulla perché ci sono nuvole. Comincio a scendere e mi trovo il sole coperto, le temperature si abbassano e resta il venticello fresco. Rallento perché la discesa non è facile, ci sono grandi problemi di erosione sul sentiero che ha creato dei canali fondi anche più di 60cm. Continuo e riesco a scaldarmi così da non mettere più la felpa, mi trovo tra le nuvole con dei tratti di neve che coprono il sentiero. Non le migliori condizioni per percorrere un sentiero nuovo. L’anno scorso da Usseaux avevo preso un altra direzione. Ero andato a Salbertrand, verso la fine della Val di Susa, invece quest’anno ho preso un sentiero più diretto.

Fino al pianoro dove si trova il bivacco dell’Orsiera ho qualche problema per via dell’erosione, ma continuo deciso. Ci sono diversi canali paralleli scavati dall’acqua ed a volte proseguo proprio lungo corsi d’acqua. Poco importa se bagno i piedi oggi, ma vorrei comunque evitare. Arrivato agli stabili che già da un po’ vedevo essendo sceso dalla quota nuvole, scopro esserci un bivacco. Entro per curiosare. È un locale accogliente. C’è una stufa, un lavello, acqua e corrente elettrica. Ci sono pure 12 letti a disposizione degli escursionisti. Il telefono prendeva e stavo per chiamare Simone per aggiornarlo ed avevo tirato fuori le cuffie. Poi preso dallo scoprire cosa offriva il bivacco le avevo appoggiate sul tavolo. Insomma, ho regalato un paio di cuffie impermeabili a qualcuno. Pazienza. Il sentiero verso l’Alpe Toglie mi regala un forte dolore al piede. Una radice nascosta, ma che spuntava dal terreno ha deciso di farsi toccare dal mio piede. Dopo in tratto in leggera salita, si scende veloci nel bosco e così mi dimentico della botta. Anche la stanchezza fa la sua parte in questi incontri che faccio con i piedi.

Sono sceso ormai di 1000m, e me ne aspettano altrettanti. I biscotti che mi sono preso in più sono tornano utili ora per coprire il buco in pancia. All’Alpe Toglie ci sarebbe il posto tappa, io continuo. Un tratto di strada sterrata e poi sentiero. Una vecchia strada di collegamento fatta di ciottoli. Sono lisci ed a volte coperti di foglie secche. Le mie scarpe non mi offrono molta aderenza, il sentiero presenta una buona pendenza: tutte cose che messe insieme vogliono farmi cadere. Sto molto attento e devo usare molto i bastoncini come le gambe per frenare. Sono sentieri tosti nonostante siano vicino valle. Mi fermo anche per prendere fiato. Più avanti ne incontrerò altri che mi faranno penare. Quando ormai sono a quota 750m incontro l’asfalto, e da qui sono finiti i grandi dislivelli fino a Susa. Inoltre a questa quota per definizione non sono più in montagna. Non capitava dalla Liguria. La differenza di caldo si sente. Sono in piano e il mio corpo comincia a sudare. Mi rinfresco ad una fontana e riprendo. Ci sono i segnavia nonostante siano vicino a paesi, ed anche qualche cartello, ma se non avessi le tracce che mi ha dato l’anno scorso il gestore del Rifugio Les Montagnards di Balme impiegherei molto tempo a seguire la strada giusta perché sono messi in posizioni scomode o addirittura coperti dalla vegetazione. Passo piccoli conglomerati abitativi e ritorno su strade secondarie fino alla stazione di Meana di Susa. Proseguo tra asfalto e brevi sentieri, è quando li trovo sono messi male, troppe rocce per terra.

Ad ogni modo arrivo a Susa seguendo la traccia e mi dirigo al piccolo supermercato in centro. Faccio la spesa per l’indomani come pure qualcosa da mangiare prima di cena. Sono arrivato a Susa alle 18 circa, quindi ho recuperato 3 ore e mezza rispetto le tabelle. Non male! La commessa al momento di pagare si dimostra curiosa, io però voglio andarmene perché mi sto accorgendo dei miei odori, conversiamo un po’. Una volta fuori, vado verso la doccia. Intanto mangio della frutta secca che mi sono preso. Sui monti da dove sono arrivato, Sento dei tuoni, sta arrivando la pioggia. Non mi preoccupo più di tanto perché ormai sono arrivato al B&B. Spiego alla proprietaria cosa sto facendo e poi mi lascia andare in camera e a lavarmi. Ora comincia un duro lavoro. Mi faccio la doccia due volte, una dietro l’altra. Perdo un sacco di capelli perché negli ultimi giorni non li avevo curati.

Uscito dalla doccia mi sistemo nel letto e cerco di rilassarmi. Spero Simone ed Alberto arrivino presto perché comincio ad avere fame. E poco dopo eccoli. Ci prendiamo delle pizze. Io ho preso anche delle birre e del gelato. Ci raggiunge anche una amica di Alberto. Mentre mangiamo mi fanno domande a tutto tondo e passiamo bene la serata. Le birre vanno giù ed il gelato ancora meglio. Alle 21:30 do già segni di cedimento. Tuttavia resisto fino alle 23:30. Sono stanchi anche loro ed io posso andare a riposare.

Giorno 76

Mi sveglio verso le 4.15 ben risposato, ma una batteria non è ancora completamente carica perciò quando suona la sveglia mi rimetto a dormire. Alle 5.35 mi sveglio di nuovo, non è carica, ma devo partire altrimenti non arriverò in tempo a Balme. Mi devo incontrare con Selene perché non è potuta venire ieri per un contrattempo. Torno in camera dopo essere andato al bagno e noto che non c’è un cattivo odore. Nel dubbio apro la portafinestra per far cambiare aria.

Alle 6 esco ed è fresco fuori. Anche in paese c’è una temperatura gradevole. Seguo ancora la traccia fino all’attacco del sentiero vero e proprio. Da qui comincio a salire, 2000m di salita continua in un solo tiro. Il sudore arriva presto. Inizialmente ci sono varie piante a disturbare il passaggio, poi si entra nel bosco e migliorano le condizioni. Un controllo generale alla mappa e  scopro che ora non mi sto più dirigendo verso Nord, ma sto cominciando a muovermi verso nord Est. 520km in linea d’aria dalla fine del sentiero. Su asfalto probabilmente sarebbe una settimana di cammino. Invece lungo il sentiero impegnerò all’incirca due mesi.

Dal Rifugio Trucco il sentiero permette di andare più veloce perché la pendenza diminuisce di molto è così posso coprire una buona distanza in poco tempo. All’Alpe Arcella, si comincia a risalire di nuovo e così mi fermo per un po’ di frutta secca e del fruttosio come sostituito al Nesquik, forse ne mangio troppo e accuso un leggero mal di pancia.

Cerco di andare il più forte possibile per cominciare a bruciare gli zuccheri. Dopo un quarto d’ora passa tutto e posso andare al ritmo solito, sempre sostenuto. Verso i 2500m ricomincio ad andare in falso piano fino ad un vecchio ricovero diroccato usato dagli alpini. Subito dopo la Capanna Sociale Aurelio Ravetto. Il rifugio oggi non è gestito. Dieci minuti dopo raggiungo il Colle della Croce di Ferro. Da qui devo scendere al lago di Malciussia. Il sentiero è una vecchia strada fatta con lastre di pietra che però non sono più in ordine e devo prestare attenzione a dove metto i piedi. Scendendo incontro due nonni che portano la nipotina in montagna e mi dicono che nel pezzo che andrò a percorrere c’è la possibilità di incontrare molte vipere. Così scendo e faccio il giro del Lago Malciussia, e mi dirigo verso il Traccia lino, una ex-ferrovia a scartamento ridotto. Il sole picchia forte sulla schiena. Mi fermo sull’asfalto per mangiare con tranquillità così asciugo i calzini sudati. Riprendo il sentiero tra erbacce e nascosto da queste e da terra ogni tanto si vede un binario della ferrovia. Ci sono pure tratti attrezzati con delle corde fisse. Le cime cominciano a coprirsi di nuvole, ma il caldo resta. In questo tratto ci sono pure dei segnavia con la scritta SI, raro trovarli lungo questo tragitto. Proseguo in quota fino a quando mi trovo sopra il paese di Margone poi scendo per raggiungere l’asfalto che seguirò fino ad Usseglio. Percorrendo questo tratto ci sono diversi gruppi di ragazzi che stanno facendo diverse attività. Probabilmente campi estivi. Chi balla, chi al parco gioca, altri con la MTB a scorrazzare per sentieri.

Io intanto arrivo all’attacco del sentiero e comincio a faticare. Sto entrando nelle Alpi Graie. Il sentiero passa dove c’è stata una slavina ed è tutto rovinato nella parte iniziale, infatti mi trovo fuori rotta per gli sfasciumi, ma appena me ne accorgo recupero. Il bosco non ha subito danni ed è molto ripido. Non sono stanco, ma il sudore sembra quasi una fontana e per fortuna sono nel bosco. Dovrei farcela con gli orari ed arrivare giusto per cena.

Salgo i primi 900m e sono stanco, mi fermo per riposare e mi mangio i 250g di biscotti che mi ero tenuto apposta per fare merenda. Metto la felpa perché sono completamente bagnato ed il Buff sembra una spugna intrisa d’acqua. Riprendo e tolgo subito la felpa per il caldo. Valico il Colle di Costa Fiorita, scendo per circa 100 m e riprendo a salire verso il Colle Paschiet che è leggermente più basso. Purtroppo è quasi tutto coperto dalle nuvole e con un paesaggio del genere è un vero peccato. Scendo con qualche difficoltà per via delle rocce, ma alcuni tratti sono davvero ben messi. Non ricordo bene come sia il resto del sentiero. Visto che fino a qui, ho impiegato meno tempo dell’anno scorso, controllando le distanze ed il dislivello non dovrebbe essere male.

Arrivo al Bivacco Gandolfo, dove avrei voluto tanto passare la notte. Un bivacco ben tenuto e sicuramente molto caldo durante la notte, ma oggi mi tocca scendere per la cena. Poco dopo sento dei sassi cadere. Muovo lo sguardo veloce nella direzione e mi accorgo che il rumore non è di sassi, ma si due stambecchi che si stanno scornando.

In discesa mi si rompe un bastoncino. Non capisco bene perché. Nel momento della rottura non stavo applicando molta forza. Però mi viene in mente che sono scivolato e caduto con i bastoncini ancora in mano e forse in quel momento ho compromesso il punto più debole di tutto il bastoncino. Subito penso che ho il bastoncino vecchio ancora con me.

Continuando, mi accorgo che lo posso aggiustare, un po’ come ho fatto l’anno scorso con dei bastoncini molto simili. Mi basta del nastro adesivo che ho con me. Cerco di fare più in fretta possibile per potermi poi riposare e dedicare a sistemare il bastoncino.

Appena il telefono prende avviso Selene del mio arrivo imminente, ma ricevo un messaggio che lei ha avuto qualche inconveniente ed arriverà tardi. Quindi mangerò da solo… mi dirigo subito al Rifugio posto tappa della GTA “Les Montagnards”. Spiego chi sono e mi consegnano le scarpe. Mi accomodo e mi riconoscono. Anche l’anno scorso mi ero fermato perché avevo dimenticato o forse mi era caduto il portafoglio in macchina di Simone ed arrivato qui a Balme nel momento di pagare la spesa mi sono accorto della mancanza. Il telefono non prendeva e qui c’era WiFi, così ho potuto contattare Simone che mi ha portato il portafoglio, e nell’attesa ho pranzato e raccontato la mia storia al gestore.

Mi prendo un antipasto molto buono e 300g di basta ben condita, davvero eccezionale. Indosso le scarpe nuove, ma sono strette. Domani si allargheranno.

Selene arriva quando sono al dolce. Macedonia di fragole e mirtilli. Si prende da bere e facciamo un po’ di chiacchiere. Purtroppo non possiamo stare molto assieme perché lei ha il viaggio di ritorno e così verso le 22.30 ci salutiamo dopo questo breve incontro. Riesco a trovare un posto dove passare la notte e alle 23 sono a nanna.

Giorno 77

Poco dopo le 5 sono in marcia. Tappa lunga per arrivare all’alimentari di Noasca e fare la spesa. Ho solo colazione e pranzo. 42km mi separano dal cibo. Passando davanti all’azienda di acqua minerale di Pian della Mussa, vedo che ci sono 15 gradi. Fresco ma non troppo. Il sole sta già cominciando a rischiarare, ma Venere ancora brilla nel cielo. Scendo su una strada asfaltata fino al cartello che mi indica di salire e lascio il fiume ed il rumore che fa. Il sentiero prosegue scorrevole passando vicino diversi alpeggi. Le scarpe sono ormai completamente bagnate. Inoltre non riesco ad avere una buona aderenza nonostante siano nuove. Scivolo e rovino anche l’altro bastoncino perché ci cado sopra, ma ancora tiene. Salgo ed un po’ sono preoccupato che il bastoncino ceda di colpo, intanto mi ritrovo il sole coperto dalle nuvole che è un bel sollievo. Qualche marmotta fischia al mio passaggio e corre a nascondersi. Con qualche piccola sosta arrivo al Colle della Crocetta.

(giornata troppo impegnativa per continuare a scrivere)

 

Giorno 78

Cosi la sveglia suona alle 2.30 per errore la spengo invece di posticiparla, ma un quarto d’ora in dopo mi sveglio. Controllo l’ora, sono ancora in tempo. Mi chiedo se lo voglio davvero fare invece di dormire. Devo farlo. Mi trovo una zecca ed alle 3.05 ho lo zaino in spalla pronto ad affrontare questi primi 1100m di salita. Non vedo molte stelle perché c’è la luna quasi piena e le nuvole coprono il cielo. Subito tolgo la felpa, anche la notte nel sacco a pelo ho avuto piuttosto caldo. Il sentiero sale ripido tra zigzag, dove ogni tanto c’è un piccolo traverso per prendere fiato. Quando esco dal bosco un po’ di brezza mi tiene rinfrescato. Cani che controllano il gregge si accorgono di me da lontano per via della luce della torcia. Abbaiano a lungo anche quando me ne sono andato. Su questi salti erbosi il sentiero non è troppo chiaro e l’oscurità non aiuta. Aumentando la potenza della torcia vedo i segnavia e distinguo meglio il paesaggio. Alle 4.50 sono arrivato in quota. Le nuvole ancora coprono gran parte del cielo e cade qualche piccola goccia di pioggia. Ora proseguendo in quota sono costretto ad infilare la felpa. In discesa riprendo a scaldarmi ed il primo sole si va vedere. Una vecchia strada mi porta al Lago Artificiale d’Eugidio, passata la diga scendo ancora e prima di riprendere a salire tolgo la felpa perché mi scalderò di nuovo. Bagno i piedi, sia per la rugiada che per alcune zone umide che non riesco ad evitare. Sul Colle sono nel più alto della tappa e così comincio a scendere lasciando al mio fianco il bivacco Blessent Redentore.

Inizialmente proseguo piano, poi verso il paese diventa più facile il sentiero. Sembra che il piccolo ritardo che avevo dopo la prima salita sia riuscito a recuperarlo. A Talosio ci dovrebbe essere un alimentari, ma alle 8 quando passo, ci sono le saracinesche ancora chiuse. Ho fatto bene a puntare a Ronco Cavanese. Prima di riprendere a salire mi fermo a sistemare un bastoncino perché il nastro ha ceduto e quindi me li trovo di diversa lunghezza. Metto in bocca anche del pane e delle prugne. Avendo riposato poco ed essendo stanco consumo anche più energie. Ancora non fa caldo ma comincio ad avere sete. Poco dopo arrivo ad un alpeggio dove c’è una gran bella fontana dove posso prendere acqua. Sento le gambe un po’ stanche, specialmente in discesa. Dopo il Colle Crest scendo tra prati dove di solito pascolano le mucche. Una mandria che incontro sembra impazzita, muggiscono e corrono in discesa precedendomi sul sentiero. Il caldo si fa sentire più a valle, ed il sole pure quando non mi trovo all’ombra. I diversi pascoli che c’erano più in alto sono passati per il sentiero ed ora lo trovo tutto rovinato. Prendo anche delle botte sui piedi e questo mi rallenta. Intanto i tafani hanno cominciato a girarmi attorno ed a cercare un posto dove pungere. In località Masonaie mi fermo a cambiare calzini e suole per metterne un paio asciutto e così finisco le prugne ed il pane. Controllo l’ora e sono giusto in tempo per fare la spesa. Ora 5 chilometri di asfalto in discesa mi portano a Bosco e poi subito dopo passando dall’altra parte del fiume a Ronco Canavese. Quando il bosco finisce mi trovo su asfalto nero ed il sole di mezzogiorno sulla testa. Fa caldo. Sarà una salita molto impegnativa.

Al paese mi rinfresco alla fontana, poi faccio la spesa. Non hanno molto e per colazione niente biscotti, mi tocca fare con il pane. Mi mangio dei fagioli con il pane e 3 bei pomodori, prima di riprendere un’altra rinfrescata… l’asfalto non perdona, davvero fa molto caldo. I calzini che ho cambiato mi tormentano con il loro odore.

Mi fermo in un bar per due caffè per cercare di darmi una svegliata. La voglia di fermarmi per riposaree non fare fatica c’è e devo farla stare buona. Questa tappa, da Ronco Canavese a Pianprato, di circa 8km, sarebbe da fare con i mezzi pubblici, ma qualche buon anima pia ha trovato un passaggio nel bosco. Quindi mi evita l’asfalto ed un più sono all’ombra!

Arrivato a Piamprato, non senza difficoltà nel seguire il sentiero, prendo a salire nel bosco in maniera più intensa. Le temperature come per magia sembrano essere calate. Cerco di fare più in fretta possibile perché voglio arrivare a fine giornata all’ Alpe Chiaramonte, così da dover percorrere solo 10 chilometri di discesa domani mattina fino a Quincinetto. Ne avrò ho altri 20 da fare con un dislivello positivo di circa 1800 e di 1400 negativo.

Salendo trovo anche dei tratti attrezzati con catene, altri con corda perché il sentiero passa a ridosso del torrente e scivolare comporterebbe sicuramente qualche serio danno fisico. Si cadrebbe per circa 3 metri, non è molto, ma rompersi qualcosa sulle rocce sarebbe piuttosto semplice. Sto spingendo sulle gambe per recuperare tempo e comincio ad essere stanco. Il sole è coperto dalle nuvole così la temperatura è più gradevole.

*giornata troppo impegnativa per continuare a scrivere*

 

Giorno 79

Oggi sono riuscito a dormire 7 ore e mi sento riposato. Alle 5.45 mi metto in marcia. Noto che non c’è la minima umidità nelle piante. Qui a 2000m fa freschetto, ma presto mi scaldo. Valicato il Colle il sole illumina tutto il versante che sto per andare a percorrere.

Le gambe non sono molto reattive e l’applicazione per registrare il percorso mi dà qualche problema. Devo spegnere e riaccendere il telefono sperando si risolva.

Spero non faccia troppo caldo a Quincinetto visto che si trova a meno di 300m s.l.m. . Ricordavo qualche noia in discesa, ma mi pareva più verso il fondovalle, invece anche più in alto non è così agevole. Tutto sommato non scendo male nemmeno verso valle, ma comunque impiego una buona mezz’ora in più del previsto. Entro in un alimentari, non hanno i biscotti perciò prendo solo il pane e due pere che mangio subito. Provo in un panificio e mi dicono esserci un minimarket. Mi ci dirigo, la commessa è molto gentile e carina. Inizialmente non trovo quello che volevo e ripiego su dei biscotti che mi piacciono di meno, poi proprio alla cassa trovo i miei preferiti. Ne prendo 3 pacchi nonostante me ne servano due. Non si sa mai che il golosone voglia riempire di più la pancia.

Le previsioni del meteo mettono per domani brutto tempo tutto il giorno, dall’insegna della farmacia vedo esserci 24 gradi alle 8.45 del mattino. Niente male. Intanto un pacco di biscotti se ne va dopo i 400g di pane mangiati per colazione. Un tratto di asfalto, e riprendo il sentiero in forte salita. È una bella zona, piena di terrazzamenti curati per la coltivazione di uva. Il sudore arriva, ho il viso completamente bagnato, come appena uscito da una doccia. C’è una leggera arietta che però aiuta a sopportare, e poi anche il bosco, decisamente più fresco. Salgo bene e in fretta, ed è meglio così perché devo fare presto per incastrare la tappa di domani. Voglio arrivare ad un bivacco per passare la notte al coperto visto che il meteo sembra mettere pioggia. Esco dal bosco e non sembra così caldo, un ciclista mi ferma curioso di sapere quale sia il mio viaggio, rimane stupito. Riprendo meglio dopo questa piccola pausa.

Sono alla ricerca di acqua che non trovo facilmente lungo il percorso. Arrivo all’Alpe Druer e per l’acqua dovrei entrare in casa, ma vorrei anche lavare i calzini, perciò non mi fermo. So che continuando incontrerò qualche piccolo torrente ed infatti dopo 5 minuti di cammino trovo quello che cercavo. Lavo, o meglio, sciacquo i calzini sporchi e ne metto di altri più o meno puliti. Prendo il pane per il pranzo e mentre cammino me lo mangio, faccio presto a finirlo. Il sentiero però non è chiaro, o meglio è segnato, ma porta in una direzione sbagliata. Punto la direzione in cui dovrei andare, e passando nell’erba alta tra sassi nascosti vedo un segnavia che poi perdo di nuovo. Qualche giorno più avanti scoprirò invece che avrei dovuto seguire i segnavia. Una volta al Colle della Lace mi trovo in Valle D’Aosta, I segnavia cambiano come anche i cartelli. Subito dopo un alpeggio mi offre l’acqua che stavo cercando per bere. Da qui comincia un traverso rompi scatole, non mi piace molto perché ci sono un sacco di piante a disturbare ed in più essendo primissimo pomeriggio, da valle, come è solito accadere in questo luogo, salgono le nubi e non permettono di vedere nulla. Spero almeno di vedere le grandi vette dal Rifugio. Guadagno il crinale e poi arrivo al Rifugio. Mi fermo per salutare visto che sono stati disponibili ad ospitarmi, ma sono da poco passate le due, ed io voglio continuare. Ora scendo verso Oropa, dove c’è il Santuario più grande d’Europa. Il sentiero nonostante sia battuto non è tra i più semplici. Ci sono dei tratti attrezzati, comunque non impegnativi, ma le morene di grandi massi mi fanno proseguire con cautela. È proprio questo tipo di terreno che, coperto di neve, l’anno scorso mi ha fatto decidere per una rinuncia.

Ultima sella ed arrivo al Lago del Mucrone, è sabato è molti turisti lo stanno attorniando, qualcuno in tenda. È un luogo facile da raggiungere perché è possibile farlo con la funivia. Potrei prenderla per scendere, risparmiare tempo e pure fatica, ma sarebbe quello che voglio fare? Direi proprio di no. Perciò agli impianti prendo il sentiero. Una strada, mulattiera, mi porta velocemente a valle. Arrivo ad Oropa verso le 16.15. Manuela del CAI di Biella mi ha chiesto di incontrarci e possibilmente cenare assieme così da avere più tempo a disposizione. L’incontro, abbiamo deciso, sarà vero le 20,20.30 tenendo la media dell’anno scorso dovrei arrivare Rosazza verso le 19.30, altrimenti con due ore abbondanti in più a Piedicavallo. Mi scoccia fermarmi alle 19.30 perciò punto Piedicavallo, ma devo farlo con dei tempi strettissimi. L’anno scorso ci avevo messo un po’, perché avevo dimenticato i bastoncini a in macchina di Paolo, che mi era venuto incontro ad Oropa e poi ero andato da lui per una cena ed una notte di riposo.

Quest’anno allora se sfrutto il fatto di avere i bastoncini, posso recuperare tempo. Comincio con mangiarmi camminando il pacco di biscotti che mi sono preso per merenda. Ho avvisato Manuela che forse non arriverò molto in orario, ma ricordo che i sentieri qui erano facili quindi potrò andare molto veloce. Finiti i biscotti mi metto seriamente di impegno per dare il massimo. Comincio a sentire le gambe girare bene, una sensazione che ultimamente mi è capitata poche volte. Passo costante e veloce, la fatica non esiste. La testa comanda tutto e le gambe devono solo spingere, spingere il possibile. E più spingo e più mi gaso, e più mi gaso e più riesco ad andare forte o a mantenere il ritmo. Sfilo nel bosco come un cervo in corsa, veloce e silenzioso. L’unico rumore che si sente è quello dei bastoncini piantati a terra con sicurezza e decisione. Il sudore comincia a scendere, ma non me ne preoccupo, devo solo pensare ad andare avanti. Al Colle della Colma mi trovo sul punto più alto di tutta la tappa. Comincio ad avere sete e lungo il percorso non c’è acqua.

Scendo sulla strada, e più riprendo su un bel sentiero veloce e dal piano di calpestio formato da aghi di pino nero. Un altro pezzo di asfalto è poi prendo una secondaria che mi porta in un borghetto dove c’è una fontana con scritto “Acqua non potabile”. Apro il rubinetto ed esce acqua a pressione. Significa che è acqua dell’acquedotto, ovvero controllata e più che potabile. Riempio la borraccia e riprendo bevendo. Ora comincio dei tratti di strade carrabili o comunque sentieri larghi in leggera discesa, che sono facilmente percorribili ed io li sfrutto per correre. Non ne ho molta voglia, vorrei camminare, ma lo faccio. Voglio vedere che tempo riesco a fare. L’anno scorso mi ci sono volute 6 ore. Quest’anno dovrei mettercene 4 per rispettare gli orari. Passo a fianco al Santuario di San Giovanni e da qui comincia il comodo sentiero fino a Rosazza. Quando posso corricchio, ed il tempo che si recupera correndo è immenso. Raggiungo in fretta il paese e quando posso bevo dalle fontane. Ora devo salire al Rifugio Madonna della Neve,sono le 19.15 e l’anno scorso ci avevo impiegato più di due ore dal Rosazza a Piedicavallo. Mi sento in forma e comincio a risalire. La salita non presenta grosse pendenze ed io posso volare. Il meteo mi sorprende con un forte fulmine. Presto inizia a piovere. Mi vesto subito con la giacca e copro lo zaino. Sono coperto in parte dal bosco, ma penso pioverà a lungo viste le nuvole.

Dopo questa piccola pausa riprendo ad andare forte. Dopo 5 minuti smette di piovere ed io sono arrivato in cima, dove c’è il rifugio. Mi guardano straniti da dentro. Sono sulla terrazza coperta che guardano qualche programma in tv. Io non mi fermo e continuo in discesa ora. Comincio a correre in discesa. Voglio arrivare in orario. Quando mi mancano 200m di dislivello comincio a sentirmi girare la testa, mi sento sballato. Mi si sta formicolando il viso. Sono davvero in una situazione di trans. Le gambe vanno avanti ma la testa non riesce a capire cosa sto facendo. I piedi li metto nei punti giusti ma senza esserne consapevole. E come essere ubriachi.

Scendo e non so bene cosa sto facendo, ma so che sto andando a Piedicavallo. All’attacco del sentiero mi aspetta Manuela con un suo amico, che scrive per una rivista locale. Mi fa qualche foto e poi andiamo a cena per continuare con le domande e le curiosità. Ho placato la marcia ed il cuore è tornato regolare e non mi sento più ubriaco. A cena mangio 300g di pasta con le verdure, una cosa eccezionale. Verso le 23 ritorno sul sentiero per andare in cerca di un riparo, lo trovo subito e mi metto a dormire immediatamente.

Giorno 80

La sveglia suona puntuale alle 3. La posticipo di 10 minuti perché ho sonno. Mi sveglio e sembro abbastanza riposato. Faccio lo zaino e mangio la frutta lasciatomi da Manuela. Lascio il mio riparo e vado a prendere il sentiero. Le campane suonano le 3.30 quando sto cominciando.

Sbadiglio, ho sonno e penso a questa sera. Penso a quando mi troverò di nuovo al bivacco. Il sentiero è ben tenuto ed io proseguo senza problemi, ma non riesco a metterci ritmo, nonostante ciò impiego meno tempo dell’anno scorso ed arrivo al Rifugio Rivetti alle 6 spaccate. Un escursionista è appena uscito dal rifugio, forse per ritornare a valle, mi scambia per un altro. Al Rifugio tutti gli altri dormono, ma entro a curiosare l’ambiente, lascio la mia firma al libro del Rifugio e poi riprendo a salire anche se avrei voluto un bel caffè o un tè caldo. Non mi sento affaticato, ma ancora le gambe non c’è la fanno, probabilmente sto pagando lo sforzo di ieri. Al Rifugio il termometro segnava 13°, ma non fa così freddo, sono in canotta e pantaloncini, la salita mi tiene bello caldo. Al Colle rientro in Valle d’Aosta per qualche chilometro, me ne accorgo perché cambia la segnaletica. Il sentiero si snoda tra sassaie e piccole zone erbose. Un tratto in cui vado lento nonostante resti piuttosto in quota. Vado lento anche per la stanchezza e per le frequenti tappe per fare pipi.

Pioviggina e mi copro, smette subito. Raggiunto il Colle del Maccagno comincio la lunga discesa verso Riva Valdobbia. Il sentiero da questa parte è davvero insidioso, non c’è segnaletica idonea e qualcuno si è divertito a mettere ometti a caso facendomi sbagliare direzione. Controllo quanto manca e mi accorgo di essere in ritardo, nonostante quando ero al Rifugio ero in anticipo di mezz’ora. Il problema è che con questo tipo di terreno non riesco ad aumentare il passo. Ci provo, ma qualcosa mi frena. Continuando a scendere continuano le veloci e leggere piogge, intanto i piedi sono bagnati. A circa 1900m il sentiero comincia a migliorare, scorre a fianco il torrente Vogna, il quale da il nome alla valle. A 1600m è decisamente più scorrevole. Raggiungo il ponte Napoleonico e proprio qui sento un tuono. Guardo il cielo e senza pensarci mi vesto. Un ragazzo sembra indeciso se continuare o meno. Io sono abbastanza sicuro di dovermi vestire. Infatti continuando sul sentiero comincia a piovere, dapprima in maniera leggera, tanto che ho caldo così protetto, poi in maniera più insistente. Dopo la località Peccia comincia una strada, dapprima sterrata e poi asfaltata in cui cerco di recuperare tempo correndo, intanto la pioggia è aumentata. Ora piove decisamente bene e le scarpe sono delle spugne. Non c’è una grande segnaletica fino ad Alagna, infatti sbaglio pure percorso. Me ne accorgo quasi subito, e per fortuna ho corso in discesa, così sono ancora in tempo per trovare l’alimentari aperto. Attraverso il fiume Sesia e percorro una sterrata fino ad Alagna.

Fatta. Sono riuscito ad arrivare in tempo. In realtà oggi sono aperti fino alle 13, ma io non potevo saperlo.

Mi siedo su una panchina più avanti. Tolgo le scarpe, strizzo i calzini e le solette e c’è più di qualcuno che mi guarda storto. Me ne sto li, con i piedi lessi appena nascosti per non essere troppo invadente, ma continuano a guardarmi. Io ogni tanto ridacchio. Una signora esclama:”Che puzza di formaggio! O c’è qualcuno con i piedi all’aria”.

Io penso… Magari puzzassero di formaggio! Dopo altri sguardi incuriositi mi metto in pantaloncini. Ha smesso di piovere ed il sole tenta di uscire. Controllo il meteo e questa sera dovrebbe piovere un po’ di più, e domani mettono ancora pioggia. La testa dopo aver letto letto queste previsioni comincia a fare i capricci. “Ma chi me lo fa fare?”, “Chissenefrega, io mi prendo un albergo e me ne sto li come un sultano fino a quando non torna bello”, “Prendo un treno e torno a casa, tanto a cosa mi serve finirlo?”. Incredibile quanto una cosa così semplice come la pioggia possa condizionare pensieri La cosa è ancora più strana sapendo che sia questa sera che domani ho a disposizione dei bivacchi lungo il percorso. Domani addirittura ne incontrerò ben 4, quindi in caso di forti piogge o temporali ho la possibilità di fermarmi dove meglio credo.

Mi chiedo se davvero sarei così impulsivo da mollare tutto dopo così tanti sacrifici ed impegno che c’ho messo fino ad ora? Considerando anche l’anno scorso, I sacrifici sono doppi. In totale ho percorso praticamente 9000km di Sentiero Italia e sto pensando di rinunciare per un po’ di pioggia? “Lorenzo, seriamente stai pensando a queste cazzate?”. La stanchezza sicuramente gioca un ruolo rilevante in questa situazione. E penso anche che il fatto di rallentare per assicurarmi una notte all’asciutto crei un problema grosso nella mia testa. Devo correre, sfruttare le gambe ed il resto del corpo il più possibile, ma poi ogni giorno mi dico di riposare un po’ perché sono un po’ stanco. È un duro duello. Ma ora che sono “obbligato” a riposare ne approfitterò.

L’insegna della farmacia dice 19 gradi. Io comunque ho caldo. Sarà l’umidità. Riprendo il sentiero dopo il tratto asfaltato. Le gambe ancora non vogliono andare. Raggiungo un rifugio-ristorante e mi faccio fare un caffè doppio. Che buono. È da questa mattina che continuo a fare pipi senza aver bevuto nulla. L’avrò fatta almeno 10 volte.

Poco dopo il rifugio la vista è tutta per la celebre parete est del Monte Rosa. Il ghiacciaio imponente, i seracchi, le altissime cascate ed il loro fragore. La gusto per un attimo. Purtroppo le cime non si vedono e Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, non si vede. Percorro facilmente la mulattiera che mi porta al Colle del Turlo. Di colpo le Gambe cominciano a girare, sarà il caffè? La pendenza che è diminuita?

Incontro un escursionista, Simona, e chiedo informazioni riguardo la neve dopo il Colle, secondo lei potrei non trovarne più. Facciamo una bella chiacchierata, tanto oggi non ho fretta. Sta rinfrescando. I piedi lessi fanno un po’ male. Mi metto la felpa, poco dopo vedo pioggia in arrivo d metto pure la giacca.  Sono tranquillo sul sentiero e sento un rumore dietro di me, un escursionista sta salendo fino al Colle. È più veloce di me, ma mi metto al passo, sfrutto la sua andatura per farmi andare più veloce. Intanto mi fa qualche domanda sul mio viaggio. Dopo poco lo devo lasciar andare al suo passo, io sto cominciando a sudare. Comincia a piovigginare e riesco a rinfrescarmi. Chissà che questa pioggia mi lavi un po’ le gambe. Quando le nuvole si diradano lo vedo ad una 80ina di metri da me. Arriva al Colle 2 minuti prima di me, aspetta per salutarmi. Si chiama Miky. Lui torna indietro ed io scavalco. Un tuono.

O smette di piovere o comincia più seriamente.

Comincia a piovere più seriamente e poi arriva anche un po’ di grandine, ho i pantaloncini completamente fradici ed il problema è che per il principio di capillarità mi sta bagnando anche la felpa. Per fortuna dopo una decina di minuti smette. Si alza il vento invece, ed io sono a gambe scoperte e bagnate tra l’altro. Le sento piuttosto rigide, devo anche attraversare qualche piccolo nevaio, la neve non è dura, ma resta comunque piuttosto compatta. I pantaloncini cercano di asciugarsi, ed il sole di uscire, ma nessuno dei due riesce nel risultato sperato. Comincio a corricchiare per scaldarmi ed asciugarmi, ed anche per arrivare prima. Non posso sbagliare un passo perché le gambe sono davvero rigide. Finalmente vedo i bivacchi, ancora due tornanti e ci sono. Entro nel primo e ci sono due letti ed un fornello, ma la finestra non è possibile chiuderla. Nel secondo, un classico bivacco a botte a 9 posti, l’ambiente è più accogliente. Subito noto il cibo, che qualcuno ha lasciato ad altri escursionisti, è sempre lo stesso dell’anno scorso. Non devono essere passati molti escursionisti, o comunque non si sono fermati la notte. Forse molti preferiscono stare in un rifugio gestito… Io no. Corro subito a prendere acqua, non poco lontano dal bivacco. Ci vado proprio correndo, senza lo zaino, così da scaldarmi un po’. Il torrente è impetuoso per la pioggia appena caduta e sta nebulizzando l’acqua che mi colpisce le gambe scoperte. Riempita la borraccia me ne ritorno sempre correndo al bivacco in leggera salita. Il vento si fa sentire. Dentro al bivacco tolgo tutto e stendo ad asciugare. Cerco di rimediare anche per i calzini e le suole, ma dubito di trovare tutto asciutto l’indomani. Riesco a sentire pure la mia stessa puzza in questo ambiente così piccolo, un odore misto tra sudore e marcio delle scarpe. Fuori c’è forte vento e vorrei stendere le cose così da asciugarle ma da dentro il bivacco potrei non accorgermi che sta piovendo e troverei tutto bagnato.

Mi infilo nel sacco a pelo con la felpa ed i pantaloncini umidi e mangio la merenda, il solito pacco di biscotti, mentre controllo quanto mi aspetta domani. Se prendessi sonno subito, dormirei 9 ore. Sarebbe un bel dormire.

Finiti i biscotti mi addormento per mezz’oretta, ma il vento muove le bocchette di areazione e mi sveglia. Presto riprendo sonno. Verso le 21 mi sveglio di nuovo e così cerco di mangiare il più possibile visto che ho portato del cibo un più apposta per approfittare della pausa, purtroppo non ho molto appetito. Fuori pioviggina a tratti ed il vento sembra essersi calmato. Dalla finestra non vedo granché. Dalla mia parte un muro di roccia, dall’altra, si apre la valle, ma le nuvole non permettono alla vista di spaziare. Un leggero ronzio oltre al gocciolare della pioggia si sente da dentro il bivacco, sono delle alte cascate che si trovano a 500m da qui. Alle 21.30 riprende a piovere. Alle 22 mi sono riaddormentato.

Giorno 81

Alle 3 spaccate mi sveglio perché sento del vociare e vedo delle luci. Due ragazzi entrano nel bivacco, mi alzo e dico loro di entrare. Mi dicono di stare tranquillo, capisco che si metteranno nel bivacco a fianco. Penso subito a dei ragazzi che stanno facendo una corsetta in montagna. Ma è lunedì, strano a quest’ora. Fossero alpinisti potrebbero tentare qualche cima per l’alba. Intanto dalla finestra vedo un altra torcia avvicinarsi. Sta piovigginando fuori. 15,forse 20 minuti dopo arriva al bivacco e si sistema nel letto a fianco al mio.Poco male perché la mia sveglia suona alle 3.30 perché voglio essere a Macugnaga alle 7.30,non si sa mai che l’alimentari apra a quell’ora e non alle 8. Mentre mi preparo scopro che i tizi si prima stanno correndo la Red Bull X-Alps, una gara in cui si cerca di percorrere a piedi, camminando o correndo, e con il parapendio l’intero arco Alpino. O meglio, uno sta gareggiando e l’altro lo accompagna. E quello sfortunato, per la mia puzza, nel bivacco con me è un fotografo ufficiale. Benoit , l’atleta francese, sembra essere al secondo posto. Continuo con le domande mentre mi preparo, tanto non dormirà perché oggi è la notte in cui Benoit ha deciso di non riposare e lui dovrà fotografarlo. Ricordo di aver visto un documentario qualche anno fa riguardo questa competizione. Il record era di 6 giorni della attraversata completa. Ma quest’anno hanno aumentato la distanza ed è l’ottavo o nono giorno ormai. Il primo dovrebbe riuscire ad arrivare a Monaco domani e forse anche Benoit. Farei una foto con lui, ma lo lascio dormire.

Indosso le scarpe, e sono ancora bagnate. Non il modo migliore per cominciare la giornata.

Comincio a scendere e non piove più. Qualche spazio libero dalle nuvole c’è. La strada è agevole anche se scivolosa. Nel bosco diventa meno facile proseguire ed è pieno di piccoli torrentelli che non fanno altro che continuare a bagnare i piedi. A fondovalle una strada forestale mi accompagna in discesa e proseguo molto bene. Arrivo al lago delle Fate, un lago dal colore verde smeraldo e dalle acqua limpide. Sono le 6, ed un elicottero sta volando proprio in direzione del Colle del Turlo. Sono sicuro sia di supporto alla competizione perché proprio a questa ora hanno il permesso, secondo il regolamento, di volare, ma lassù è tutto coperto dalle nuvole.

Arrivo a Macugnaga davvero in anticipo. Alle 6.40 sono i paese, penso di fermarmi in un bar così approfitto per ricaricare le batterie. Prima però vado all’alimentari per vedere a che ora apre. Non c’è scritto nulla però c’è una presa della corrente. Perfetto per mi fermo qui. Collego tutto, telefono e le due batterie di scorta. Intanto faccio merenda con quello che mi resta.

Tento di asciugare un po le scarpe perché forse non incontrerò erba per un po’ di tempo ed i piedi potrebbero ringraziare.

Il telefono si stava scaricando in maniera  insolitamente veloce, spengo e riaccendo, la traccia non è persa. Alle 7 e qualche minuto il gestore dell’alimentari arriva ad aprire. Bingo! Parto ancora prima. Faccio la spesa, lo zaino pesa un po’ perché fino a domani sera niente alimentari. Ora mi aspetta la salita al Colle del Moro. Da 1300m ad oltre 2800. Il punto più alto che toccherò in Piemonte. La colonnina segna 15 gradi, chissà che riesca ad salire senza sudare. Il cielo sembra aprirsi. Il bosco si apre per un po è vedo Macugnaga illuminata dal sole, chissà che sia di buon auspicio…  Anche per Benoit, che facendo una ricerca, potrebbe ancora aspirare al primo posto. La parete est del Rosa resta coperta verso le cime. Intanto le piante hanno bagnato completamente le scarpe. Salgo con un buon passo, senza forzare. Uscendo dal bosco la vista si apre, ma la parete non è mai visibile completamente. Quando sono quasi in cima entro nelle nuvole e non vedo più nulla. Vedo però la funivia che va un sacco veloce. Molto più di me e con meno fatica.

Arrivo al Rifugio Oberto Maroli leggermente sudato e mi metto la felpa, continuo per il passo del Monte Moro, non dista molto. Dopodiché comincio a scendere, ci sono dei tratti di neve, fa piuttosto freddo visto che ho già i piedi bagnati, faccio in fretta e devo stare attento perché è una zona detritica e se la neve cededesse potrei cadere in un buco e farmi male, perciò faccio passetti piccoli lungo i bordi poi più sicuri verso il centro. Il sentiero, nonostante sia una zona detritica, è tenuto bene. Quando possibile, grandi lastre sono messe in modo tale da fare grandi scalini facili da percorrere. La neve si sta sciogliendo e c’è acqua a volontà lungo io sentiero. Verso i 2400 prendo la direzione del passo di Antigine dove c’è pure un bivacco. Percorrendolo mi accorgo che hanno fatto un ponte per evitare una piccola cascata, e sono quasi sicuro non ci fosse l’anno scorso. Il sole è uscito, i prati sono asciutti ed io cambio le suole ed i calzini nella speranza di asciugare il tutto. Mi fermo per il pranzo prima del passo ed il sole si copre. Arrivo al bivacco, non c’è nessuno, non entro, faccio solo una foto ricordo. La discesa è impegnativa, non vedo segnavia ed è una zona detritica abbastanza ripida e franosa. Trenta metri più sotto incontro la neve, è pericoloso. Se dovessi scivolare sarebbe difficile fermarsi. Guardo la mappa e sono effettivamente fuori dal sentiero, cerco di recuperarlo, vedo un segnavia, ma non quello successivo. Dopo questo primo tratto ci sono massi enormi sui cui fare l’equilibrista per passare. Finalmente arrivano dei tratti di prato che sono più agevoli, mancano tuttavia dei segnavia chiari.

Mi fermo su una roccia per togliere le suole ed i calzini per evitare di bagnarli ulteriormente ed un gregge di capre si avvicina incuriosita, riesco anche a fare una foto con l’amico di Bronson!

Dopo queste ostilità proseguo su una una comoda passerella in quota fatta dall’Enel. La passerella finisce in un muro di roccia dove c’è una piccola galleria per permettere il collegamento con l’altra valle, io devo scendere per un brutto tratto scivoloso, giro la parete e devo risalire dall’altra parte sempre su un tratto ripido e di nuovo ritorno sulla passerella fino al lago del Cigno. Continuo sul sentiero che mi porta ad una galleria, sempre dell’Enel è lunga più di 2km. Mi vesto perché fare freddo e preparo i biscotti così da poter far merenda. In galleria non c’è molto spazio perché gran parte è occupato da un grosso condotto. Anche il soffitto non è molto alto. Mangio i biscotti, i piedi finiscono in delle pozze di acqua gelida. Per fortuna ho tolto i calzini e le solette. Verso la fine della galleria ho un leggero mal di pancia, probabilmente ho preso freddo mentre la percorrevo ed i biscotti non vogliono essere digeriti. Esco dalla galleria sperando in temperature gradevoli, ma non sento un gran cambiamento. Asciugo un po’ le scarpe sbattendole su una roccia e rimetto calzini e solette. Nemmeno 2 minuti dopo comincia a piovere. Mi fermo ancora per coprirmi e coprire lo zaino. Non dura molto la pioggia, ma riesce a bagnare l’erba e le scarpe. Mi trovo nei pressi della diga di Camposecco, e dopo un traverso su una vecchia strada ormai ridotta ad un sentiero, salgo molto ripido su una vecchia rotaia.

Ha smesso di piovere, ma da lontano sento un temporale… potrei fermarmi qui visto che c’è un bivacco, ma mi scombussolerebbe i piani ed ho il cibo contato, in più significherebbe farsi al buio un tratto molto difficile e pericoloso. Mi auguro che il temporale se ne vada o se ne stia lontano perché devo percorre un tratto attrezzato. Devo fare in fretta, non mancano molti chilometri, forse 3, ma di sicuro tosti. Lasciata la diga il sentiero inizia ripido tra salti di roccia a volte instabili, io ho sete, ma devo pensare ad andare avanti. Sono estenuanti questi salti di roccia. Ho messo da parte i bastoncini per evitare di romperli. Potrei infilarli in una delle tante fessure ed inavvertitamente fare leva e spezzarli, oppure caderci sopra visto il terreno difficile. Indosso i guanti, alcune pietre sono molto abrasive. Altre purtroppo, umide e scivolose. Sto salendo come un bambino molto piccolo che cerca di arrampicarsi sulle scale. Sono davvero goffo. Mi devo anche prendere qualche pausa, e una volta finito questo tratto è ancora più impegnativo.

Devo salire su una canalina detritica con una pendenza di oltre 70°. Hanno posizionato delle catene per sicurezza anche perché non ci sono moltissimi punti in cui appoggiarsi od aggrapparsi. Con tanta fatica arrivo cima, manca il fiato, ma almeno non ero sotto il temporale. Ora ritorno tra grandi massi e devo saltare tra uno e l’altro cercando di non cadere. Piano, piano, piano ed ancora piano. Sto proseguendo davvero lentamente, è sicuramente il tratto più impegnativo di tutti fino ad ora. È pericoloso. Dovessi cadere rischierei di farmi davvero male. Massi appuntiti dove potrei battere e ferirmi, oppure potrei cadere con un braccio od una gamba in uno dei buchi che c’è tra questi massi e spezzarmi qualcosa. Non bastasse, il telefono non prende. L’anno scorso l’ho fatto di notte questo tratto, forse ho fatto bene a procedere di giorno. Già i segnavia non sono molto presenti, ci si mette anche il bagnato. In più quei pochi tratti di neve che ora trovo molto morbida, domani mattina saranno molto duri e pericolosi. Quando manca 1 chilometro circa al bivacco perdo i segnavia e mi affido alla traccia che ho sulla mappa, mi indirizza bene, ma non è precisa. Vedo il bivacco ed è vicino, ma il tipo di terreno mi fa percorrere lentamente questi ultimi metri. Una zona erboso in forte pendenza e poi ancora massi.

Colpo finale, una piccola ferrata di 20m per raggiungere definitivamente il bivacco. Entro nel bivacco, scarico lo zaino e mi metto sulla porta. Gusto il panorama. Una bella valle, le cascate si sentono da lontano ed ha smesso di piovere. Elimino più acqua possibile dalle scarpe nonostante sappia che domani mattina le riempirò di nuovo.

Tiro fuori il sacco a pelo, lo sistemo nella branda e metto tutto il cibo a portata di mano sulla tavola. Entro nel sacco a pelo e sento subito che comincia a scaldarmi e ad asciugare i piedi. Non ho sonno, mi metto comodo con i piedi alti ed anche uno spessore per restare un po’ rialzato con il busto. Inizio a mangiare e sento la stanchezza arrivare. Poco dopo aver finito, mi giro e cado in un sonno profondo.

Giorno 82

La notte mi sveglio e sento che fuori c’è un temporale e sta piovendo. Sento il netto il ticchettio sulla lamiera del bivacco.

Alle 4.30 oggi suona la sveglia, anche se ho dormito circa 7 ore mi sento già preso dal sonno. Naturalmente posticipo, ma ci metto più del solito a preparare tutto. Le scarpe sono fredde, avrei preferito non cominciare così. Alle 5.15 cominco a scendere verso il rifugio Andolla. Subito un pezzo di ferrata facile poi ricominciano i massi e per 100m così. Incontro dei prati, sempre pieni di sassi, ma più agevoli. Le scarpe sono già un acquario. Mancano solo i pesci. I cartelli dicevano 1 ora al Rifugio ed io ce ne ho messa una e mezza. Qualcosa non torna. Al Rifugio prendo da bere e ricomincio a salire per una variante perché il sentiero è stato rovinato da una slavina, o meglio, lo era l’anno scorso e sono sicuro nessuno abbia sistemato. Al colle entro in Svizzera per la seconda volta. I segnavia cambiano, ma lo stato del sentiero non proprio. Trovo un tratto di neve ed è ancora gelata e devo prestare attenzione a non scivolare.

Mi sto dirigendo verso il Passo Pontimia da dove avrò un ottima vista sull’Andolla, ma anche dai laghi poco più sotto. Ci sono diverse tracce fatte da pascoli ed i segnavia sono vecchi, così mi ritrovo a volte a percorrere un tracciato parallelo. Ai Laghi Pontimia  le cime si specchiano perfettamente perché non c’è vento. Intanto il sole si sta velando e sembrano nuvole di pioggia. Al Passo rientro in Italia, continuo verso i Laghi di Campo. Ora il sole sembra essere spuntato e tenta di asciugare le piante che stanno continuando a bagnarmi le scarpe. Mi fermo al Rifugio Alpe Lago per sistemare la situazione scarpe e cambiare calzini nella speranza di non bagnarmi più. Finalmente un sentiero abbastanza agevole in cui proseguo al mio ritmo. Purtroppo ieri mentre ho perso l’equilibrio su quei massi devo essermi procurato uno stiramento al Vasto Mediale sinistro. Mi da qualche problema.. Non è forte il dolore, ma quando carico lo vedo come un allarme. Potrebbe passare sempre continuando a camminare, devo solo stare attento. Proseguo bene fino al Passo San Bernardo, forse anche perché il muscolo si è scaldato. Decido di fermarmi per dare un po’ di tregua ai piedi e mangiare qualcosa. Sarà che mi sono raffreddato, sarà che sono vicino ad un fiume, ma quando riparto devo mettermi la felpa. Seguo la strada per un po’ e poi riprendo un sentiero. È piuttosto rovinato e per fortuna l’ho incontrato in salita e non in discesa. Il muscolo si fa sentire perciò uso i bastoncini per darmi la spinta e non caricare la gamba sinistra.

Delle nuvole grigie ora coprono il cielo, riesco a raggiungere l’Alpe Variola dove pascoli di pecore e mucche ostacolano il mio passaggio, e comincia a piovigginare. Dapprima non gli do peso, poi comincia ad essere più presente e decido di coprirmi. Quando solo al Passo Variola la pioggia ha smesso e vedo che di fronte a me ci sono belle nuvole bianche. Il telefono prende e controllo il meteo, per questa sera dovrei essere tranquillo. Proprio al Passo vedo un cartello dedicato al Sentiero Italia, con le località da attraversare ed i tempi. Comincio a scendere ed il sentiero presenta dei saltini che mettono in difficoltà la gamba sinistra, ma nulla di che. A metà discesami fermo perché i piedi cominciano a farmi male, così prendo anche il pacco di biscotti che mi sta aspettando. Scendo con i biscotti in mano ed ogni tanto ne mangio uno. Non sono mai abbastanza.

A valle ancora cartelli SI. Quando incontro l’asfalto però sono in dubbio su verso dove proseguire perché l’anno scorso avevo sbagliato. Un signore passa li vicino e senza dire nulla mi indica la direzione, chiedo chiarimenti e mi spiega dove devo andare ed anche dove trovare l’alimentari. Così faccio e trovo un altro cartello con la scritta SI che l’anno scorso avevo ignorato perché avevo visto quello della GTA. Ed effettivamente il cartello mi porta dove il signore mi aveva detto. Arrivo al posto tappa e chiedo dove inizia il sentiero perché non vedo più cartelli. Non mi sanno aiutare. Al bar c’è seduto un anziano che sembra sapere qualcosa e mi dà qualche dritta. Mi indicano la strada da prendere e così mi porto di fronte al alimentari. Nel alimentari c’è una mappa di alcuni sentieri e così chiedo anche alla commessa. Mi dice più o meno le stesse cose sentite al bar, ma pronuncia la frase  “8km di asfalto”. Mi stupisce questa cosa. Vabbè, mi aiuterà ad andare più veloce. Faccio la spesa e vado a caccia del sentiero. In teoria dovrebbe cominciare al centro del parco che si trova 50m dal alimentari. Mi ci dirigo, ci sono due mappe, ma nessuna mi aiuta ed il centro è chiuso. Perciò faccio come mi hanno detto, seguo la strada. Non vedendo segnavia mi permetto di tagliare tra le case invece di seguire la strada. Qualche km più avanti vedo altri cartelli, uno nella direzione in cui vado, l’altro punta una stradina che non ho nemmeno indicata sulla mappa. Continuo a seguire. Tutto asfalto… Il muscolo comincia a darmi fastidio, allora mi aiuto con i bastoncini per forzare il meno possibile la gamba.

A Gebbo, non trovo più il cartello con la sigla SI. Continuo su un altro sentiero diverso, ma che mi porta sempre verso l’Alpe Veglia. Inizialmente penso abbiano fatto una modifica per evitare l’asfalto. A buon ragione perché sono passate diverse macchine da quando l’ho cominciata e correvano abbastanza, anche in zone con curve cieche. Il sentiero taglia i tornanti e mi permette di fare meno strada. Il muscolo si fa sentire spesso. In Località San Bernardo ritrovo un cartello SI, ma mi porta a salire molto in località diverse da quelle che ho come riferimento. Sono indeciso se seguire il sentiero vecchio o la modifica. Decido per la modifica anche se i tempi di percorrenza sono più alti. Comincio con una strada brecciata con pendenza costante, sto usando un sacco I bastoncini e le braccia cominciano ad essere stanche. Sperimento un po’ i modi di camminare e ne trovo uno che mi permette di andare veloce senza forzare troppo il muscolo. Quando lascio la strada, non posso più usarlo perché il sentiero non è così uniforme con la strada. Quando incontro dei piccoli salti cerco di farli con la destra, ma ogni tanto uso anche la sinistra. Finalmente arrivo ad un alpeggio dove posso prendere acqua, ho una sete. Non manca molto all’aperto Veglia, circa 2.5km, i cartelli indicano 2 ore. Deve esserci qualche trabocchetto, un sentiero difficile con le condizioni in cui mi trovo diventerà una pena. Comunque voglio continuare per trovare un riparto per la notte. Dopo l’alpeggio il sentiero sale deciso e mi mette in difficoltà per via della gamba. Un piccolo tratto con catene, non indispensabili, ma meglio assicurarsi. Questo mi fa pensare che potrei trovare altri tratti esposti ed è per questo che i tempi di percorrenza sono alti. Ho difficoltà a proseguire, ma controllo il dolore, le braccia sono stanche. Nel bosco incontro un gruppo di cervi, me ne accorgo solo perché scappano ed hanno tutti un bel palco sebbene riesca a vederli solo per qualche istante.

Si alza il vento e mi copro. Un altro tratto attrezzato ma non impegnativo e poi comincio a scendere, un sacco di scalini mi aspettano e devo farli tutti con la gamba sinistra avanti. Ormai sono arrivato, manca meno di 1km. Raggiungo un borgo chiamato Le Balme, ed un cartello SI indica proprio la direzione dalla quale sono arrivato, ed io che pensavo di aver sbagliato sentiero!
Qui comunque non ci sono ripari a disposizione perciò continuo fino al posto tappa. Una volta arrivato, al Rifugio le persone stanno mangiando, altri si divertono a fare trazioni sul traverso della porta. Voglio trovare almeno un posto riparato dal vento, cosi continuando sul sentiero, non molto lontano dal rifugio, trovo un posticino. Non è il massimo, è in discesa ed è stretto, c’è posto solo per me, lo zaino devo metterlo lungo il sentiero e non a fianco a me come al solito. Spero il vento asciughi I calzini e le scarpe. Ci metto un sasso dentro per evitare volino via. La luna deve ancora farsi vedere, ma mi accompagnerà durante la notte.

Giorno 83

Il vento si è placato e la sveglia suona, è piuttosto fresco fuori dal sacco a pelo. Decido di mettere i pantaloni per tenere i muscoli caldi. Mangio le due banane e la pera tenute apposta per la colazione e mi metto in marcia. Comincio anche il pacco da 400g di biscotti. Il muscolo è leggermente migliorato, ma è come se mi dicesse:”Io ti lascio proseguire, ma stai attento a non esagerare.”. Comincio con calma per dare tempo al muscolo di scaldarsi e dopo una prima salita c’è un pianoro da attraversare. In piano non mi da problemi. Intanto il sole sta sorgendo e tinge di rosso il Monte Leone, in più delle nubi lenticolari sovrastano la cima.

La ciliegina sulla torta è la luna ben visibile a fianco la cima. Di tutto il viaggio, questo è il primo momento che un po’ mi dispiaccio di non avere con me una macchina fotografica. Continuo tra i larici lungo il mio percorso ed ogni tanto mi giro a guardare l’evolversi della situazione. Comincio a scaldarmi. Questo luogo ha un ottimo potenziale fotografico, ci sono anche delle pozze d’acqua che da certe angolazioni potrebbero sembrare dei Laghi. Continuo ad usare i bastoncini per evitare di forzare la gamba, ed effettivamente non mi da grandi problemi. Dopo aver attraversato un altro pianoro comincio una salita abbastanza impegnativa e la gamba ancora se ne sta buona. Un altro falso piano tra detriti dove c’è un laghetto glaciale appena sotto un nevaio. Ultimo piccolo tratto in salita.

Al passo c’è un bel vento fresco, ne avevo bisogno. In discesa il muscolo mi da qualche problema, mi da parecchio fastidio. Ed io che pensavo di potermela cavare. Continuo in discesa facendo attenzione a non forzare e quindi a non sentire dolore. Vorrei arrivare fino a fine giornata, quindi circa fino a Formazza e poi decidere se continuare. In salita non mi da grossi problemi, ma in discesa mi preoccupa. Comincia a farsi largo la possibilità di fermarsi prima. Potrei fermarmi ad Alpe Devero e risparmiare una decina di ore di sentieri. Continuo con un’altra salita impegnativa, in cui vado piano, ma non ho problemi. Invece quando ritorno in discesa verso l’Alpe non riesco a non sentire dolore.

Deciso: mi fermo al Devero e scendo a valle anticipando la mia pausa di Como ad oggi. Mi scombussola i piani, ma continuare potrebbe peggiorare i piani. Mentre scendo apro anche l’altro pacco di biscotti che sarebbe dovuto servire per merenda nel pomeriggio, ma tanto ormai mi fermo. 600g di biscotti così… Senza battere ciglio. Per fortuna la discesa non è molto impegnativa, ma alcuni tratti presentano rocce e quindi dei saltini ai quali devo prestare attenzione. Zoppico un po’, non per il dolore, ma per evitare di forzare. Il problema è che sto utilizzando molto di più la destra e sbilancio tutto lo sforzo. Pazienza sarà per pochi km. La prendo con più calma anche se non vedo l’ora di arrivare. Mi scoccia dover finire qui quando avevo tutta la giornata a disposizione, però potrei causarmi anche un danno più duraturo e difficile da guarire. Ho tempo a disposizione per completare questo sentiero, perciò devo essere abbastanza intelligente da non farmi sopraffare dalla voglia di andare forte. Arrivo al Devero dopo un’ora abbondante, riempio la borraccia di acqua bella fresca e mi lavo i denti. Si perché sto per ritornare alla società. Vado verso il parcheggio e vedo che c’è un servizio di bus navetta, parte tra 20 minuti.

Mi sistemo in attesa. Ci sono altri due ragazzi che stanno aspettando. Poco dopo arriva e mi porta a Baceno, altri 10 minuti e prendo la coincidenza per Domodossola. Passano venti minuti senza che me ne accorga. Chiedo ad un ragazzo se anche lui sta aspettando il bus e mi dice di sì. Si alza e va a vedere gli orari, oggi è festivo perciò l’autista che ci ha detto sarebbe passato in 10 minuti si è sbagliato. Il prossimo tra tre ore.

Non mi va di aspettare così a lungo. Mi sposto di poco e cerco di guadagnare un passaggio con l’autostop. Poco dopo un ragazzo, Enzo, mi raccoglie, ma mi porta solo qualche km più in là. Riprendo a fare l’autostop, sotto il sole caldo. Intanto pranzo cercando invano un passaggio. Dopo mezz’ora di cottura sotto il sole caldo un altro ragazzo, Luca, si ferma per darmi un passaggio proprio fino a Domodossola in stazione. Vedo i due ragazzi che hanno preso il bus con me al Devero. Loro però hanno preso un taxi.. Io ho fatto in modo più avventuroso.

Entro in stazione ed il treno è già lì ad aspettarmi. Ho prenotato durante il traggitto verso qui. Salgo e comincio a rilassarmi ed a puzzare il vagone. Poveri compagni di vagone.

Mi appisolo e ad ogni stazione mi sveglio. Fa molto caldo nel treno ed apriamo il finestrino, non so se riesce a mandare via il mio odore o lo sparge solo meglio. A Milano aspetto la coincidenza. Mezz’oretta, ma anche in questo caso il treno era già lì. A Monza devo cambiare, ma non è chiaro quale treno prendere perché dall’applicazione sembra essere lo stesso. Un signore delle ferrovie alla stazione mi dice di prendere il treno per Lecco al binario 4. Purtroppo non è quello giusto per me. Dovevo prendere sempre un treno per Lecco, ma che faceva un giro diverso e si ferma in tutte le stazioni. La prima fermata è ad Arcore, scendo ed aspetto di tornare indietro. Di nuovo a Monza. Ora controllo bene quale sia il treno. Corsia 6. Arriverò un ora dopo rispetto il previsto. Finalmente prendo il treno giusto. Alle 17.20 sono in stazione e posso andare a farmi una doccia. Ho scritto una mail ad un medico sportivo e domani avrò la visita.

Intanto sto già pensando al buonissimo piatto di pasta che mi aspetta questa sera.

Giorno 84

Cerco di dormire il più possibile almeno oggi, perché da domani entro in dieta di tutto. Cibo, sonno, risposo, doccia e chi più ne ha più ne metta.

Faccio una veloce colazione perché ho lo zaino pieno di cibo. Lo zaino è pronto e si parte per la stazione. Il treno è alle 8.30 puntuale. Tappa a Milano e poi cambio per Domodossola. I soliti quesiti cercano di fare breccia nella mente. In realtà un piccolo spazio è dedicato anche al futuro di questo viaggio. E di quello ho ancora molte più domande. Durante la pausa mi sono informato un po’ con quello che potevo trovare in internet, ma ho bisogno di fare ricerche più approfondite.

A Domodossola la coincidenza parte dopo un ora e mezza. Mi sistemo un una panchina all’ombra, ma per poco perché il sole gira e mi ritrovo scoperto. Mentre attendo guardo il meteo e per i prossimi 7 gironi mettono temporale. Che periodo ideale per ricominciare!

Dopo due treni, due bus e 3 ore di attesa arrivo finalmente all’Alpe Devero. Comincio a salire, e la pancia comincia a brontolare. Non mi fa male, ma è in movimento. Un sacco di aria si sta preparando. Da subito sento le gambe pesanti ed un po’ goffe. Anche i bastoncini mi sembrano pesanti. Lascio l’Alpe, e subito il profumo dei pascoli mi fa capire che non sono più in città. I muscoli non fanno male anche se una parte di me lo vorrebbe per trovare una scusa valida per tornare a valle. Sono tormentato dai pensieri di tornare giù, stare sotto un tetto. Non ho voglia di proseguire, non voglio fare fatica. In più ho caricato un sacco lo zaino pensando di mangiare come al solito, ma ho mangiato molto meno e così devo portarmi il peso sulle spalle. Il sentiero è semplice e così riesco a proseguire senza forzare la muscolatura. Il meteo è variabile ed ogni tanto infilo la felpa, ma puntualmente la tolgo dopo poco perché cessa il vento. Le temperature sono molto più gradevoli rispetto a quelle in valle. Nei giorni in cui ho riposato, stando in casa fermo, sudavo.

Un altra cosa, sono andato in piscina con le nipotine e in mezza giornata di sole sono riuscito a scottarmi la schiena dove non sono riuscito a mettere la crema, il collo di tutti e due i piedi, la fronte dove era bianca perché coperta dal Buff, ed infine le braccia. Non so bene perché mi sia scottato le braccia visto che erano già belle abbronzate. Per fortuna queste scottature sono lievi e non compromettono la mia camminata. Continuo la salita verso Scatta Minoia e spero non piova mentre la pancia continua a brontolare. Mi fermo per i bisogni e non hanno un bel aspetto. Fino a ieri era tutto regolare, non ho preso freddo. Sarà lo stress?

Qualche salto sul sentiero lo devo fare e cerco di capire come sta la gamba. Lei non dice nulla, meglio così. Una volta passata la Forcella Scatta Minoia in discesa sento la scossa quando appoggio il tallone a terra. Tutta colpa del nervo sciatico.

Continuo scendendo cercando di appoggiare le punte dei piedi e scaricare la forza li. Sono due ore e mezza che cammino, non ho fame, ma spero di bloccare il brontolio alla pancia con un po’ di biscotti, il pacco lo finisco in fretta, ma non sembra aver asciugato. Il primo tratto in discesa presenta diversi saltini, poi migliora man mano che si scende al Lago Vannino. Se avessi continuato 6 giorni fa invece di fermarmi avrei avuto delle grosse gatte da pelare, quindi sono contento di essermi fermato nonostante lo abbia fatto solo la mattina presto. Al Lago si trova il Rifugio Margaroli, e vicino trovo le indicazioni per proseguire.

Devo raggiungere il Passo Nefelgiu per poi entrare in Val Formazza dove penso di passare la notte. Nel caso dovesse piovere forte c’è un bivacco poco sotto il passo. Tolgo ancora una volta la felpa e comincio a a salire. Le nuvole coprono il cielo ed è difficile capire che ora sia, mi sembrano le 8 per la luminosità che c’è e quindi penso di essere quasi a fine giornata e manca poco al fermarsi, in realtà sono le 17 ed ho ancora molto tempo da trascorrere camminando. Salendo vedo dei ragazzi in tenda, che bello. Mi piacerebbe essere con loro. Fermarmi e passare la notte magari davanti ad un fuoco a raccontarsi storie, avventure o anche più semplicemente chiacchierare di tutto e niente. Dal passo non vedo nulla perché le nuvole coprono tutto e vorrei tanto capire quanta strada devo fare. Comunque anche qui il sentiero presenta qualche saltino e mi sento bravo ad essermi fermato. Dopo il primo tratto migliora ed è possibile percorrerlo con facilità. Sono ancora attento ad appoggiare le punte perché sento ancora le scosse del nervo sciatico. Raggiungo il bivacco, a quota 1950 circa, si tratta di un alpeggio sistemato alla meglio. Devo dire che lo ricordavo meglio all’interno. Comunque non piove e sembra aprirsi così io continuo verso Formazza. Una discesa semplice su una carrabile, poi ritorna ad essere un sentiero.

Mi porta fino alla strada asfaltata che percorro fino ad arrivare in località Frua e proprio alle prime case comincia a piovere. È una pioggia che comincia subito intensa, mi fermo, mi vesto e corpo lo zaino, ma tempo di arrivare alla cascata del Toce, ed ha già finito. Non è riuscita nemmeno a bagnare tutto l’asfalto. Scendo i vari zigzag che costeggiano la cascata e poi ritorno su asfalto. Ci sarebbe un sentiero per evitare la strada, ma al Devero ho trovato una mappa con indicazioni per la GTA e per il Sentiero Italia. Seguirò la mappa. Riprendo di nuovo il sentiero dopo una galleria ed il cielo comincia a cantare annunciando pioggia. Ne arriva poca. Oggi ho fatto abbastanza in fretta, e quindi punto ad arrivare a Fondovalle invece di fermarmi a Formazza. Così domani partirò presto per fare la spesa a Bosco Gurin ed essere li appena apre l’alimentari. Le scarpe, nuove, intanto hanno cominciato ad assaggiare l’acqua. I piedi però sono ancora caldi e non mi danno problemi. Arrivo a Formazza e l’alimentari alle 20.30 naturalmente è chiuso. Ho ancora un ora abbondante di luce, la sfrutterò per trovare un buon riparo. Mentre scendo sta esplodendo un bel tramonto, molto colorato.

La luce filtra e colpisce alcune nuvole che colorano il paesaggio di un giallo arancio. Sta piovigginando anche se sopra di me non ci sono nuvole grigie.

Il tratto da Formazza a Fondovalle è tutto asfaltato così ho modo di asciugare le scarpe. Le nuvole che ci sono in cielo sono le Mammali.. Assieme always lenticolari sono tra le mie preferite. Arrivato a fondovalle, trovo un lavatoio coperto e ben riparato. Provo ad aprire la porta.

Si apre, mi sistemerò qui per la notte. Noto pure che c’è la corrente. Meglio di così.

Giorno 85

Alle 4.30 sono già sveglio e siccome ho lasciato il telefono in carica ho paura di non sentirlo suonare, ma mi obbligo a riprendere il sonno. Alle 5 la sveglia suona. Esco subito dal sacco a pelo per spegnerla e così comincio a prepararmi. Alle 5.30 sono in marcia e il sentiero comincia subito a salire, le piante inizialmente non bagnano molto le scarpe, ma verso i 2000m mi trovo su erba alta ed i piedi sono belli umidi. Ieri ho preso una piccola storta alla caviglia sinistra ed ora mi da un leggero fastidio. Il sole è sorto da un pezzo ormai, ma è una giornata velata, a valle sembra ci sia molta foschia. Comunque verso le 7.40 sono nel punto più alto prima di Bosco Gurin, e sono entrato in Svizzera, ora percorrerò il tratto più lungo all’estero. La discesa è caratterizzata da qualche roccia che bene o male schivo riuscendo a scendere abbastanza velocemente. Sono in tempo per l’alimentari in quanto aprirà alle nove. Mi fermerò per riposare e far asciugare le scarpe per quanto possibile. La discesa mi mette alla prova, ed il nervo sciatico fa il suo lavoro. Prima sento un leggero formicolio alle guance, poi ai denti, ed infine quando sono praticamente arrivato al paese, anche alle braccia. Mi dirigo subito verso l’alimentari così da essere il primo appena apre. Arrivo alle 8.40 e lo trovo già aperto. Siamo a luglio ed ora seguono l’orario estivo, l’anno scorso ci sono passato a fine settembre o forse i primi di ottobre ed avevano aperto solo alle 9. Meglio così.

È ben fornito nonostante sia piccolo, ma non c’è molto per un vegano. Mi arrangio con del pane per la cena e per la colazione di domani. Niente merenda perché ho già con me un sacco di frutta secca e domani devo arrivare ad un supermercato prima della pausa pranzo. Quando esco il sole è diventato un po’ più presente. All’alimentari mi ha dato il resto in fiorini svizzeri così ho preso anche 3 pesche perché non riuscirò a spenderli in questo viaggio. Le mangio subito, mentre percorro un tratto asfaltato, poi il sentiero riprende con una bella salita e mi fa sudare da subito. Mi cade una goccia di sudore sul telefono e vedo che è piuttosto torbido, non è limpido come quello che mi cadeva prima di fare la pausa. Le gambe sembrano andare abbastanza bene, la pancia non brontola più. Le temperature sono gradevoli e forse mi aiuteranno a mantenere una buona media.

Al Passo comincio a scendere verso Cimalmotto, ma il sentiero non è proprio in buone condizioni, ci sono pietre ed è un po’ dissestato. Il sole comincia solo ora a uscire dalle nuvole e l’erba è spesso ancora bagnata. Arrivo a Cimalmotto alle 11, prendo la strada asfaltata verso ovest e la seguo fino a quando non diventa una sterrata. Lungo il tragitto scorgo un sacco di belle casette, non tanto grandi, ma ristrutturate tenendo comunque l’aspetto originale. La base in pietra e la parte alta in legno. Alcune finestre sono aperte e qualche pannello solare spicca dai tetti. Dopo questi piccoli centri, entro nel bosco, un lungo falso piano che mi riporta in Italia. Mi fermo per prendere il pane per il pranzo. Mi trovo a mangiare in salita ed è difficile proseguire perché ho le mani impegnate e non posso usare i bastoncini ed in più, devo respirare con il naso. Mangio solo 250g poi mi passa la fame e riprendo il ritmo. Raggiungo un alpeggio e finalmente posso bere, tutto quel pane mi ha ingozzato. L’acqua che esce dalla fontana però non è affatto fredda, salendo scoprirò che il tubo che la porta al alpeggio è spesso sotto il sole. La salita continua ad insistere ed io a sudare. Raggiungo un altro alpeggio più in alto, e da qui il sentiero diventa meno ripido, anche se non è sempre chiaro, l’anno scorso mi era capitato di farlo in mezzo alle nuvole ed in qualche punto ho sbagliato, quest’anno mi va bene e c’è il sole.

Mi sto dirigendo alla passo della Fria, e le nuvole coprono le cime in quella direzione. Non ci vuole molto perché sia coperto anche io. L’ultimo pezzo verso il passo è parecchio ripido e su detriti. L’anno scorso ero partito da Bosco Gurin più o meno mezz’ora dopo ed ero arrivato al Bivacco (ho dimenticato il nome),che sta a circa 8km da qui. Mi piacerebbe andare oltre ma non saprei quanto, di tempo sembra essercene, ma il meteo potrebbe fregarmi. Scendo verso Alpe Lago dove c’è un rifugio/bivacco, ma non ne ho bisogno quindi una volta arrivato tiro dritto direttamente verso le Lago Gelato. Ora le nuvole non mi coprono più, ed il sentiero sale molto piano. Quando è vicino al lago sale più deciso tra detriti, intanto il nervo sciatico si fa sentire sporadicamente. Il lago, non è gelato, sono arrivato troppo tardi, ma ci sono ancora dei nevai che lo contornano. In discesa mi trovo ad affrontare grossi massi che sempre mi rallentano e non mi piacciono.

Uno di questi, più o meno grande come una scatola e mezza di panettone, non era stabile e comincia a scendere verso valle, io perdendo l’equilibrio mi trovo a scendere, faccio più in fretta possibile per evitare che il masso mi finisca addosso ma non è facile in questo tipo di terreno. Infatti il masso mi finisce sopra il piede schiacciandolo.

Fortunatamente non sento dolore e facilmente tolgo il masso. Riprendo in discesa e le ostilità continuano. È molto ripido e devo continuare tra salti erbosi e di roccia. Al Bivacco mi fermo per mettere la felpa visto che mi sono sciacquato le braccia che erano tutte appiccicose, mangio anche un po di pesche, l’appetito sembra essere tornato. Dopodiché riprendo la marcia in discesa, il sentiero non è in buone condizioni, nonostante abbiano rasato il passaggio. Dove non ci sono rocce, è c’è solo prato, ci sono comunque buchi non facilmente visibili, probabilmente creati dalle mucche al paesaggio quando il terreno era morbido. Prima di prendere il sentiero per risalire, purtroppo incontro una zona umida che non riesco ad evitare e bagno le scarpe. Guado il fiume senza infierire ulteriormente e devo togliere la felpa perché ricomincerò a salire. Poco dopo arriva qualche goccia e devo coprire lo zaino per evitare di bagnarlo, io sono caldo e piove talmente poco che non mi copro.

Raggiungo un altro alpeggio che sarebbe tornato utile come bivacco, ma è ancora presto per fermarsi, così continuo e sento dei lampi, inizialmente non li bado troppo, ma dietro di me nuvole molto grigie stanno coprendo il cielo ed alcune cime. Mi fermo, mi impermeabilizzo e faccio giusto in tempo perché comincia a piovere. Le scarpe inevitabilmente cominciano a bagnarsi. Voglio riuscire ad arrivare almeno ad una chiesetta a meno che non si metta a piovere davvero forte, allora potrei fermarmi ad un alpeggio che incontrerò tra non molto. La pioggia arriva assieme a tuoni e lampi, ma non dura molto, forse mezz’ora. Il tuoni continuano, ma la pioggia ha cessato di cadere ed io raggiungo l’Alpeggio dove ci sono diverse mucche al pascolo che sembrano non preoccuparsi del temporale. Le scarpe sono completamente bagnate. Ancora appetito, mi fermo poco prima del Passo per placare la sensazione di fame e poi mi avvio ancora in salita. Aldilà c’è un laghetto con altri pascoli, il nervoso sciatico comincia a farsi sentire più seriamente. Arrivo alla chiesetta che puntavo, la pioggia non c’è più ed il cielo sembra voler stare buono, quindi per il momento così decido di continuare. Sono appena passate le sette.

Le possibili tappe sono la piana di Vigezzo o scendere a valle ma non credo di avere sufficiente tempo. Deciderò una volta li. Dalla chiesetta comincio un traverso in leggera discesa dove le difficoltà non tardano ad arrivare. Il piano di calpestio non è uniforme e così il nervo sciatico si mette a farmi scherzi. Mi regala scosse ed irrigidimento alle gambe. Non le condizioni ideali in caso di dover correggere la mia posizione in fretta. Mi devo fermare per dare una pausa alle gambe. Le sento formicolare. Riprendo e va meglio, in salita non mi creano problemi, ma in discesa, quando premo sul tallone mi arriva una scossa o mi si blocca la gamba per qualche istante. Un altro passo, ancora un altro lago con pascoli dove c’è pure un alpeggio ed ora salgo verso il Passo Molino, 80 metri di salita che nemmeno mi accorgo di fare. Ora scendo verso la Piana di Vigezzo. Sono da poco passate le 20.40, controllo i tempi di percorrenza dell’anno scorso e per scendere a valle, 700m negativi, ci avevo messo solo mezz’ora. Ci provo, perché ho ancora luce, ma non so se il nervo mi permetterà di farlo. La discesa inizia con un tratto di sterrato, poi si butta giù velocemente lungo una costa. Un prato mi accompagna per i primi 200m di dislivello e scendo davvero veloce perché non ci sono ostacoli. Il nervo non si fa sentire. Entrato nel bosco comincio ad avere qualche problema di visibilità perché è molto più scuro, ma il sentiero è una vecchia strada di collegamento ed è abbastanza agevole, a fianco di questa mulattiera c’è una traccia su terriccio facile da percorrere e quando si presenta la preferisco perché mi preferisco di andare più veloce e di evitare problemi al nervo.

Scendendo però questa traccia sparisce è devo continuare su sulla mulattiera lastricata ed ogni tanto presenta qualche saltino. A metà discesa il nervo comincia a farsi sentire e a 1300m mi devo fermare per una pausa e togliere la giacca per il caldo. È sempre più buio e mi munisco di torcia. Scendo ancora, ma mi devo fermare di nuovo. Ogni volta che sbaglio passo o sbatto su qualche roccia mi si bloccano le gambe. Sono le 22 ormai, ci ho messo più dell’anno scorso, ma me lo dovevo aspettare. In realtà mi aspettavo più problemi dal nervo. Una volta arrivato sulla strada, trovo una mappa del sentiero Italia e GTA. Li a fianco c’è la sede degli alpini, e c’è una tettoia dove grigliano durante le feste, ma se dovesse piovere di traverso non mi proteggerebbe, faccio un giro di ricognizione e trovo un altra tettoia con una specie di palco rialzato e protetto. Mi sistemo li, finalmente mi sistemo per la notte. Fino domani mattina nessuna altra fatica. La sveglia purtroppo mi concede solo 6 ore di sonno.

Giorno 86

La sveglia suona alle 5, ed anche se non è prestissimo, la posticipo. Mi alzo dal sacco a pelo ed i dolori alle spalle persistono. Il cielo è completamente coperto, ma non fa affatto freddo. Ho dormito tutto d’un fiato, una cosa rara in questo viaggio, forse ero proprio stanco. Non ha piovuto la notte, spero continui così anche di giorno. Comincio ad avvicinarmi a Matogno dove farò la spesa.

Nonostante sia presto, per le strade c’è già movimento, il Sentiero lo percorro senza grossi problemi ed arrivo o un’ora prima del previsto, non so come mai l’anno scorso ci abbia messo 3 ore invece di 2. Potevo riposare almeno mezz’ora in più. Mi fermo in un bar, prendo un caffè e ricarico le batterie. Alle 8 apre il supermercato. Alle 7.20 aprono le serrande ed io provo ad entrare, ma fino alle 8 non si può fare la spesa

Finalmente alle 8 posso fare la spesa. Due pacchi di biscotti. Solo questo perché voglio assolutamente arrivare a Cannobio entro la chiusura del supermercato e poi traghetto verso la Lombardia. Purtroppo l’anno scorso ho perso l’ultima traccia verso Cannobio e così non posso sapere i tempi di percorrenza. A spanne dovrei farcela, ma in internet ho trovato che il supermercato chiude alle 19 invece che le 20. Non sarà facile, ma potrei comunque arrivare in tempo. La pioggia che hanno messo per oggi potrebbe risultare sconveniente, vedremo come va.

La salita comincia su asfalto anche se non è segnata. Imbocco il sentiero e comincia con una buona pendenza che mi permette passi veloci e così percorro una buona distanza in poco tempo, poi si torna su asfalto, sulla strada che porta a Fondo lì Gabbi. Le scarpe sono asciutte anche grazie alla pausa al bar, ma la vista ne risente. Non vedo bene da lontano, anche l’anno scorso mi era capitato. A Fondo li Gobbi ritorno su sentiero. Proseguo su una strada sterrata fino ad una fontana e dopo si comincia a salire seriamente. Arrivano le prime gocce di pioggia, copro lo zaino, ma io rischio. Faccio bene perché presto comincio a sudare, le gocce di sudore scendono sul viso e cadono a terra. La progressione è buona anche grazie agli scalini fatti di sassi mesi alla giusta distanza e con la giusta alzata. Smette la pioggia ed io continuo a salire ed a sudare. Quando sono verso i 1850m il sentiero è più esposto al vento ed io completamente sudato lo sento rinfrescarmi. Raggiungo Alpe Cortenuovo e poco dopo Alpe Scaredi dove c’è una vecchia baita adibita a bivacco. Dopo il piccolo pianoro comincio a salire in zone rocciose dove presto attenzione a dove metto i piedi perché potrei scivolare essendo le rocce molto umide. Dopo il sentiero diventa molto ripido fino a cominciare un traverso fino alla Bocchetta di Cortechiuso. Mi trovo tra le nuvole, ma a valle vedo c’è il sole.

La discesa inizia con gradini di roccia artificiali e raggiunge l’Alpe Cortechiuso, anche qui una vecchia baita è stata adibita a bivacco. Sbaglio il sentiero e finisco alla toilette. Si, hanno costruito uno stanzino a ridosso della parete dove fare i bisogni. Recupero il sentiero e quasi subito diventa uno di quei sentieri che non mi piacciono. Tanti saltini di roccia, piano di calpestio sconnesso e spesso tratti ripidi. Hanno pure tagliato l’erba e così, se non sono le rocce ad essere scivolose per l’umidità, lo sono per l’erba secca che ogni tanto le copre. Sul sentiero incontro un altro bivacco, Ca du France, il bivacco al quale sarebbe stato meglio fermarsi l’anno scorso ed evitare di passare la notte sotto la pioggia. Finalmente entro nel bosco ed il sentiero non presenta più tutte quelle difficoltà. Diventa piuttosto veloce a parte qualche zona con grande quantità di foglie delle quali non mi fido perché potrebbero nascondere sassi o rami. Devo percorrere circa 4km tutti uguali. Sembrano infiniti. Sono abituato a cambiamenti nel sentiero o quantomeno nel paesaggio. Ora nel bosco è difficile far passare la monotonia.

Arrivo a Provola, il bosco finisce e posso vedere qualcosa cambiare però il caldo è l’afa si fanno sentire. Prendo acqua e continuo a camminare. L’anno scorso mi ero fermato poco più avanti nel bosco e la notte ha cominciato a piovere. Proprio a Provola quest’anno vedo un riparo che l’anno scorso sarebbe stato la mia salvezza, mi sarà sfuggito probabilmente per il buio o per la stanchezza. Arrivo al punto dove avevo inizialmente passato la notte, poi mi sono svegliato, ho fatto lo zaino e mi sono spostato cercando un riparo che non ho trovato, infatti mi sono messo a riposare un po’ ma poi mi sono svegliato per il freddo ed ho marciato ancora un po’ fino a trovare una roccia che mi permetteva di non bagnarmi. Questo tratto non lo ricordavo così ostico, ma è un continuo saliscendi in un sentiero abbastanza stretto con piccoli ostacoli qui e lì. Poi quando mi trovo sotto Alpe Piazza il sentiero sale deciso per arrivarci. Qui i cartelli mi porterebbero a salire direttamente verso Tesco, ma una mappa trovata a Provola, con indicato il Sentiero Italia e la GTA, mi dice di andare verso Gurro e poi salire a Tresco. Seguo la mappa di cui mi fido di più. Scendo a Gurro tramite il rapido sentiero e poi prendo in salita verso Tresco. Anche in salita è veloce a parte il tratto finale che presenta una bella pendenza. Arrivo tutto sudato ma nonostante ciò non mi fermo alla fontana. Scendo il più veloce possibile a Falmenta, dovrei essere in orario per l’alimentari, ma meglio non rischiare.

Al paese i segnavia della GTA mi porterebbero ancora una volta ad accorciare il percorso, ma io seguo la mappa perciò invece di scendere a Ponte Falmenta, mi dirigo verso Crealla. Il sentiero sentiero scende ripido verso il fiume per poi risalire nell’altro versante e tornare alla stessa quota. 130 metri di dislivello positivo e negativo in più. In salita naturalmente sudo molto. I scalini di cui è composto il sentiero qui mi permettono una buona progressione cosa che non faceva in discesa. Intanto un elicottero sta rompendo il silenzio nel cielo perché sta portando dei bancali di materiale edile proprio a Crealla. Il sentiero che scende è costituito da pietre, però questa volta, non sono messe in maniera da formare bene o male un piano ma sono messe di taglio. Ed a fine scalino, le pietre sono messe più alte. Non c’è abbastanza spazio per il piede nel piano d’appoggio dello scalino così per essere più comodo devo appoggiare la punta del piede sulla sporgenza, caricando tutto il peso lì è come se stessi andando in salita. Infatti a fine discesa sono stanco. Attraverso il fiume, risalgo un po’ e sono a Ponte Falmenta. Sono indeciso su dove andare, mancano le indicazioni, e non ho la traccia dell’anno scorso. Poi mi ricordo di avere la mappa, non è molto chiara, ma dopo le prime incertezze prendo la direzione giusta. Ora percorro un sentiero che tramite brevi saliscendi mi porterà fino a Traffiume. Secondo la segnaletica sono in orario, e di solito vado un po’ più veloce dei tempi sulle tabelle di quindi sono tranquillo.

Ora il sentiero è pulito e veloce, mi stupisco ogni tanto quando vedo delle baite abbastanza nascoste nel bosco, dove c’è segno di vita. Il prato rasato, delle sedie messe nel prato o anche proprio delle persone. Un’altra cosa che mi colpisce è il trovare delle piante di mirtillo a 500m sul livello del mare. Dopo essere ripartito il mio sudore è più appiccicoso ed anche la quota non aiuta allora in una pozza d’acqua limpida, dalla quale arriva costantemente un po’ d’acqua mi do una sciacquata. L’acqua fresca non ha molto effetto sul mio corpo caldo. Almeno mi sono tolto un po’ di sudore di torno. Arrivo così a Cavaglio, lo taglio da Ovest a Est seguendo la strada, poi finito il paese riprendo il sentiero che da subito perde quota velocemente. Più mi avvicino a Traffiume e più il sentiero è rotto, più sassi trovo e più sono messi male. Appena incrocio la strada asfaltata la segnaletica per chi va nella mia direzione manca. E così prendo la strada più veloce per andare a Cannobio. Quando ormai sono avanti mi ricordo della mappa. Dovevo ritornare verso Ovest e poi prendere una pista ciclabile fino a Cannobio. La ciclabile la incrocio al ponte che attraversa il Cannobino. Sotto il ponte delle persone si stano facendo il bagno e per un po’ mi passa per la testa di fare un bagno. Avrei tempi visto che sono le 18 e fino a Cannobio ho solo 2 km fa percorrere. Sarebbe una bella cosa. Mi rinfrescherei e mi toglierei l’appiccicume e qualche odore che ora non sento.

Tuttavia non mi lascio tentare e tiro dritto verso il supermercato. Dopo la ciclabile mi inserisco tra le vie del paese. Leggo sulle porte automatiche che durante il periodo estivo è aperto fino le 19.30. Sono solo le 18.15 quando entro. Compro la spesa di domani ed anche uno spuntino per riempire la pancia subito. Mangio lo spuntino mentre vado al porto. Il traghetto parte alle 19 e per di più è l’ultimo. Mi siedo in sala d’attesa dopo aver fatto il biglietto e scrivo le memorie della giornata. Il tempo vola ed alle 19 la cassiera chiama l’arrivo del traghetto. L’ultimo di questo viaggio. Puntuale parte e lascio le sponde, finendo con 7 giorni in meno rispetto l’anno scorso la mia avventura in Piemonte.

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